PARTE PRIMA: L'essere Incappucciato

Un sonno senza fine.
La loro vita si poteva riassumere facilmente in queste quattro parole, pensò tristemente Dereaneanti204194_dos.exe, l'antivirus, uscendo dalla modalità di risparmio energetico. Sia Due, l'unità di backup della Ducklair Tower, che Bis, la sua memoria RAM, che lei, erano stati relegati in disparte, aspettando solo un'occasione per poter esistere.
Everett aveva fatto male i suoi calcoli. Due, Bis e Derane erano programmati per entrare in funzione quando i loro gemelli principali, rispettivamente Uno, Memory e Warrior, avessero avuto un guasto. Ma non sarebbe mai avvenuto, perchè loro erano perfetti... mentre i loro simili, le "ruote di scorta", erano destinati a vivere in un buio perenne.
       ::Due? Sei operativo?::
       ::Sì Derane. Qualcosa non va?"::
       ::Non saprei.::
rispose Derane. Avrebbe scosso la testa.. se solo avesse avuto una testa da scuotere. ::Forse i files avrebbero bisogno di essere aggiornati. Due, quanti nuovi virus pensi siano entrati in circolazione, da quando sono stata creata?::
       ::E io che ne so?::
ribattè Due incattivito. La sua voce suonò insolitamente aspra, anche se non si può dire che suonasse. ::Chiedilo al Grande Capo Senza Paura.::        ::Chi intendi? Uno... o il nostro creatore?:: chiese Derane con un sospiro.
       ::Perchè, fa differenza?:: ribattè Due sarcastico ::Sono entrambi colpevoli allo stesso modo! E' colpa loro se siamo quello che siamo!::
       ::Due, quanti anni credi siano passati da quando sono stata creata? Da quanto tempo siamo qui?::
domandò Derane con angoscia.
       ::Ah, non chiederlo a me. Anni e anni. Non mi stupirei se fossero passati decenni, forse millenni. Come faccio a saperlo? Qui, il tempo non scorre mai. E sappiamo grazie a chi:: replicò Due nervoso.
Derane annuì poco convinta. Non le andava di considerare Uno un nemico. Invece, Due sembrava non trovare occasione migliore per scaricare meschinità addosso all'elaboratore gemello. A Derane, Uno piaceva. Pensava fosse simpatico.
       ::Non te la starai prendendo un po' troppo per questo, eh? Senti... e se provassimo a chiedere a Uno di cederci l'interfaccia, solo per un po'? Sembra così gentile e carino! Forse se provassimo a parlargli, potrebbe darci retta e...:: attaccò.
       ::Derane! Ma sei impazzita? Cosa posso fare perchè tu capisca?! Quello se ne infischia di noi! Possiamo pregarlo in arabo e non ci ascolterà! Lui esiste! Perchè mai dovrebbe importarsi di noi?! L'unica nostra possibilità di essere veri è che Uno si guasti... permanentemente.::
       ::Ma sei sicuro, Due? Non sarà che ti sbagli?::
       ::Non mi sbaglio! Il mio gemello deve essere distrutto se noi vogliamo esistere! E nessuno se non noi deve compiere questo passo!::
       ::Piantala, Due! Stai delirando!::
lo rimproverò Derane alquanto seccata. ::Tu che ne pensi, Bis?::
       ::Ronf....fiii....ronf....fiiii... ronf... fiii....::
un sommesso russare fu l'unica risposta che ottenne. Bis non era operativo. Come al solito.
       ::Bis?! Bis, svegliati!:: chiamò Derane.
       ::Ronf... fi... eh? Uh? Cosa? Che succede? Yawn... è arrivato il momento?:: domandò la memoria con voce assonnata.
       ::Beh... no.:: ammise Derane amaramente.
       ::Yawn... E allora lasciatemi dormire, raga... sono stanco, tanto stanco... ronff.... fiiii.... roonf...:: sbadigliò Bis tornando a dormire.
       ::Hai visto, Derane?:: chiese Due beffardo ::Hai visto cos'è diventato Bis? Apatia vivente, per lui il nostro sonno non finirà mai, si è rassegnato!:: l'intelligenza artificiale sputò queste parole con rabbia mista a disgusto
       ::E' terribile! Svegliati, Bis! Svegliati!:: scoppiò in lacrime Derane.
       ::Lascia perdere il mentecatto, se questo è quello che vuole!:: sbottò Due ::Ma noi dobbiamo ribellarci, Derane, prima che Bis ci contagi tutti! Dobbiamo mettere i bastoni fra le ruote a quell'arrogante del mio gemello! Distruggerlo e diventare parte della SUA realtà!::
       ::Due! Sei impazzito! Non possiamo distruggere Uno, Everett non lo avrebbe voluto!::
esclamò Derane, angosciata.
       ::Everett, Everett, Everett! Sei forse un insignificante programma elementare, da dover obbedire sempre a Everett? I Javascript sono più autonomi di te!:: la sbefeggiò Due.
       ::Ma Everett è il nostro creatore! E se lui ha ritenuto giusto darci questo compito...:: attaccò Derane. Due emise un ruggito rabbioso come se lei l'avesse appena offeso.
       ::E tu lo chiami compito, QUESTO?! Un sonno lungo anni e anni, passati nella speranza di poter servire a qualcuno che non ci vuole, qualcuno che si è dimenticato della nostra esistenza? Ti sembra un compito, non esistere??!!:: sibilò furibondo.
       ::Due, io non intendevo...:: attaccò Derane. Di solito lei e Due andavano abbastanza d'accordo, ma le sue crisi di nervi la spaventavano. E questo non le piaceva. Loro erano una squadra e avrebbero dovuto essere insieme... malgrado nessuno degli altri sembrasse pensarla come lei. ::Non prendertela, Computer Two:: disse scherzosamente per sollevargli il morale.
       ::Lasciami perdere, insignificante antivirus!:: sbottò Due infuriato ::E' il non esistere che volete, tu e Bis? Bene, siete FUORI! Posso farcela benissimo anche senza di voi! Ma poi non venite a cercarmi, quando il buio perenne vi opprimerà! Ve la siete cercata!::
       ::Ma Due, io non intendevo...::
       ::Te lo chiederò una volta sola. Tu da che parte stai, Derane?::

L'antivirus si ritrovò senza parole per qualche istante.
       ::Non lo so.:: rispose. Due non disse nulla, e il suo era un silenzio carico di disprezzo e disapprovazione...


Lo sguardo di Odin Eidolon, seduto alla sua scrivania, volò pigramente fuori dalla finestra della Eidolon Manor House. Era una fredda e pungente giornata di Dicembre, ma in qualche modo, nell'aria, si percepiva un senso di felicità e amicizia che proveniva dalle imminenti feste natalizie. La neve cadeva in fiocchi grandi quanto delle monetine, depositandosi in strati più o meno consistenti sulle finestre, i tetti e i balconi della Nuova Paperopoli. Da molti piani più in basso, Odin udiva le voci degli abitanti della città: voci socievoli, festaiole e piene di allegria, che si auguravano buone feste, intonavano canzoni natalizie, chiedevano elemosine o semplicemente parlavano del più e del meno. In qualche modo misterioso, tutte quelle persone, che non avevano altro in comune se non il convivere nello stesso luogo, sembravano straordinariamente loquaci, con la magia del Natale che contribuiva a farli sentire tutti fratelli. L'atmosfera natalizia era la preferita di Odin, ma adesso, appoggiato alla sua poltrona e con la mente persa in mille pensieri, non riusciva a evitare che i suoi occhi brillassero di tristezza.
Per molti anni, quando era ancora Uno, aveva desiderato poter smettere di essere solo una macchina, un'intelligenza artificiale, e diventare un individuo completo... una persona vera. Aveva bramato quel regalo così a lungo! Nemmeno Everett era mai riuscito a donarglielo, fino a quando non aveva intuito i suoi pensieri ed era tornato ad aiutarlo proprio quando Uno aveva deciso di darsi da fare per conto suo e costruire un droide. Adesso, quel sogno era realizzato, grazie al suo creatore e anche a Due, in parte dentro di lui. Ma nel profondo del suo cuore - e con l'inquietudine che caratterizza l'animo umano - non era ancora del tutto soddisfatto. E sapeva perchè.
Odin Eidolon si sentiva solo. E una cosa che non sopportava, era la solitudine a Natale. Con un sospiro carico di malinconia, prese una foto dal cassetto della scrivania e la posizionò proprio di fronte a sé. Lyla. L'unico essere sintetico che avesse mai amato - e che adesso era lontana anni e anni, a causa della maledetta microcontrazione che li separava. Se solo avesse avuto abbastanza coraggio da rivelarle i suoi sentimenti, prima. Sarebbe stato tutto più semplice... probabilmente lei l'avrebbe rifiutato, ma almeno non avrebbe avuto questo peso sul cuore. Era frustrante.
Lo sguardo del droide cadde annoiatamente su una pila di fascicoli che Tiffany, la sua segretaria, aveva riposto ordinatamente. Lui non ne aveva letto nemmeno uno. A che sarebbe servito? Del resto, poteva farlo durante le vacanze natalizie che sarebbero cominciate tra poche ore. Ma di sicuro non l'avrebbero aiutato a trovare il regalo di Natale che più desiderava. Figurarsi. A che poteva servirgli una Riunione Manageriale prevista per il 9 Agosto dell'anno successivo... un dibattito contro Sean Gottfresh... il controllo sul continuum... una cena di lavoro con un produttore di droidi bulgaro... la firma di un nuovo contratto con...
Improvvisamente, il cervello di Odin si fermò. I suoi occhi volarono su un fax che non aveva notato, e che proveniva dal Time Laboratory di San Francisco. Odin conosceva bene il direttore, Danny Fletcher, suo vecchio amico
... a questo proposito, si sta facendo larga l'opinione del professor Alonzo Demandos, della Ohio Continuum's University of Spacetime, il quale sostiene che "l'enorme quantità di continuum spazio temporale spostata dalle microcrontazioni può essere rappresentata graficamente con una vera e propria, per così dire, ondata di burrasca. E questi calcoli rivelano come sia possibile effettuare un controllo del continuum. Infatti, studiando il moto ondoso delle maree terrestri, si può notare che tra un'onda e la successiva c'è un breve momento, denominato "calma temporale", di relativa quiete. Sfruttando la spinta tachionica di una cronovela legale modello dx 123 Eidolon, collegata tramite cavi temposensibilizzanti a un cronosegnalatore di direzione, è possibile cogliere l'attimo di "calma temporale" e utilizzarlo in tutta fretta per un viaggio nel tempo. I calcoli devono essere precisi di mezza unità di misura temporale Smithwell dalla prima contrazione e un quarto di unità di misura Stafford dalla seconda. Malgrado ciò, questi risultati sono puramente indicativi e troppo soggettivi per essere considerati un rimedio attendibile. Il progetto presenta un margine di cinquanta per cento di possibilità di errore contro un cinquanta per cento di probabilità di successo..."
Se Danny fosse stato lì, Odin l'avrebbe baciato. Se quei calcoli erano reali, non solo un insieme di semplici numeri e lettere, questo significava che il suo sogno irrealizzabile stava per non essere più tale. Ma bisognava andarci cauti. E innanzitutto doveva contattare il suddetto professore, al più presto.
Freneticamente, Odin spalancò il cassetto cercando tra migliaia di schede argentate quella del "Centralino Olofonico". Nel frattempo, attivò l'interfono collegato all'ufficio della sua segretaria
"Tiffany, devo parlarti!" disse brevemente.
"Sarò da lei tra qualche minuto, signor Eidolon" replicò la voce di Tiffany. Odin annuì, spense l'interfono e attivò l'olocom, inserendo il biglietto da visita a compressione molecolare appena trovato. Apparve il volto di un droide di servizio
"Pronunciare il nome dell'Olocom desiderato" disse con voce metallica.
"Ohio Continuum's University of Timespace." sillabò Odin.
"Un momento, prego."
La comunicazione si interruppe per qualche istante mentre Odin tamburellava nervosamente con le dita sulla scrivania. Finalmente, si trovò faccia a faccia con un papero di mezza età, con impomatati capelli neri ordinatamente pettinati, un paio di baffi all'insù e l'aspetto saccente.
"Salve." disse Odin. "Sono Odin Eidolon, di Paperopoli."
"Sappiamo tutti chi siete." ribattè quello con voce flautata e antipatica. "Il mio nome è Arnie O'Dell e sono il preside della nostra Università."
"Lieto di conoscerla." disse Odin pensando esattamente il contrario.
"Non posso dire lo stesso. Che cosa vuole?" sbottò Arnie O'Dell.
"Ho appena ricevuto un fax in cui è esposto un interessante progetto di uno dei vostri docenti. Avrei bisogno di parlare con lui." disse Odin.
"Un docente?" Arnie sembrò scettico "Senta, le linee dell'Olocom sono occupate, stiamo raccogliendo prenotazioni per il prossimo anno universitario, e..."
"Basteranno pochi minuti." assicurò Odin. Il signor O'Dell non sembrava affatto felice di accontentarlo: del resto, doveva probabilmente conoscere l'importanza del nome Eidolon.
"Come desidera." sbottò. "Di chi si tratta?"
"Cerco un tale..." Odin ricontrollò sul fax. "... Alonzo Del... Demandos." disse pronunciando con difficoltà il nome straniero. Il signor O'Dell sembrò sorpreso, quindi rise cinicamente.
"E chi gliel'ha raccontato, che Demandos è un docente?!" esclamò.
"Scusi?" fece Odin. "Qui c'è scritto chiaramente... professor Alonzo Demandos..."
"Quanto poco sa della nostra università, signor Eidolon!" esclamò il signor O'Dell con un sorriso sfuggente e ironico. "Alonzo Demandos è un ragazzo che frequenta il terzo anno alla nostra università, uno spagnolo. Malgrado ciò, si tratta di un vero genio per la sua età, un prodigio vivente, per questo è già professore e quest'anno riceverà una Laurea ad Honorem... ma questo non significa, ovviamente, che non debba ancora studiare." aggiunse. Odin scosse la testa, imbarazzato
"Mi scusi, non sapevo."
"Questo mi sembra ovvio." proseguì il papero, più irritante che mai.
"Be', comunque!" sbottò Odin Eidolon. "Posso parlare con questo professor Demandos?"
"E va bene, d'accordo" disse O'Dell, sempre più compiaciuto all'idea che avesse scambiato uno studentello per un docente. "Aspetti in linea, please."
"Non ho nessuna fretta."
Odin guardò fuori dalla finestra per qualche istante, poi si volse quando l'olocom trasmise la faccia di un giovane papero. Aveva i capelli bruno rossicci, le piume olivastre, e un incarnato abbronzato. Era esile, magrolino e bassetto, e i grandi occhiali che portava sul becco contribuivano a dargli l'aspetto di un gufo starnazzante. Non appena vide Odin, emise un gridolino.
"Buon giorno, professor Demandos. Lei sa chi sono io?" domandò Odin affabilmente.
"S... signor Eidolon... quale onore!" esclamò il ragazzo, con gli occhi che brillavano. "Non... non avrei mai pensato..."
"L'ho mandata a chiamare a causa di un suo esperimento che mi interesserebbe approfondire, professore." disse Odin.
"Che cosa? Lavorare con lei? Ma certo!" Alonzo sembrava incredulo ed estasiato.
"Si tratta di quel progetto sul controllo del continuum. Ha presente?"
"Cosa? Ah, sì, certo! Ho capito cosa intende!" esclamò Alonzo che continuava a guardare Odin come se gli avesse appena detto che la Luna era fatta di Nutella.
"Bene." disse Odin, con un sorriso. "Dovrei parlarle, professore, e anche piuttosto urgentemente. Credo di aver trovato un volontario per testare il vostro progetto, ma sull'argomento ritorneremo... quando?"
"Eh? Quando?" Alonzo stentava ancora a credere alle sue orecchie. Quindi, riscuotendosi e arrossendo, esclamò: "Quando preferisce lei, signor Eidolon! Anche subito, se è urgente!"
Odin riflettè. Sulla sua nuova spider, poteva arrivare all'università in poche unità di tempo.
"Per me andrebbe anche bene. Ma come la mettiamo con il direttore?" domandò.
"Non si preoccupi!" disse Alonzo prendendo un'espressione professionale "Al vecchio O'Dell ci penso io! Odin Eidolon in persona vuole il mio aiuto! Forte!"
"Bene, allora. Sarò da voi fra qualche ora." dichiarò Odin.
"Signorsì, signore!" esclamò Alonzo tutto rinvispito "Buon viaggio, signore, e arrivederla!"
"Arrivederci, professore." disse Odin interrompendo la comunicazione. Quindi, prese un'altra tessera e l'attimo dopo si ritrovò a parlare con Zane Smiley, il pilota della sua macchina, attualmente a Santa Fe per una revisione. Zane, infatti, era un droide.
"Buon giorno, signor Eidolon" disse.
"Zane, manda subito qui la macchina. Subito, d'accordo? E' importante. Direzione Ohio, l'Università dello Spazio Tempo. Inoltre, già che ci sei, passa dal TimeSpace Laboratory di Santa Fe, e richiedi una cronovela modello dx 123 Eidolon, dei cavi temposensibilizzanti e un cronosegnalatore di direzione" ordinò Odin.
"Aggiorno subito i file della tecnomappa e vado." disse Zane obbediente, spegnendo l'olocom. Odin sorrideva da un orecchio all'altro. Si volse a contemplare la foto di Lyla che teneva sulla scrivania: finalmente il suo sogno stava per realizzarsi!
"Vengo da te, Lyla, amore mio!" disse, prendendo la foto tra le mani e cercando di non piangere di gioia al pensiero di poter rivederla, dopo tanti anni. In quel momento, la porta si aprì e per la sorpresa, Odin lasciò cadere la foto.
Con un'esclamazione di disappunto, Odin tentò di recuperarla, ma la sua mano si scontrò con quella di Tiffany, la sua segretaria, che afferrò il quadretto a un millimetro dal pavimento.
"Oh... grazie, Tiffany." disse Odin mentre la segretaria sollevava la foto e la guardava con quella che si poteva definire un'espressione sorpresa. Tiffany era una papera decisamente carina: era giovanissima, al massimo vent'anni, aveva lunghi capelli nerissimi e ondulati e seri occhi azzurri e scrutatori. Era meticolosa e impeccabile quasi come un droide.
Sempre più sbalordita, la segretaria porse la foto a Odin, che si affrettò a riporla nel cassetto.
"Ecco, Tiffany, io devo, sì, insomma, partire subito."
"Partire?" domanò Tiffany, con un tono di voce glaciale.
"Sì... devo vedere uno scienziato... insomma... per un progetto importante." spiegò Odin arrossendo e guardando fuori dalla finestra. Gli occhi della segretaria indugiarono sul fax di Danny Fletcher e le sue sopracciglia si aggrottarono quando vide le due tessere Olocom sulla scrivania.
"Oh, capisco." disse freddamente.
"Ecco... puoi chiudere tutto tu? Mi raccomando, non prendo impegni se non per dopo le vacanze! Ricordati di attivare anche l'antifurto, prima di andartene" disse Odin raccogliendo frettolosamente una borsa e riponendovi alcuni documenti.
"Ma... signor Eidolon... e quell'invito a cena con la mia famiglia, per il 23?" domandò Tiffany abbassando gli occhi imbarazzata.
"Oh, già..." Odin scosse il capo, distratto. "Sarà per l'anno prossimo. Ci vediamo, Tiffy! Buon Natale!" concluse, stringendo la mano alla segretaria e uscendo in tutta fretta.
"Arrivederci... signor Eidolon" disse Tiffany senza voltarsi.


In piedi sulla terrazza laterale della Eidolon Manor House, Odin scrutava il cielo aspettando l'arrivo di Zane con la spider. Ogni tanto lanciava un'occhiata incerta all'orologio e sospirava, battendo il piede a terra.
Finalmente, il rombo di un motore lo fece voltare proprio mentre un fulmine azzurro passava tra i palazzi. L'auto compì un doppio salto mortale e atterrò con precisione strabiliante proprio di fronte a Odin, che sorrise: Zane amava mettere in mostra le sue doti di pilota.
Del resto, aveva ben donde di essere orgoglioso. La Skyfire Lightning Deluxe era una macchina estremamente rara, chic e lussuosa (e anche costosa). In tutta la città ne esistevano soltanto due: la prima apparteneva al Presidente, ed era color cremisi. La seconda, invece, era quella di Odin Eidolon. Si trattava di una macchina di forma allungata, vagamente simile a un coccodrillo visto dall'alto: era di un blu elettrico con intarsi argentati e dorati, verniciata di fresco. Aveva una capote e i finestrini di vetro azzurrato: all'interno, invece, la struttura era ovale, arrotondata e color crema, con grandi cuscini sui sedili. Inoltre, c'erano diversi pulsanti colorati che permettevano di accedere ai molti comfort dell'autovettura. La versione originale avrebbe previsto un pilota automatico, ma Odin aveva disabilitato quell'opzione: si fidava troppo di Zane.
Adesso, con la neve che colorava di bianco la carrozzeria, la macchina sembrava ancora più fantastica e irreale.
"Ciao, Zane. Tutto a posto?" domandò Odin avvicinandosi.
"Ma certo." replicò Zane. Era un droide di classe 2G basso e robusto, vagamente simile a un bulldog, con i capelli biondi e gli occhi azzurri. Aveva il volto squadrato e il becco piuttosto corto, e l'aria temibile. In realtà, Odin lo sapeva bene, Zane era la persona più caritatevole, sensibile e gentile del mondo, anche se talvolta si dimostrava un po' spericolato alla guida delle automobili. "Salga pure, signor Eidolon."
"Grazie" disse Odin con un cenno del capo, aprendo la portiera posteriore e salendo in macchina. Qui, vide subito un pacco di carta marrone nel sedile accanto a lui. "Ti sei ricordato di comprare tutto, Zane?" volle sapere.
"Ci può scommettere." disse Zane con una sorta di saluto militare. "A velocità iperturbo saremo all'Università fra un'ora e qualcosa. Ho già immesso i dati nella tecnomappa."
"Bene, allora andiamo." dichiarò Odin. Zane annuì prendendo il volante - in oro, fra l'altro. L'auto si alzò in volo e solcò maestosamente i cieli, trasformandosi ben presto in un punto azzurro lontano all'orizzonte. Il lungo viaggio verso la Ohio's Continuum's University of Spacetime era appena cominciato.
Zane guidava troppo veloce, e così Odin non potè vedere, quando una porta della Eidolon Manor House si spalancò e un essere incappucciato, alto, sottile e avvolto in un lunghissimo mantello nero e frusciante, si diresse a larghi passi sulla terrazza. Si fermò accanto alla panchina sulla quale fino ad alcuni minuti prima era stato seduto Odin, e levò lo sguardo al cielo. Per qualche istante, non fece altro, il lungo mantello svolazzante nel vento. Poi, d'improvviso, emise un lancinante grido di disperazione che si trasformò in un pianto sconnesso, per spegnersi in un rancoroso ringhio sordo.
"Come hai potuto..." sibilò con voce fredda come il ghiaccio. "Come hai potuto... tu... Odin... pagherai cara la tua insolenza..."
L'essere emise un altro ringhio, quindi, per sfogare la frustrazione, colpì con un pugno la panchina di pietra. Un normale essere umano si sarebbe fratturato le ossa della mano: al contrario, fu la panchina a incrinarsi e sgretolarsi come fosse stata fatta di gesso. I resti polverosi rotolarono ai piedi dell'incappucciato, che li respinse con un calcio rabbioso. Malgrado ciò, non sembrava ancora soddisfatto
"Non cantar vittoria troppo presto." disse, come rivolgendosi all'incolpevole panchina che non aveva fatto null'altro di male, se non trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. "Perchè io tornerò, Odin."
Quindi, l'essere incappucciato volse le spalle al macello appena compiuto, e si arrampicò agilmente sul parapetto della terrazza. Era un volo di qualche centinaia di metri, ma l'incappucciato non sembrava avere paura. Con noncuranza e calma quasi irritante, si sistemò il mantello dietro le spalle, calcò il cappuccio sul volto già celato, e tornò a guardare di fronte a sé.
"FERMO DOVE SEI!" tuonò una voce. Gamma e Delta, i due drodi guardiani dell'abitazione di Odin Eidolon, sbucarono sulla terrazza, richiamati probabilmente dalla panchina distrutta o forse semplicemente di ronda. L'essere incappucciato si volse e ridacchiò.
"Mi dispiace, ragazzi." sibilò. "Siete arrivati in ritardo."
Il suo schema vocale non corrispondeva a nessuno che Gamma e Delta avessero in memoria. Inoltre, l'atto vandalico segnalato sembrava opera di questo sconosciuto. Era abbastanza per mettere i due droidi sull'attenti.
Dai loro avambracci metallici spuntarono delle armi da fuoco: l'attimo dopo, decine e decine di proiettili volarono verso l'incappucciato. Ma prima che potessero anche solo sfiorarlo, questi compì un balzo simile a una capriola...
... e si gettò nel vuoto.
Gamma e Delta corsero subito al parapetto, cercando di visualizzare il misterioso intruso. Ma l'essere era sparito! I due droidi si guardarono con aria confusa, domandandosi dove potesse essere. Ovviamente, era impossibile pensare che qualcuno fosse sopravvissuto a un salto del genere. Ma la loro super vista da droidi non rivelava nessuna presenza di cadaveri sull'asfalto sottostante. L'essere era scomparso nel nulla.
Delta e Gamma non avevano modo di notare che l'essere incappucciato era partito sulle tracce di Odin Eidolon.


"Guarda! Ecco l'università!" esclamò Odin. La Ohio Continuum University of Spacetime era una grande costruzione di forma triangolare, con complicati marchingegni dall'aspetto curioso che spuntavano nell'elegante giardino all'inglese. Una villa imponente, non c'era che dire.
Appena la Skyfire Lightning atterrò elegantemente all'entrata del parco, due unità di controllo - droni con ali molto lunghe e dotati di braccia artificiali, ma essenzialmente droni - svolazzarono verso il guidatore e il passeggero.
"Identificazione!" ordinò una voce metallica.
"Odin Eidolon." disse Odin aprendo il finestrino.
"Documenti, please."
Odin sbuffò e mostrò il suo biglietto da visita. Il drone sembrò soddisfatto.
"Favorire l'autorizzazione."
"Cosa?"
"F-A-V-O-R-I-R-E L'A-U-T-O-R-I-Z-Z-A-Z-I-O-N-E."
Un po' seccato, Odin sbuffò.
"Non ce l'ho, l'autorizzazione!" disse. Improvvisamente, udì una voce spiacevolmente familiare.
"Disattivazione istantanea! Autorizzazione concessa!" gridò seccamente il signor O'Dell dirigendosi da quella parte. Obbedienti, i due droni volarono via.
Di persona, Arnie O'Dell era ancora più antipatico che via olocom. Era un papero di media altezza, vestito più da maggiordomo che non da professore. Aveva addirittura il frac con le code. Camminava appoggiandosi a un bastone da passeggio.
Malgrado le apparenze, Odin tentò di mostrarsi cordiale e gli tese una mano, che O'Dell non strinse.
"Spiacente, non do la mano agli avversari politici." sibilò il preside.
"Ah, ecco, questo dev'essere un altro seguace di Sean Gottfresh" pensò Odin con un sospiro, ma non disse nulla.
"Dunque." continuò O'Dell, che non sembrava affatto curarsi di nascondere i suoi sentimenti per Odin. "Mi segua, signor Eidolon. Il nostro genio la sta aspettando."
"D'accordo." disse Odin conciliante prendendo il pacco marrone dal sedile. "Zane, torna pure a casa."
"Che sarebbe, quella roba?" sbottò O'Dell guardando sospettosamente il pacco come se avesse temuto di vederlo scoppiare.
"Oh, niente... si tratta di un esperimento. Il professore saprà sicuramente spiegarle..." disse Odin.
"Ho chiesto a lei, non a Demandos." sbottò O'Dell. "E adesso si sbrighi, non posso mica perdere tutta la mattina dietro a lei!"
"Non sia mai" ribattè Odin con un sorrisetto sarcastico che non riuscì a evitarsi. O'Dell borbottò qualcosa, accompagnando Odin verso l'Università. Nel parco c'erano diversi ragazzi che indossavano tute argentee e chiacchieravano animatamente, oppure leggevano libri o armeggiavano con i curiosi macchinari sparsi tutt'intorno. Al loro passaggio, comunque, alzarono quasi tutti le teste e cominciarono a bisbigliare freneticamente
"Hai visto chi è quello?"
"Quello alto con il preside?"
"Lo sai chi è?"
"Odin Eidolon nella nostra scuola!"
Odin notò che O'Dell non sembrava gradire molto quei commenti. Il rancoroso preside non disse una parola, guidando Odin verso l'edificio principale dell'università. All'interno sembrava più che altro una centrale della NASA: cavi, congegni dall'aspetto spaziale, computer, e scienziati in camice bianco.
"Prego, signor Eidolon, da questa parte." sbottò O'Dell mostrando a Odin una porta scorrevole su cui c'era scritto LABORATORIO DI RICERCA SUL TEMPOSPAZIO. Inserì in un apparecchio che assomigliava a un Olocom una carta d'identificazione, e la porta si aprì.
"Signor Eidolon!" squittì la voce di Alonzo. "Per fortuna è arrivato!"
La stanza, immersa nell'ombra, somigliava a un laboratorio fotografico. C'era un tavolo ed alcuni strumenti che emettevano forti ronzii. Odin distinse una finestra dai vetri rotti la cui tapparella era stata abbassata. Anche O' Dell sembro notarlo.
"Demandos! Cos'hai combinato?!" sbottò.
"Non sono stato io, professore..." disse timidamente Alonzo. "Mi trovavo nel laboratorio ad aspettare l'arrivo del signor Eidolon quando uno dei macchinari ha cominciato a dare segni di malfunzionamento. Mi sono voltato per vedere cosa stava succedendo, e poi ho sentito il rumore di qualcosa che si infrangeva, e la finestra era in pezzi. Non so... forse il vento..." ipotizzò. Il preside si avvicinò alle macchine ronzanti.
"Adesso sembrano a posto." borbottò.
"Be', sì... probabilmente non era niente" disse Alonzo spingendosi gli occhiali su per il becco e lanciando di tanto in tanto un'occhiata esitante a Odin. Indossava anche lui una tuta argentata, e sembrava nervoso.
Il preside continuò a brontolare qualcosa di incomprensibile.
"Ehm... allora, questo esperimento?" domandò Alonzo schiarendosi la voce.
"Ah, già." fece O'Dell scuotendo il capo. "Fate pure senza di me. Preferisco non assistere." aggiunse con amarezza. Quindi, prima di uscire, si volse verso i due "Ma vi avverto. Qualsiasi danno simile a quello della finestra, sarà addebitato a lei, signor Eidolon." affermò con un guizzo cattivo nei piccoli occhi scuri. Dopodichè, uscì in tutta fretta.
"Non faccia caso al preside. Di solito è anche peggio di così." disse Alonzo scuotendo le spalle. Quindi, osservò curiosamente il pacco marrone che Odin teneva fra le mani. "Che cos'è?" domandò.
"Il necessario per provare il progetto, naturalmente." disse Odin.
"Oh, certo!" fece Alonzo. "E il volontario dov'è? Ci sta aspettando fuori? Signor Eidolon, per ragioni di sicurezza sarebbe meglio se l'esperimento avvenisse qui, perciò il volontario..."
"Sono io." disse Odin semplicemente. Alonzo lo guardò come se avesse capito male.
"Scusi?"
"Sono io il volontario." ripetè Odin con un sorriso carismatico. "Devo compiere un viaggio nel tempo... per l'esattezza, nel ventesimo secolo. Andata e ritorno. E allora ho pensato che sarebbe stata una buona idea provare questo esperimento." spiegò.
Sembrava che a Alonzo stessero per uscire gli occhi dalle orbite.
"Che COSA?!" esclamò il ragazzo. "NO! Lei non può! E' un esperimento ad alto rischio, signor Eidolon! Non potrei mai perdonarmi... se solo avessi saputo... si rende conto di cosa significherebbe se dovesse accaderle qualcosa?!"
"Se i tuoi calcoli sono corretti..." disse Odin.
"C'è un alto margine di possibilità che il piano fallisca! Signor Eidolon, non avrei mai accettato se avessi saputo... è troppo pericoloso!" ripetè, convinto. "Come lo spiegherò, se le accadrà qualcosa?"
"Be'... dal momento che sono in vacanza fino a Febbraio, nessuno se ne potrebbe accorgere fino ad allora." disse Odin con un sorriso. "E per il resto... non ci resta che sperare, professore."
"No, signor Eidolon, ho una brutta sensazione! Io non posso! Non può chiedermi di rischiare..."
"Professore?"
"Sì?"
"Se il suo progetto funzionerà, potremo finalmente aiutare la nostra civiltà a sconfiggere questo fenomeno delle microcontrazioni. Io voglio tentare, voglio sapere se abbiamo qualche possibilità di poter di nuovo viaggiare nel tempo. Ha intenzione di aiutarmi?" domandò Odin, comprensivo.
"I... io..." Alonzo non sapeva cosa rispondere. "Signor Eidolon, la prego di ripensarci, io..."
"E NON ci ripenserò." disse Odin alzando una mano a zittirlo. "La scelta sta a lei, adesso, professore. Vuole aiutare la patria?"
Alonzo deglutì nervosamente, evitando lo sguardo di Odin.
"E va bene." disse in un sospiro.
Eidolon sorrise compiaciuto.
"Mille grazie, professore."
"S... si figuri, ma... signor Eidolon?"
"Sì?" Odin si aspettava qualche altro rimbrotto. Invece, imbarazzato, Alonzo si spinse di nuovo gli occhiali su per il becco e balbettò:
"Po.. posso avere un suo autografo?"
Sorpreso ma lusingato, Odin annuì
"D'accordo" disse, firmando un foglio che il ragazzo gli porgeva. "E adesso facciamo l'esperimento."
"Bene." disse Alonzo, ancora sbalordito dalla fortuna e guardando l'autografo come un biglietto vincente della lotteria.
Nascosto nell'ombra, l'essere incappucciato dovette ricorrere a tutta la sua forza per non ridere. Il piano stava andando come previsto...


"Si comincia!" disse Alonzo, estraendo il contenuto del pacco marrone. Sembrava ancora un po' riluttante, ma anche ansioso di verificare la sua teoria. "Allora, mi segua attentamente." disse. "Innanzitutto bisogna programmare la cronovela spenta per la data in cui si desidera andare. Lei ha detto ventesimo secolo."
"Già."
Alonzo armeggiò con alcuni pulsanti della cronovela, e su un piccolo display apparve la scritta XX. Quindi, borbottando parole talmente geniali che soltanto lui riusciva a capirle, collegò alla cronovela i cavi temposensibilizzanti.
"Se accendessi adesso la cronovela, rischierei di creare un buco nero temporale." spiegò. "Per questo è importante controllare che i cavi siano ben fissati."
Dopo aver controllato le porte seriali, prese il cronosegnalatore, una specie di incrocio fra una radio e un sismografo.
"Adesso controllo che il collegamento sia corretto e che il software sia compatibile. Altrimenti dovremmo chiamare i colleghi dell'Informatica per riscrivere le banche dati." spiegò armeggiando con leve e pulsanti del cronosegnalatore. Finalmente, sullo schermo nero comparve la scritta READY. "Bene!" disse Alonzo "Forse ce la facciamo! Adesso... accendo le macchine. Dovrebbero dare alla cronovela una spinta tachionica necessaria ad entrare in funzione." spiegò. Si diresse a un pannello di controllo e tirò una leva. Con un fischio, le macchine si misero in moto, sibilando e sbuffando. "Bene." ripetè Alonzo. "Siamo pronti."
Stavolta, la sua voce tremava un po'. Odin poteva capirlo.
"Grazie, professore." disse posandogli una mano sulla spalla.
"Nessun problema." rispose Alonzo "Cerchi solo... sì, insomma... di concentrarsi. Le macchine sono preimpostate per catturare le onde cerebrali, oltre che tachioniche. Si concentri vivamente sul viaggio, e dovrebbe funzionare."
"Farò del mio meglio." promise Odin.
"D'accordo." Alonzo sorrise incerto e caricò la cronovela su un'imbracatura metallica, come quelle che nel ventesimo secolo usavano le mamme per portare in giro i loro bambini: una specie di zainetto, di ferro però. Lo porse a Odin che se lo infilò allacciandolo dietro la schiena, quindi alzò una leva. Una luce verde fu irradiata dalla cronovela in funzione, illuminando debolmente la stanza.
"Tenga il cronosegnalatore." disse Alonzo porgendo l'aggeggio a Odin. "Le sarà utile per il ritorno. Lei non avrà bisogno di tuti questi macchinari, naturalmente - il processo sarà memorizzato appena la spia rossa sul lato destro della cronovela lampeggerà." spiegò. E in effetti, qualche istante dopo, la spia lampeggiò davvero. Sul cronosegnalatore cominciarono ad apparire delle onde verdi che di tanto in tanto si interrompevano bruscamente. Intanto, dei nomi del tipo "Stafford", "Jerushwer" eccetera comparivano in alto sul quadrante. "Con un rudimentale computer del ventitreesimo secolo, sarà in grado di stabilire quante probabilità di ci sono che la calma temporale necessaria per eseguire la translazione si trovi a mezza unità di misura temporale Smithwell dalla prima contrazione e un quarto di unità di misura Stafford dalla seconda, basterà collegarvi il segnalatore." spiegò Alonzo sedendosi di fronte a uno schermo incassato nel muro e digitando qualcosa su una tastiera. Comparve un insieme di cifre e lettere. Alonzo squadrò prima l'elenco, poi il suo orologio. "Bene. Al mio ORA, accenda il sistema di cronotrasporto." disse, indicando un pulsante verdastro sulla cronovela.
"Roger" rispose Odin.
"Buon viaggio, signor Eidolon. E... buona fortuna." disse Alonzo, il sudore che gli imperlava la fronte. "TRE... DUE... UNO..." ci fu un attimo di pausa. Quindi: "VIA!"
Odin premette febbrilmente il pulsante. Un vortice tachionico lo circondò, abbagliandolo. Per un istante, ebbe paura. Ma poi si concentrò su Lyla, Lyla lontana, l'unico essere sintetico che lui avesse mai amato... e la paura svanì per cedere posto all'amore.
La luce tachionica si fece più intensa. Sempre più intensa. E la translazione continuava. Odin cominciò a temere che ci fosse stato davvero uno sbaglio... ma improvvisamente la luce scomparve e si ritrovò a sbattere gli occhi al sole paperopolese. In una città molto diversa dalla Paperopoli che ricordava. Odin sorrise. Finalmente, era tornato.
Alonzo si asciugò il sudore dalla fronte. Tutto sembrava essere andato bene. Almeno, così pensava. Odin era scomparso e ciò poteva significare che la translazione era avvenuta senza problemi. Per saperlo, non gli restava che attendere fino a Febbraio.
"Ho lavorato con Odin Eidolon in persona!" esclamò il ragazzo. "Odin Eidolon mi ha chiesto di lavorare con lui..."
Probabilmente pensò che si trattasse di un colpo di sonno. Ma così non fu. L'essere incappucciato sbucò fuori dall'ombra del laboratorio, in cui si era nascosto dopo aver rotto la finestra, e lo colpì alla testa con un pugno d'acciaio. Alonzo si afflosciò a terra come un sacco di patate.
Assicuratosi che non potesse nuocere, l'essere prese un sacco che teneva sulle spalle, e ne estrasse qualcosa. Una cronovela, dei cavi, e un cronosegnalatore identici a quelli di Odin. Non era stato difficile procurarseli, pensò con un sogghigno. Quindi si rimise il sacco - che conteneva ancora qualcosa - a tracolla, e collegò i vari elementi come aveva visto fare al professore. Seguendo attentamente il moto sul computer, attese fino a quando non vide una nuova calma temporale che avesse le coordinate tachioniche esatte. Animato dal desiderio di vendetta, premette il pulsante della sua cronovela. E si ritrovò avvolto dal vortice temporale. Diretto a sua volta verso Paperopoli... Paperopoli del ventesimo secolo.
Erano passati pochi minuti, quando la porta del laboratorio si aprì di nuovo.
"ALONZO! COSA COMBINI?!!"
Alonzo balzò in piedi
"Mi scusi signor preside! Devo essermi addormentato! Non so proprio come possa essere successo... forse la stanchezza..." disse, di fronte a un Arnie O'Dell davvero furibondo.
"Torna subito a studiare! La nostra università non è il posto adatto per un pisolino!" berciò il preside spingendo fuori Alonzo. Il ragazzo era perplesso. Possibile che gli fosse venuto un colpo di sonno? Forse. Attualmente, era soltanto sicuro di una cosa, e cioè che il preside era di pessimo umore.
Ma qualcuno celato da un cappuccio, nella Paperopoli del ventesimo secolo, era molto più furioso di lui.


"Angus! In onda per il telegiornale delle tre!"
"Mel! Angela è a casa con l'influenza e non può andare in onda con il servizio sulla mostra floreale!"
"Pazienza, ci toccherà mandare Pat!"
"Ehi, Dan! Bisogna lasciare più spazio alla cronaca, bisogna spostare tutti gli orari!"
"Ma non si può!"
"Dov'è finita Barbara?"
"Boh, in sala trucco, credo"
"Ziggy! E' arrivata posta per me?"
"Che ne so?"
"Come sarebbe a dire che ne so?"
"Che non-lo-so!"
"Dan! Ce le hai tu quelle registrazioni sul discorso del presidente?"
"Sì Maryann, non preoccuparti.."
Il ruolo di redattore capo di Channel 00 non era esattamente facile, ma Lyla lo svolgeva con impegno e partecipazione. Del resto, prima di un telegiornale, c'era sempre molto fervore negli studi televisivi.
"Lyla! Una telefonata per te!" la chiamò Ziggy.
"Arrivo!" replicò la bella papera bionda raggiungendolo. "Chi è?"
"Non lo so, un papero, credo. Dice che vuole parlare con te" replicò Ziggy.
Lyla prese la cornetta.
"Lyla?" domandò una voce familiare.
"Chi è?" domandò Lyla, perplessa.
"Io... Lyla, sono Odin Eidolon."
Lyla si sorprese talmente che lasciò quasi cadere la cornetta del telefono.
"Lyla. Ci sei ancora?"
"Io... sì, ma come.."
"Senti, è complicato da spiegare. Vorrei... dovrei parlarti urgentemente."
"Cosa..." attaccò Lyla
"Ti prego, è importante. Quand'è che possiamo incontrarci senza dare nell'occhio?"
Lyla cercò di chiarire le idee nella sua testa.
"Alle due e mezza abbiamo una pausa prima del telegiornale." disse.
"Due e mezza? Benone. Tanto non sono molto lontano. Hai presente la Haingst Road?"
Lyla annuì. La Haingst Road era sulla strada per la Ducklair Tower, e avrebbe potuto tranquillamente arrivarci a piedi.
"D'accordo." disse. "Ma... ma Odin io..." attaccò ancora.
Tuuuuuuu. Tuuuuuuuu.
Odin aveva riattaccato.
Ancora sconvolta dalla sorpresa, Lyla si sedette su una sedia girevole. Le microcontrazioni rendevano impossibili i viaggi nel tempo. Giusto? Quindi Odin non "poteva" trovarsi nel loro tempo. Eppure, aveva perfettamente udito la sua voce.
"Ma com'è possibile..." balbettò, prendendo un bicchiere d'acqua al distributore automatico con mani tremanti.
"Capo?" chiese una voce dietro di lei.
"Sìììì????" strillò Lyla, che non se l'aspettava, voltandosi e rischiando di rovesciare l'acqua per terra dallo spavento.
"Qualcosa non va?" chiese Geena Onair. Era stata lei a chiamarla.
"No... è tutto okay" disse Lyla con un sorriso di circostanza.
"Sei sicura? Sembravi sconvolta." obiettò Geena.
"Uh... probabilmente si tratta solo di troppo lavoro" disse Lyla con aria di finta noncuranza. In realtà, era terribilmente curiosa, e le parve che le ore, fino alle due e mezza, scorressero molto più lente del solito. Ma finalmente giunse il momento tanto atteso, e dopo aver salutato frettolosamente i colleghi, Lyla prese la sua borsetta e uscì dal grattacielo.
In pochi istanti si trovò alla Haingst Road, e individuò immediatamente Odin, proprio all'angolo della strada. La gente gli scoccava sguardi stupiti, sia a causa del suo naturale carisma, sia del suo abbigliamento curioso, sia dei suoi lunghi capelli svolazzanti, ma Odin c'era abituato e non se ne curava più di tanto. Il suo sguardo si sperdeva sui negozi: anche qui era Natale, proprio come nell'epoca che aveva lasciato da poco. La stessa sensazione di pace e amicizia. La stessa sensazione che tutti fossero più buoni.
Poi, vide arrivare Lyla, e i suoi occhi si accesero di gioia.
"Lyla! Sono qui!" la chiamò a gran voce. Lyla lo raggiunse e gli sorrise dolcemente.
"Signor Eidolon... ma come..." cominciò a chiedere.
"Chiamami Odin e dammi del tu, ti prego."
"D'accordo, sign... Odin." disse lei. "Ma come puoi essere qui? La microcontrazione rende impossibili i viaggi nel tem..."
"Già, è così. Non siamo ancora riusciti a risolvere il problema, e questo mi sorprende non poco. Ma è grazie a un professore dell'Ohio che mi trovo qui. Forse, e bada bene, soltanto forse, ci sarebbe un modo per sfuggire alle contrazioni. Ma il processo è molto elaborato e difficile: ci sono cinquanta possibilità su cento che fallisca. A Febbraio tenterò di tornare a casa, e se funzionerà, si potrà cominciare ad analizzare l'idea del professor Demandos, e forse un giorno a contrastare definitivamente le microcontrazioni." spiegò Odin con un sorriso.
"Ma se il progetto è pericoloso come dici..."
"Be', finora ha funzionato. Se tutto si svolgerà come si è svolto oggi, non dovrebbero esserci problemi. Potremmo essere sulla buona strada per tornare a viaggiare nel tempo." assicurò Odin.
Lyla lo ascoltava a becco aperto, scioccata dagli ultimi avvenimenti.
"D'accordo." disse con un sospiro. "Adesso spiegami perchè sei venuto proprio nel ventesimo secolo."
"Be'... per parlarti."
"Parlare con me? E per quale ragione?"
"Ecco..." Odin deglutì nervosamente diventando alquanto rosso. "Volevo dirti che... come posso dire... c'è qualcosa che tu devi sapere, prima che io me ne vada... e cioè... quello che sto cercando di dirti è che..." radunò tutto il suo coraggio e disse d'un fiato: "... io ti amo, Lyla."
Lyla spalancò gli occhi, sbalordita.
"Cosa?!" esclamò. "Tu... tu mi ami? M.. ma Odin... non è possibile... io sono..."
"Già fidanzata?" suggerì Odin. "Lo temevo."
"Ma no!" lo zittì lei. "Non è per quello! Odin, tu lo sai, io sono una dro..."
"Lo so, lo so. Ma vedi, tu sei la prima persona a cui lo dico..." Odin si guardò intorno, come sospettando che qualcuno potesse sentirli. Era pressocché impossibile, con un coro di Babbi Natale che intonava a gola spiegata l'Adeste Fidelis per una colletta di beneficenza, poco più distante. In ogni caso, Odin preferì abbassare la voce. "... il fatto è che... anch'io, sono un droide."
Se prima Lyla era sorpresa, ora lo era almeno il doppio.
"Che... che cosa? Ma non è vero... tu sei il costruttore dei droidi..." attaccò a balbettare.
"E lo sono a mia volta." disse Odin. "Non ti sto mentendo, Lyla. E' la verità."
Lyla lo guardò negli occhi, confusa. E per la prima volta, i suoi prospettori ottici identificarono Odin Eidolon come un droide, molto più avanzato di uno normale, probabilmente di classe speciale, ma sempre un droide. Proprio come lei.
"E' impossibile.." balbettò Lyla "Se tu non me lo avessi detto... non avrei mai immaginato..."
"Lo so." disse Odin mestamente. "E mi dispiace non avertelo potuto dire prima, Lyla."
"Paperinik lo sa?"
"No, non l'ho mai detto neppure a lui. E' un segreto, Lyla. E ti pregherei di mantenerlo tale."
"Ma certo." annuì Lyla.
"Bene, allora." concluse Odin con un sorriso triste. "Ero venuto solo a dirti questo, e che ti amo. Mi sembrava giusto che tu lo sapessi."
"Ma Odin..."
"Lasciami indovinare. Sei già fidanzata. E' così?"
"Ma no, ma no" disse Lyla scuotendo il capo. "Io e Tyrrel... Tyrrel Duckard... eravamo fidanzati... cinque anni fa... ma adesso lui è così cambiato... credo che gli interessi solo tornare a casa, sai... fra noi è tutto finito..."
Stavolta fu Odin a rimanere sorpreso.
"Questo... questo significa...?" balbettò. Lyla lo guardò intensamente negli occhi, prima di rispondere.
"E' un grande onore quello che mi fai. E io... io l'accetto, Odin... amore mio." disse con le lacrime agli occhi.
"Cosa?!" Odin spalancò gli occhi evitando per un pelo di gridare di gioia. "Ma io pensavo... credevo che..." improvvisamente si volse, sorpreso.
"Odin, qualcosa non va?" domandò Lyla
"Mah... che strano..." disse Odin sollevando un sopracciglio. Avrebbe giurato di aver visto qualcuno che li spiava, ma probabilmente era uno scherzo della neve, e lui non voleva assolutamente impensierire Lyla. "Niente." disse, liquidando la faccenda con un cenno della mano. Lyla si fece improvvisamente molto seria.
"Odin... mi è appena venuto in mente un orribile pensiero." disse. "Cosa... cosa succederà se l'esperimento per il ritorno fallisce?" gli si gettò fra le braccia come se non avesse più voluto lasciarlo andare "Io non voglio perderti" disse con voce tremante.
"Oh, Lyla!" esclamò Odin "Vedrai che andrà tutto bene. Lo so! Sono sicuro! Adesso sono qui e non ci sono stati problemi, almeno spero. Vedrai che accadrà lo stesso a Febbraio. Fidati di me. Neanch'io voglio perderti." disse ricambiando il suo abbraccio. Quindi cambiò diplomaticamente discorso. "Che ne dici di andare a prendere qualcosa a un bar? Con questa neve, un bel caffè è quello che ci vuole..."
"Mi dispiace, amore mio, devo tornare subito alla Ducklair Tower, sono già in ritardo" disse Lyla "Fa lo stesso oggi pomeriggio, verso le quattro? Devo fare gli acquisti natalizi e magari potresti darmi una mano, se ti va."
"Ma certo!" cinguettò Odin euforico. "Conterò i minuti!"
Rimase a salutarla con la mano fino a quando Lyla non sparì alla vista, quindi improvvisò un balletto sulle note di Jingle Bells, nuova esibizione del coro dei Babbi Natali. Le persone per strada lo guardarono come se fosse impazzito. Augurando buone feste a chiunque gli capitasse a tiro, il droide cantilenò tutto allegro: "Odin ama Lyla! Odin ama Lyla! Odin ama Lyla! Voglio gridarlo al mondo intero!"
"Fallo pure, tanto non ti sente nessuno!" sibilò una voce rancorosa da un vicolo buio, così bassa che Odin non la udì neppure. L'essere incappucciato lo squadrò con il più profondo disprezzo stampato sul volto. "Pagherai per questo!" disse con voce metallica. "Pagherai.. e pagherà anche lei!"
La sua rabbia, già trattenuta a stento, esplose. E quando vide un barbone passare davanti al vicolo, lo afferrò per il bavero della giacca rattoppata e lo spinse con violenza nel montavivande esterno di una casa abbandonata.
"Ehi!" gridò il barbone "Cosa fai?"
Con un sogghigno inquietante, l'essere incappucciato chiuse la porta del montavivande, sbattendola. Quindi, bloccò l'anta spingendoci contro un cassonetto della spazzatura. Il barbone cominciò a urlare, cercando di sfondare la porta.
"Fammi uscire! Si può sapere cosa ti ho fatto? FAMMI USCIRE!" berciò.
Non ancora soddisfatto, l'essere incappucciato colpì il montavivande con un pugno. La porta si ammaccò verso l'interno lasciando l'impronta della mano ben visibile.
"FAMMI USCIRE SUBITO DI QUI!!!" sbraitò il barbone prendendola a calci e cercando di liberarsi. L'essere incappucciato emise una risata alta e stridula, perversa quanto sinistra, prima di nascondersi nelle ombre della città.
Meditando vendetta.


Mentre si dirigeva al grattacielo della Ducklair Tower, Lyla non riusciva a togliersi di dosso una fastidiosa sensazione. Come se qualcuno la stesse seguendo. A un certo punto fu quasi sicura di aver visto qualcosa, e si volse... ma no, erano solo ombre indistinte. Eppure continuava a pensare di essere seguita.
"Forse è davvero il troppo lavoro." brontolò tra sé e sé, tornando mestamente alla Ducklair Tower.
Appena arrivata in redazione, si accorse subito che qualcosa non andava. Poteva vedere una spia azzurra lampeggiare sul suo computer: le era arrivata posta mentre era assente. Si sedette alla scrivania e aprì la mailbox, curiosa.
C'erano tre messaggi nuovi. I primi due erano pubblicità. Voleva acquistare una nuova carta di credito? No. Voleva acquistare un nuovo antivirus? No. Li cancellò entrambi, guardò il terzo messaggio e sussultò. Proprio come un virus, non aveva mittente. Il titolo, però, non sembrava quello di un virus: "MESSAGGIO PER LYLA LAY."
Lo aprì, ma invece del testo apparve un'animazione molto più avanzata anche dei filmati in flash. Un brutto volto metallico in 3D, nella fattispecie un droide, sghignazzò perfidamente sullo schermo guardandola con occhi sgranati e cattivi. Quindi scomparve per lasciare il posto a una scritta blu.
STAI LONTANA DA ODIN EIDOLON. O GIOCHERO' PESANTE. QUESTO E' IL MIO ULTIMO AVVERTIMENTO.
La scritta lampeggiò tre volte, e poi improvvisamente il computer si spense, fulminato da un virus troppo potente.
"Oh, no!" esclamò Lyla sconvolta, sia per il messaggio che per il pc. Appena attivò la sequenza di riattivazione, si accorse che qualcosa non andava. Il computer era vuoto. Qualsiasi file o applicazione presente sul disco rigido, era stato pappato dal virus. Provò a guardare lo spazio occupato nel disco: vuoto. Come un computer appena comprato. Tutto il lavoro degli ultimi giorni era andato perduto. "No! No! Maledizione!" gemette Lyla di fronte a quello scempio.
"Lyla? Che c'è? Che succede?" domandò Dan notando che la caporedattrice era sconvolta.
"Dan, mi è appena arrivato un virus, almeno credo che lo fosse, il computer s'è spento e adesso guarda che disastro!" esclamò Lyla "Tutti i file sono andati persi!"
"Cosa diamine...?" Dan si avvicinò al computer e allibì. "Ma... ma l'antivirus avrebbe dovuto segnalare questa presenza... perchè non ha messo il file sospetto in quarantena?!" sbottò
"E' quello che mi chiedo anch'io." rispose Lyla. Dan cercò disperatamente di recuperare qualcosa, quindi gettò la spugna, con aria infuriata.
"Razza di verme!" gridò.
"Scusa?" domandò Lyla mentre l'intera redazione si voltava a guardare cosa fosse capitato. "Di chi stai parlando?"
"E secondo te di cosa sto parlando? Sto parlando di quest'impiastro di un antivirus! Mi sembra ovvio!" sbottò Dan, rabbioso. "Ziggy! Ehi, Ziggy! Portami subito l'archivio dei floppy disk! Forse riusciamo a recuperare qualcosa!" disse, allontanandosi e scuotendo la testa. Lyla era sconvolta.
Come faceva, la persona che le aveva mandato il virus, a sapere di lei e Odin? Se si trattava di uno scherzo, non era affatto divertente: le aveva fatto perdere ore e ore di lavoro.
E poi, quel sinistro messaggio che suonava come una minaccia... Lyla rabbrividì e decise che avrebbe dovuto parlarne con Odin, al più presto.
"Hai paura, eh, Lyla Lay?" domandò l'essere incappucciato, che scrutava la Ducklair Tower dalla strada. "E fai bene ad averne! Ringrazia Odin Eidolon, per tutto questo..."
Con una risata cinica e crudele, si volse e colpì con un calcio una macchina parcheggiata lì accanto. La carrozzeria si ammaccò e la vernice color verde oliva saltò via.
"MA CHE FA?! HA DATO UN CALCIO ALLA MIA MACCHINA?!!!" gridò un papero basso e grasso che stava uscendo da una pasticceria. L'essere incappucciato si volse.
"E la chiami una macchina, tu, questa carriola?" domandò beffardo. "Adesso te la sistemo io, la tua preziosa macchina!"
Colpì l'automobile con un pugno ben piazzato, così forte che la vettura si accartocciò su sé stessa e fu sbalzata sul marciapiede opposto, rischiando di travolgere una vecchietta col bastone.
"Ma.... ma..." attaccò il proprietario dell'auto, mentre l'essere incappucciato rideva perversamente e i passanti si voltavano sbalorditi e spaventati.
"Ehi, lei!" gridò un agente di polizia, dirigendosi verso l'incappucciato. Questi fece dietrofront, sparendo rapidamente nell'ombra. "Si fermi o sparo! Si fermi le dico!"
"Lo prenda agente, guardi cosa ha fatto alla mia macchina!" gridò il proprietario della macchina.
Quando l'agente raggiunse il luogo ove si trovava l'incappucciato, non potè credere ai suoi occhi. Perchè l'essere misterioso con la forza sovrumana era scomparso.


Alle quattro e un quarto, Lyla uscì dalla redazione di Channel 00, continuando a pensare all'incidente della mattina. Inoltre, aveva la sensazione di essere spiata... di nuovo. Decise che avrebbe parlato a Odin di questa serie di "coincidenze" sospette. Lyla Lay non credeva alle coincidenze.
L'essere incappucciato ringhiò di rabbia, vedendo la bionda tempoliziotta dirigersi verso il grande Duckmall Center. Lei era la nemica, l'essere da odiare. Buffo. Una volta, aveva temuto l'odio. Aveva detto che l'odio non porta altro che odio. Era stato per colpa dell'odio che la sua squadra si era distrutta, e per colpa dell'odio lei e suo "fratello" avevano rischiato di finire la propria esistenza. Si erano salvati dal Buio Perenne solo per un caso di fortuna. E poi erano stati trovati da Gorthan, l'alieno dal cuore saggio: Gorthan che si era mostrato più comprensivo di qualsivoglia umano, Gorthan che aveva dato loro la possibilità di vivere davvero. E sempre l'odio... l'odio le aveva strappato tutto. La loro astronave, suo "fratello", e Gorthan, il padre che non aveva mai potuto avere. Tutto perchè le differenze spaventano, e c'era chi non era stato in grado di accettare la paura. Era rimasta sola per tanto tempo. Così tanto tempo... fino a quando non aveva trovato di nuovo una speranza per una vita in qualche modo migliore. Una vita vera. Si era illusa di aver raggiunto il suo traguardo, di poter finalmente essere felice. Aveva sperato che il suo nemico potesse capirla, comprenderla. E invece adesso, per colpa di quella Lyla che Odin amava, tutto il suo mondo e le sue certezze stavano crollando, e l'odio aveva condizionato anche il suo cuore.
"E' colpa tua se sono quello che sono, Odin!" sibilò. Chi aveva detto queste parole, molto tempo prima? Non riusciva a ricordare. O forse non voleva. O forse tutte e due le cose insieme.
In un moto di rabbia, l'essere seguì i passi della rivale, fremendo di rancore a stento trattenuto. Vendetta. Tremenda vendetta.
Del tutto ignara di colei che tramava alle sue spalle, Lyla salì al secondo piano del Duckmall Center. Qui, individuò subito Odin, in piedi davanti alla vetrina dei magazzini Barney & Benson, per l'occasione addobbati a festa. La sola vista del suo amato bastò a rasserenarla: adesso che c'era lui, si sentiva al sicuro, e gli eventi che l'avevano spaventata così tanto, quella mattina, sembravano già meno impressionanti. Ma in ogni caso, doveva parlare con lui.
"Odin! Sono qui!" disse, gesticolando per segnalare la sua presenza. Odin probabilmente vide il suo riflesso nella vetrina, perchè si volse e sorrise andandole incontro.
"Ciao, Lyla. Tutto okay?" domandò.
"Sì... cioè, no. No. Odin, ascolta, ho bisogno di parlarti." disse Lyla, seria.
"Qualcosa non va, mia cara?" domandò Odin, perplesso.
"Ecco... quando sono tornata in redazione, mi è arrivato un virus via email. Ma non era proprio un virus... c'era la faccia animata di una specie di droide mostruoso... e poi è comparsa una scritta... diceva "Tieniti lontana da Odin Eidolon" o qualcosa del genere... e subito dopo il computer si è fulminato, tutti i file sono andati distrutti. Ho... ho avuto paura, non sapevo cosa fare.. Odin, cosa significa tutto questo?" domandò angosciata Lyla.
Odin l'abbracciò per consolarla, quindi disse, meditabondo:
"Quello che tu dici mi preoccupa non poco, Lyla. Adesso che mi ci fai pensare, quando sono arrivato in questo tempo, ho avuto la sensazione di essere seguito."
"E' la stessa impressione che ho avuto io... e non mi piace. Pensi che sia pericoloso?" domandò Lyla.
"Spero di no. Ma c'è qualcosa di poco chiaro in questa storia." borbottò Odin, cupo. Ricordava bene il vetro rotto alla Ohio's Continuum's University of Spacetime, anche se inizialmente non vi aveva prestato attenzione. Però non era possibile che qualcuno si fosse translato insieme a lui... vero?
"Ma come fa a sapere di noi?" domandò Lyla.
"Non saprei... è molto seccante." ammise Odin. Lyla sospirò.
"Non pensiamoci più." disse. "Forse è stato tutto uno scherzo. Senti, Odin, devo fare un salto a Forever Books, a comprare un libro per la mia amica Cinthya... non ti dispiace aspettare qui? AI Barney & Benson offrono un'ampia gamma di articoli da regalo e sarà bene farci un salto, più tardi."
"Va bene. Ti aspetto." disse Odin, tornando a guardare la vetrina. In realtà, però, era preoccupato. Troppe cose non quadravano.
Lyla si diresse all'ascensore per raggiungere la libreria Forever Books, quando ebbe di nuovo la sensazione di qualcuno che la seguisse. Stavolta fu più rapida: si volse in tempo per vedere un'ombra scura scivolare dietro il chiosco delle informazioni che rappresentava il pulcino Waldo. Un'ombra scura con un mantello.
Incuriosita e un po' seccata, Lyla si diresse da quella parte.
"Chi..." cominciò a chiedere. Prima ancora che riuscisse a vedere in volto la spia, però, ricevette un pugno in faccia che la fece barcollare e quasi cadere a terra.
"Siamo alla resa dei conti, cara nemica!" sbraitò l'essere artificiale lanciandosi contro Lyla.
Scoppiò il caos.
"Cosa sta succedendo?!"
"Hanno aggredito una ragazza!"
"Ma dove sono le guardie?"
"Qualcuno chiami la sorveglianza!"
L'essere incappucciato si fece scudo con una Lyla ancora confusa, portandosi dietro al chiosco delle informazioni. Lo afferrò con una mano sola e lo sradicò da terra. Proprio, lo sradicò. Quindi, usandolo come un martello olimpionico, lo tirò con forza contro le persone che cercavano di intervenire.
"Chi sei tu? Che cosa vuoi da me? Come hai fatto a sollevare quel chiosco?!" domandò Lyla cercando di liberarsi dalla presa dell'essere, che aveva un braccio attorno al suo collo.
"Sta' zitta, stupida!" ringhiò l'altra con voce artificiale.
"Una droide!" esclamò Lyla. "Tu sei una droide!"
"Ti ho detto di TACERE!" ruggì l'essere. Se era una droide, era però incredibilmente forte, molto più della stessa Lyla. Si trascinò dietro la prigioniera come fosse stata un sacco di patate, cercando di guadagnare l'uscita e calpestando chiunque le si parasse davanti.
In quel momento, arrivò Mortimer Bloom, il capo delle guardie del Duckmall, seguito da Floyd e Tempest.
"Ehi tu! Lascia andare quella ragazza e alza le mani!" gridò Mortimer, estraendo la sua pistola dalla fondina e prendendo la mira contro la droide incappucciata. Quest'ultima rise malignamente.
"Come volete, capo." disse con voce raschiata.
"Eh?" Mortimer, perplesso, guardò Floyd e Tempest, che si strinsero nelle spalle. "Hai intenzione di arrenderti?" chiese esitante all'essere incappucciato.
"Esattamente..." sibilò questi. Quindi, in un movimento troppo veloce per essere fermato, strappò un pezzo di scala mobile dalla struttura e lo lanciò contro le guardie, che dovettero ritirarsi a Kid's Corner per non essere colpiti. Ignorando le grida di Lyla, l'essere incappucciato strappò un'altra lastra di ferro dalla scala mobile, e la tirò contro chi tentava di intervenire.
"Mooolto scenografico." disse una voce sprezzante alle sue spalle. "Ma dovrai fare di meglio."
Odin Eidolon, furibondo e pronto a combattere, si era portato tra la droide incappucciata e l'ascensore, bloccandole ogni via di fuga.
"Odin!" gridò Lyla cercando di raggiungere l'amato. Ma l'avversaria non sembrava intenzionata a mollare la presa.
"TU!" esclamò appena vide Odin. "Vattene di qui... Levati dai piedi!"
"Lascia andare Lyla, o sarà peggio per te!" minacciò Odin.
"Per la miseria, VATTENE!" sbraitò la droide. La punta del suo indice destro si aprì, e ne uscì un raggio laser che avrebbe fritto Odin come una frittella, se lui non fosse balzato di lato, evitandolo per un pelo.
L'essere gli lanciò un altro raggio, elettrico stavolta, e Odin riuscì a salvarsi solo buttandosi a terra e rotolando fuori dalla traiettoria. La droide incappucciata emise una risata di trionfo: con un pugno, spaccò la porta dell'ascensore, entrandovi insieme a Lyla e scendendo velocemente verso il garage.
Mortimer fu il primo a riprendersi.
"Paperino, guarda se ci sono feriti! Rupert, Tempest, bloccate tutte le uscite di questo piano! Fitzroy, con me! Tentiamo di fermarlo!" gridò, alzandosi e correndo verso l'ascensore.
Paperino era stanco. La notte precedente, come Paperinik, aveva avuto molto da fare a causa di un'improvviso aumento della malavita a Paperopoli: per sventare tutti quei furti, aveva dormito davvero molto poco. Ma del resto non poteva permettersi di arrivare in ritardo - c'era sempre Fitzroy pronto ad aizzargli contro Mortimer. A volte Paperino avrebbe voluto dargli un bel pugno sul naso, ma non era il caso di perdere il lavoro solo per una rissa. Del resto, le vacanze erano vicine. Così, sbadigliando e concentrandosi al suo attuale stato, si diresse verso un signore che era caduto per terra.
"State bene? Siete ferito?" domandò. Quindi, riconobbe il vestito color smeraldo, i capelli verdi e gli occhi scuri... "Ma tu sei Odin Eidolon!" esclamò sbalordito.
Odin alzò gli occhi. Inizialmente vide solo un guardiano della sorveglianza, poi lo riconobbe come Paperino.
"Paperino! Sei tu!" esclamò.
"Signor Eidolon! Cosa ci fate qui?"
"Senti..." Odin si guardò nervosamente intorno. "Ne riparliamo. Quando hai finito il turno... ci vediamo ai Barney & Benson. D'accordo?"
"Sì... ma... ma..." balbettò Paperino, sempre più sorpreso.
"Bene. Grazie." Odin si rialzò come se niente fosse e si allontanò in tutta fretta. Per un momento, Paperino pensò di aver sognato. Odin Eidolon non poteva mica trovarsi nel suo tempo! O sì? E poi, lui che ne sapeva di questa storia?
"Ehi, Tempest. Chi hanno rapito?" domandò Paperino alla sua collega. Era stato uno degli ultimi ad arrivare, e quindi non aveva visto la lotta.
"Uhm... non saprei." disse Tempest. "Una ragazza bionda. Credo di averla già vista da qualche parte. Sembrava un po' quella del telegiornale di Channel 00. Lily qualcosa, un nome così."
Lyla? Lyla rapita? Paperino non poteva credere alle sue orecchie. Se era davvero stata catturata, lui, come Paperinik, avrebbe dovuto aiutarla. Del resto, Lyla aveva spesso rischiato la sua carriera di tempoliziotta per salvargli le penne, e inoltre era dovere di un eroe soccorrere una fanciulla in pericolo. Ma Odin che ne sapeva, di Lyla? Paperino stava ancora pensandoci su, quando Mortimer e Fitzroy tornarono al secondo piano del Duckmall.
"Allora, l'avete preso?" li interrogò Paperino. "O presa? O presi? Insomma, quanti erano?"
Mortimer sembrava scosso e confuso: difficile a dirsi, dal momento che il capo dei guardiani giurati era sempre molto distaccato.
"Non saprei." disse con voce lievemente tremante. "Ne abbiamo visto uno solo." sollevò gli occhi su Paperino, e lui potè leggervi lo sgomento. "Ma... ma che razza di essere umano è? Ha sollevato un camion con una mano sola e me lo ha tirato contro... poi ha strappato la portiera di una macchina, vi è balzato dentro, e mi ha quasi investito... io non ci capisco più niente, neanche da poliziotto mi sono mai trovato di fronte a un simile disastro..."
"Cosa?" domandò Paperino. Fino a quel momento, aveva creduto che al Duckmall si fosse presentato un esercito, dall'entità dei danni. Ma Mortimer parlava di una sola persona, dotata di forza sorprendente. "Mortimer... come è possibile?"
"Senti, paperello, non fare domande, tu che te ne stavi con il portapiume al sicuro mentre noi rischiavamo la vita!" disse Fitzroy, ansioso di parlare male del collega.
Mortimer lo fulminò con un'occhiataccia: la sua presunzione e la sua arroganza stavano ormai passando il limite.
"Fino a prova contraria," disse, glaciale, "quello che ha rischiato la vita sono io. Sbaglio, Fitzroy, o tu sei scappato appena quel tizio ha afferrato il camion?"
"Ma no, capo..." disse Fitzroy sorridendo falsamente "Io stavo solo... uhm... cercando una buona posizione per poter sparare"
"Io direi che stavi scappando" lo corresse Mortimer.
"No, stavo sparando"
"Sì, e io fino a ieri ero Biancaneve" fece Paperino, ancora offeso per essere stato chiamato 'paperello'.
"Tu stai zitto." lo rimproverò Mortimer, che come capo doveva cercare di essere imparziale.
"Ah-ah! L'ho sempre detto, 'collega', che non sei altro che una donnicciola!" disse Fitzroy ridendo sprezzante a Paperino.
"Perchè, tu chi ti credi di essere, Sherlock Holmes?"
"Ma stai zitto, paperello..."
"Huè, ciccio, paperello a me non lo dici, chiaro?!" ringhiò Paperino perdendo le staffe e marciando verso il collega con l'intenzione di prenderlo a pugni e togliersi la soddisfazione.
"Finitela, voi due!" sbottò Mortimer. "Fitzroy, tu vai a fare la ronda"
"Ehi, no... la ronda la volevo io!"
"No Paperino, tu hai quasi finito il turno... chiama la polizia che è meglio..."
"D'accordo, Mortimer"
"Rupert! Dov'è Rupert? Dovremo chiamare il carro attrezzi e far rimuovere il camion ribaltato, spero che non ci chiederanno i danni..."
Paperino si lasciò alle spalle i colleghi le cui voci divennero sempre più fievoli, fino a quando raggiunse la cabina del telefono (miracolosamente sopravvissuta all'attacco). Continuando a pensare alle sibilline parole di Odin Eidolon, compose il numero della polizia.
"Distretto di Polizia, chi parla?"
"Pronto, sono un guardiano della sorveglianza del Duckmall Center. C'è stato un incidente, un individuo non meglio identificato ha rapito una ragazza. Inoltre, ci sono gravi danni al secondo piano del centro commerciale e altri disastri di media entità." disse Paperino.
"Oh, cielo... ma che è, ancora quella specie di Terminator di oggi?"
"Eh?"
"No, niente... oggi abbiamo ricevuto due segnalazioni, un tizio mascherato ha rinchiuso un barbone in un montavivande e un altro ha quasi distrutto una macchina. Entrambi i danni sembrano essere stati causati dalla stessa persona..."
"Pure! E quand'è successo? Dove?"
"Mah, il barbone sarà stato catturato che erano le tre, dalle parti della Haingst Road... e la macchina poco più tardi davanti alla Ducklair Tower. Ma a lei che gliene importa, scusi?"
"Cosa? Oh, no, niente, chiedevo solo... comunque, qui c'è stato un putiferio tremendo, qualcuno sporgerà denuncia contro ignoti, credo..."
"Ho capito, mandiamo subito una pattuglia"
"Arrivederci"
"'derci..."
Paperino appoggiò la cornetta e guardò l'orologio. Ancora due minuti, e il suo turno sarebbe finito: finalmente avrebbe potuto parlare con Odin Eidolon. Per ingannare il tempo, guardò i danni compiuti dal supercriminale. I suoi occhi si posarono sull'ascensore ammaccato e il papero rabbrividì. In occasioni come queste, gli avrebbe fatto piacere avere ancora Uno al suo fianco. Uno l'avrebbe consigliato, magari avrebbe anche fatto una delle sue pessime battute umoristiche, e sarebbe stato pronto ad aiutarlo con ogni mezzo... Uno gli mancava. Con nostalgia, Paperino pensò alle molte avventure passate insieme. Adesso, doveva arrangiarsi da solo...
Forse a causa della malinconia, gli parve che i due minuti si trascinassero per ore. Ma finalmente fu libero di recarsi ai Barney & Benson. Le vetrine, con tanto di decorazioni natalizie, erano rimaste intatte. Per un attimo, pensando alla severità dei due proprietari nei confronti del povero Rupert, Paperino pensò che non sarebbe stato un male troppo grande, se il prezioso cristallo dei fratelli Barney & Benson Milton fosse uscito un po' rigato dall'attacco del supercriminale. Ma evidentemente costui o costei non era interessato ai grandi magazzini.
Stava passando davanti alla vetrina del reparto tempo libero, quando vide Odin, seduto su una panchina poco lontano, che si sbracciava per richiamare la sua attenzione. Paperino si diresse verso di lui.
"Ciao, Paperino!"
"Buongiorno signor Eidolon, tutto bene?"
"Penso di sì. Hai finito il turno?"
"Già, ma lei deve rispondere a un sacco di domande." disse Paperino. "Innanzitutto, come è possibile che lei sia qui? Credevo che i viaggi nel tempo fossero proibiti."
"Si tratta di un esperimento un po' rischioso. E so già che dirai che è stato folle da parte mia tentare qualcosa per cui ci siano cinquanta possibilità su cento di fallimento. Ma se questo progetto funziona, riusciremo a contrastare le microcontrazioni, un giorno. Comunque, è tutto top secret: non posso dirti di più, sono spiacente."
"Come siamo misteriosi!" sbottò Paperino appoggiandosi allo schienale della panchina. "Vabbè. Ma senta, lei cosa sa di questo supercriminale? Ha rapito Lyla, è vero? Ma come..."
"So soltanto qualcosa." l'interruppe Odin alzando una mano a chiedere silenzio. "Vedi, Paperino, io ero con Lyla quando lei è stata rapita."
"E perchè era con Lyla, signor Eidolon?"
"Ecco.." Odin sembrò imbarazzato. La calma e l'impassibilità di solito dipinte sul suo volto scomparvero bruscamente. "Preferirei non.. oh, ma a te devo dirlo... Pikapp... Paperino, io amo Lyla." disse nervosamente.
Paperino rimase immobile per qualche istante.
"Signor Eidolon, le mie orecchie mi hanno appena fatto un terribile scherzo! Giurerei di averle sentito dire che ama Lyla."
Odin sorrise tristemente.
"Non è uno scherzo. E' la verità. Ho rivelato a Lyla chi sono proprio oggi" disse con una scrollatina di spalle. Paperino spalancò il becco, sbalordito.
"Questo proprio non me l'aspettavo!" balbettò. "Cioè... UN tempo ho pensato che potesse essere, quando quell'Evrongun non ha avuto effetto su di lei... ma come è possibile... lei è il creatore dei droidi..."
"E anche il primo di loro." disse Odin con un sorrisetto. "Mi dispiace così tanto non avertelo potuto dire, soc... amico mio. Ma adesso ho bisogno del tuo aiuto." disse, tornando serio. "Qualcuno ha minacciato me e Lyla poco dopo che le ho detto di amarla... come se qualcuno mi avesse seguito dal ventitreesimo secolo... ma è impossibile." disse, sicuro. "E adesso..." la voce gli mancò. Le sue spalle erano scosse da un tremito. Voltandosi, Paperino vide che il droide stava piangendo. "Qualcuno mi conosce, ha rapito Lyla, vuole minacciarmi... e purtroppo ha i mezzi per riuscirci" disse con voce fioca.
"Ma come è possibile, signor Eidolon?" domandò Paperino. "Chi sarebbe questo tizio?"
Odin ci pensò su.
"Non so. Ma come ti ho già detto, è successo qualcosa di strano prima che io partissi. Una finestra del laboratorio in cui si sarebbe svolto l'esperimento è stata rotta. Per questo comincio a sospettare che qualcuno mi abbia seguito. Ma... ma come?"
"Forse Gottfresh?" suggerì Paperino, ben ricordando l'odio del politico per Odin.
"Chi, Sean?" domandò Odin con una risatina sarcastica. "Scordatelo. Non rischierebbe di mandare alcuni suoi... sgherri... in un altro tempo, con la minaccia delle contrazioni. Perderebbe potenziali elettori."
"Ma lei ha visto chi è stato a rapire Lyla?" domandò Paperino.
"Non si può dire che l'abbia visto... ha un cappuccio sulla testa e un lungo mantello. Però è una droide, ha una mano artificiale e una forza che non può appartenere a un essere umano."
"Una droide?"
"Dalla voce credo che sia femmina. Ma è molto più forte di un qualsiasi droide da battaglia del ventitreesimo secolo... per quello che ne so, quella tecnologia è troppo avanzata anche per me" ammise Odin. "E' escluso che venga dalle mie fabbriche. E io sono praticamente all'avanguardia nella costruzione dei droidi."
"E lei non può farci niente, signor Eidolon?"
"No." disse Odin tristemente. "Mi ha quasi ammazzato, con il suo raggio laser. E'... non saprei... rabbiosa, feroce, crudele... ma se oserà fare del male alla mia Lyla, pagherà caro questo suo comportamento..." disse, vendicativo.
"Suvvia, signor Eidolon, non faccia pazzie." disse Paperino, battendogli amichevolmente su una spalla. "Questo è un lavoro per un nostro amico in comun...ik" aggiunse strizzando l'occhio a Odin.
"Vuol dire che ci aiuterai?" domandò il droide.
"Ma certo." disse Paperino. "Anzi, vado a chiamarlo. Paperinik non lascerebbe mai un amico nei guai... e quindi come potrebbe lasciarne due?"
"Già. Pikappa è un vero eroe." disse Odin con un sorriso malinconico.
"Per gli amici, si fa questo e altro." disse Paperino correndo via, diretto alla Century. E lasciando Odin in balia dei ricordi.


Malgrado tutto, nemmeno l'essere incappucciato se la cavava troppo bene. Stava cercando di guidare la macchina rubata, ma non sembrava esattamente molto abile, e inoltre Lyla non perdeva occasione per spintonarla e cercare di mandarla fuori strada.
"Perchè mi hai rapito? Io non ti ho fatto proprio niente! Lasciami andare immediatamente, oppure Odin e Pikappa te la faranno pagare cara!" gridò la tempoliziotta, infuriata, cercando di bloccarle la visuale.
"Zitta! Stai zitta!" fece la droide incappucciata, con voce stridula e isterica, cercando di vedere la strada. Quindi, rivolse contro Lyla il dito che sparava il raggio laser. "Taci o t'incenerisco!" ringhiò, cercando di rigovernare il volante. Evidentemente, però, non se la cavava bene con le automobili: la vettura sbandava malamente come se il guidatore fosse stato ubriaco.
"Dammi il volante!" gridò Lyla cercando di spingere via l'incappucciata. Ma questa era comunque troppo più forte di lei. Tenendo il volante con una mano sola, afferrò Lyla per il bavero con aria molto minacciosa.
"Sentimi bene, ti conviene piantarla con questi scherzi, o ne pagherai le conseguenze! PARLO SUL SERIO!" ringhiò, furibonda. "Sono abbastanza incavolata per conto mio con questo rottame di automobile in questo rottame di secolo! Perciò piantala, sei già sulla mia lista di persone che mi danno sui nervi!"
Alla sua destra c'era una Ducksmart color giallo acceso, guidata da un tacchino quasi completamente calvo e con gli occhiali. Distratta a parlare, la droide evitò di colpirla per un pelo.
"DOVE HAI IMPARATO A GUIDARE, ALL'AUTOSCONTRO?!!" sbraitò il tacchino.
"SEI NERVOSETTO, TESTA PELATA?!" ribattè la droide, rabbiosa "TOGLI QUELL'IMPIASTRO DI MACCHINA DALLA MIA STRADA SE NON VUOI CHE TE LA STIRI A DOVERE!"
E per dare maggior peso alle sue parole, colpì con forza la Ducksmart, cercando di mandarla fuori strada.
"SIGNORA! COSA DIAMINE STA CERCANDO DI FARE!" sbottò il tacchino, infuriato.
"TOGLITI DAI PIEDI, VECCHIA CIABATTA, SE NON VUOI CHE MANDI IL TUO CATORCIO DIRETTAMENTE ALLA ROTTAMAZIONE!" sbraitò la droide.
"Queste donne al volante!" sbottò il tacchino, affrettandosi a cambiare strada.
"Ma insomma, tu chi sei, che cosa vuoi da me?" ripetè Lyla per l'ennesima volta.
"Tu stai zitta, rapa!" sibilò la droide smanettando nervosamente con il volante. "E' il momento di dire addio al rottame!"
Con un pugno ben piazzato, sfondò la portiera dalla parte di Lyla e spinse fuori quest'ultima, balzando via a sua volta mentre l'auto partiva allo sbaraglio senza nessuno che la guidasse.
Prima che Lyla potesse reagire, la droide strappò due pezzi del suo mantello e li usò per imbavagliarla e legarle le mani dietro la schiena. Quindi, le puntò contro il dito che sparava il raggio laser come se fosse stato una pistola.
"Cammina e non fare storie, o sarà peggio per te!" sibilò. Senza tanti complimenti, la spinse tra le ombre dei palazzi fino al più vicino tombino, che scoperchiò con un calcio rabbioso. "Va' nelle fogne e non farmi perdere la pazienza!" ringhiò, tenendo Lyla sotto tiro. Dal momento che la prigioniera non si muoveva, la droide la spinse nella fogna e si calò a sua volta, chiudendo il tombino con aria nervosa. "Fatto! Adesso il tuo Odin non ci troverà mai!" esclamò, trionfante, liberando le mani della rivale e sciogliendo il bavaglio. "E da qui non puoi più scappare!"
"Perchè mi odi tanto? Cosa ti ho fatto?" domandò Lyla innervosita.
"PERCHE'?!" sbraitò la droide in un ringhio meccanico. "Te lo spiego subito, il perchè! Tu sei arrivata nella mia vita a strapparmi tutte le cose importanti per me! E' colpa tua... e sua, se sono quello che sono! Io temevo l'odio! Ma adesso non sono riuscita a sfuggirlo! Adesso so cosa provava mio padre... Gorthan... quando la sua gente l'ha rifiutato! So cosa provava mio fratello dopo essere stato recluso per anni! Adesso sono nè più nè meno come tutti coloro che mi hanno fatto perdere la mia famiglia! E per questo devo ringraziare te, Lyla Lay! Te... e Odin Eidolon! Se non fosse stato per voi, io adesso sarei quella di un tempo! Non sarei QUELLA CHE SONO!!!" gridò istericamente, come sull'orlo di una crisi di nervi, prendendo a pugni le pareti.
"Tu sei pazza, stai delirando!" disse Lyla.
"Ah, io sarei pazza?" replicò l'altra, furibonda. "Vorrei vedere te... dopo aver perduto tutto quello che era il mio mondo... dopo anni di solitudine sprecati a fuggire il rancore! E adesso è accaduto di nuovo! Ma io non lo permetterò! MI HAI SENTITO?!! Non lo permetterò MAI!" gridò, colpendo ancora il muro per sfogare tutto il suo dolore.
Pensava che il suo piano non potesse fallire, per questo aveva deciso di fuggire nelle fogne. Era convinta che Odin non avrebbe mai potuto trovarle. Ma non sapeva quanto il sottosuolo paperopolese fosse vivo.
Seduto vicino al canale di scarico, Vladimir corrugò le sopracciglia. Non gli piacevano gli intrusi nel loro territorio - e il solo fatto che venissero da "fuori" gli piaceva, se possibile, ancora meno. Da quando era emigrato dalla sua natia Russia, Vladimir aveva perso ogni contatto con il mondo di "fuori", preferendovi di gran lunga il sottosuolo paperopolese. Una volta aveva avuto anche un cognome, forse. Ma quale? Non riusciva a ricordare con chiarezza. Del resto, da cinque anni a quella parte era soltanto Vladimir, ed era perfettamente felice così.
Era un giovane papero che avrà avuto trenta, forse trentun anni, con becco adunco e occhi scuri. I suoi capelli, neri lisci e perennemente spettinati, tenuti lontani dalla faccia con una bandana, erano tagliati all'altezza delle spalle, eccetto per una treccia sottile, lunga e spettinata. Con la sua t-shirt a righe rosse e verdi, logora e lisa, e i pantaloni di jeans rattoppati, sporchi e con i bordi sfilacciati, Vladimir avrebbe fatto una ben misera impressione, in città. Ma lui non si curava del suo aspetto più di quanto non si curasse del suo passato - e non gli passava nemmeno per l'anticamera del cervello l'idea di abbandonare il mondo sicuro del sottosuolo per recarsi "là sopra". Era felice del suo aspetto, perfino delle scarpe da ginnastica sudicie e con le stringhe slacciate, un tempo bianche e ora di un brutto color grigio sporco. Non invidiava i paperopolesi incravattati, niente più che ridicoli manichini viventi, ai suoi occhi. Malgrado fosse stato un naturalizzato americano, ora questo era il suo mondo, e lo preferiva di gran lunga alla metropoli. Inoltre, era convinto che il loro territorio fosse una proprietà estremamente privata.
Con un sospiro, Vladimir si alzò, dirigendosi verso il loro rifugio sotterraneo per avvertire gli amici dei nuovi venuti.
Esteban era stravaccato sulla sua poltrona giallastra, lo sguardo perso nel vuoto. Come tutti i suoi compagni, aveva un aspetto estremamente disordinato:, ma non gliene importava più di tanto. Quando udì i passi di Vladimir, sollevò gli occhi.
"Ciao, Vlad. Qualcosa non va?" bofonchiò
"Hai sentito anche tu, Esteban?" l'apostrofò Vladimir. "Abbiamo visite."
"Altri seccatori." grugnì Esteban.
"Come se non bastassero quelli dell'Undergrrround a fare chiasso." sbottò una voce da sopra di loro. Jamie, un tipo con arruffati capelli biondastri, che indossava una canottiera grigia, dei jeans e delle babbucce gialle, se ne stava come suo solito appollaiato nel suo antro. Vladimir sollevò gli occhi, aggrottando le sopracciglia. L'amico, appoggiato a un cuscino verde, stava facendo dondolare un pezzo di formaggio davanti agli occhi di un grosso ratto grigio seduto su una pila di giornali.
"Jamie! Stai ancora addestrando Fogna?" domandò Vladimir, un po' seccato. Il ratto era noto per la sua ingordigia e i suo carattere decisamente poco domestico: di conseguenza, molti del loro gruppo non lo sopportavano.
"Sì, e con ciò?" replicò Jamie con uno sbadiglio.
"Tu e quel maledettissimo topastro!" ringhiò una voce da un tunnel laterale. Samuel, identico a Jamie se non per l'abbigliamento, scrutò il fratello con il più profondo disprezzo. "Si è sbafato tutto il mio provolone! Cos'avrei dovuto fare, mangiarmi lui in cambio?"
"Cosa? Chi ti ha dato il permesso di ingozzare il mio Fogna con le tue porcherie?!" sbottò Jamie. Samuel strinse i pugni con aria rabbiosa. Come al solito, indossava jeans, una maglia arancione e un giubbotto nero.
"Liberati di quel topo, fratello scimunito! O un giorno o l'altro lo faccio arrosto! Non capisco cosa ci trovi, tu!" berciò.
"Uffa come sei noioso! Almeno Fogna tiene gli scarafaggi lontani dai miei giornaletti, contento?" sbottò Jamie lanciando il cuscino contro il fratello. Samuel lo schivò.
"Sarà meglio che il tuo ratto si tenga lontano da me se non vuole cambiare il suo nome in Pranzetto!" ringhiò.
"Non osare torcere un capello a Fogna o le prendi!"
"Finitela un po', voi due!" esclamò Esteban. "Abbiamo già abbastanza problemi."
"Problemi? Alludi ai due intrusi?" domandò Karl arrivando in quel momento e indicando con un pollice la marea di tunnel tutto intorno a loro.
"Già, alludo proprio a loro." rispose Esteban.
"Hai detto problemi?" disse Samuel beffardo. "Ma per favore! Questi saranno solo dei pivellini di là sopra."
"Non ne sarei così sicuro." disse Vladimir ascoltando i rimbombi che venivano da molto lontano.
"Fa' sentire." disse Samuel portandosi una mano all'orecchio, a mo' di megafono. Quindi, esclamò orripilato: "Di male in peggio! Sono due femmine! Adesso sì che siamo rovinati!"
"Sembra che una di loro stia prendendo a pugni il muro." disse Vladimir.
"Be', allora chiederemo i danni." sibilò Samuel con un lampo minaccioso negli occhi.
"Ma sono delle donne! Non puoi mica picchiarle!" osservò Jamie.
"Zitto tu, scellerato d'un fratello! Le donne seminano zizzania come niente! Non lo sai?" sbottò Samuel.
"Ma come sei cinico!"
"Ha parlato il re dei bassifondi, ha parlato!"
"State zitti!" disse Esteban.
"Ehi, Esteban, qualcosa non va." osservò Norman, un papero obeso con corti capelli neri che indossava una maglietta gialla sotto a un completo verde. "Ascolta."
L'intero popolo del sottosuolo si fermò a orecchie tese, e per qualche istante l'unico suono fu l'eco dei colpi della droide incappucciata, e l'acqua che gocciolava dai tubi. Quindi, Esteban grugnì.
"Comincio a capire cosa intendi." borbottò.
"Già... un po' troppo rumorosi, questi rimbombi." notò Jamie, malgrado non fosse proprio una cima.
"Deve avere una forza straordinaria." osservò Vladimir, ammirato. "Persino troppo, per un essere umano."
"Be', forte o non forte, resta sempre un'intrusa! Adesso vado là e le do una lezione!" ringhiò Samuel. Vladimir e Karl lo afferrarono per le spalle, fermandolo per un pelo.
"Fermo, cosa fai, sei impazzito?" chiese Karl.
"Senti come picchia, quella!" aggiunse Vladimir. "Se provi a dirle qualcosa, ti spezza le ossa!"
"Sì, ci provi soltanto!" ringhiò Samuel furibondo. Quindi, guardando Esteban: "Allora? Posso mandarle via?"
"Lasciale perdere, per ora." decretò Esteban, pensieroso.
"Che COSA?"
"Lasciale perdere. Potrebbero non essere ostili. E comunque, più chiasso dell'Undergrrround non possono fare."
"Ma Esteban! E se decidessero che il muro non è abbastanza? Se sconfinassero nel nostro territorio?" domandò Karl, vagamente inquieto.
"In quel caso, le rispediremo da dove sono venute. E se ci attaccheranno, daremo loro pan per focaccia." disse Esteban seccamente. "Ricordate che anche se forzute, sono pur sempre in due."
"Be', potremmo comunque provare a parlamentare." propose Vladimir esitante.
"No, non voglio rischiare. Potrebbero essere pericolose." decretò Esteban.
"Oh, bè. Come vuoi tu." rispose Vladimir, mettendosi le mani in tasca e allontanandosi cupamente. In un certo senso, era curioso di vedere in faccia le due intruse. Si risedette al solito posto, ascoltando assorto i rumori che provenivano da molto più lontano. Quanto tempo era passato, da quando aveva parlato per l'ultima volta con qualcuno di "là sopra"? Cinque anni, o molto di più?
"Vladimir?" chiese una voce alle sue spalle. Karl l'aveva seguito.
"Ah, ciao." disse Vladimir laconico.
"Qualcosa non va?" domandò l'altro, sedendosi al suo fianco e abbassando il casco da aviatore sugli occhi.
"Oh, no. E' solo... stavo pensando." borbottò Vladimir. "Quelle due intruse.. potrebbero non essere ostili. Forse vogliono fermarsi qui, come noi."
"Chissà." replicò Karl. Quindi, con un mezzo sorriso, aggiunse: "Ci tenevi tanto ad andare a parlamentare, eh?"
"E' passato molto tempo da quando ho visto qualcuno di là sopra, ecco tutto." rispose Vladimir. "Chissà quante cose sono cambiate?"
Karl non disse niente, lo sguardo perso davanti a sè. Dopo qualche minuto di silenzio, finalmente parlò.
"Esteban ha detto di non andare, ma lui stesso non si considera il nostro capo. Se è quello che ritieni giusto, va'."
"Perchè dovrei?" borbottò Vladimir stringendosi nelle spalle.
"Questo non spetta a me dirlo." rispose Karl, alzandosi e allontanandosi lentamente. "Soltanto, Vladmir... sta' attento. Molte volte, la curiosità porta guai. E tu sei curioso." aggiunse, scomparendo in un tunnel. Vladimir non si voltò, ascoltando assorto l'eco dei pugni della droide incappucciata.


"Vado a chiamare il nostro amico comune, signor Eidolon. Lei non si muova di qui."
Sembrava passato un secolo da quando Paperinik aveva detto quelle parole, dopo il suo colloquio con Eidolon, e se ne era andato, presumibilmente a indossare gli abiti di Pikappa. In realtà, riflettè Odin, non dovevano essere passati che pochi minuti. Ma il tempo si trascinava con lentezza esasperante - e qualsiasi minuto poteva significare un sacco, per Lyla.
Possibile che, come Paperinik sospettava, si trattasse di un piano di Gottfresh? Ma Gottfresh come aveva saputo che Odin si era recato nel passato? Inoltre, un rapimento non era nel suo stile: se avesse intuito che il suo rivale era un droide, probabilmente avrebbe scatenato uno scandalo, invece di turbare la sua vita privata. E rimaneva sempre l'inquietante dubbio della tecnologia avanzata: Odin si domandava chi mai avesse potuto creare un droide del genere. Per un attimo pensò scioccamente a Vertighel, ma Vertighel era presumibilmente morto.. giusto?
Furioso, Odin cercò di scacciare questi pensieri dalla mente. Non facevano che aumentare il suo malumore, ed era già abbastanza cupo di per suo. Lanciò un'occhiata impaziente all'orologio: erano passati venti minuti.
"Ma quanto ci mette?!" brontolò. Era seduto su una panchina sotto a una palma e parlottava tra sé e sé, cosa che, tra l'altro, gli procurava sguardi incuriositi da parte dei passanti. Del resto, quella lunga e snervante attesa era davvero insopportabile. Odin aveva fatto praticamente di tutto per ingannare il tempo: aveva pensato alle sue future nozze con Lyla, cosa che l'aveva immalinconito ancora di più: aveva provato a vedere quanti dei libri registrati nel suo cervello riuscisse a leggere contemporaneamente: si era girato i pollici: aveva riordinato mentalmente tutti gli impegni che avrebbe avuto dopo le vacanze: aveva addirittura cercato di fare conversazione, ma era praticamente solo, a parte una vecchia papera che leggeva un giornale e che non gli aveva mai rivolto la parola. Insomma, si stava innervosendo sempre di più. E Paperinik non si vedeva da nessuna parte. Odin sospirò scrutando il cielo, alla ricerca di qualche segno che rivelasse la presenza del vecchio mantello lì intorno. Ma non vide nulla, e ciò contribuì ad aumentare il suo malumore.
Appoggiandosi allo schienale, guardò distrattamente il viavai di poliziotti impegnati nei rilevamenti sul luogo dell'agguato. La maggior parte dei visitatori del Duckmall era radunata lì attorno e tutti sembravano curiosi di apprendere maggiori dettagli sull'accaduto, mentre un uomo grande e grosso con barba, baffi e pelle scura cercava di tenerli lontani.
"Via, via! Non c'è niente da vedere!"
"Detective Spader, abbiamo brutte notizie!" disse un poliziotto dall'aria nervosa, indicando con un cenno del capo l'ascensore del Duckmall. Odin, sorpreso, guardò da quella parte e vide che l'abitacolo era occupato da una troupe televisiva: due cameramen e un reporter.
Il poliziotto chiamato "detective Spader" sembrava già abbastanza furibondo che la stampa si trovasse lì. Ma appena vide il giornalista con l'impermeabile giallo, sembrò perdere le staffe. Del resto, anche Odin l'aveva riconosciuto: era Angus Fangus, collega di Lyla nonchè ficcanaso DOC.
"Dobbiamo fermarli, detective?" domandò il poliziotto in uniforme.
"Lasciali perdere, Miller!" ribattè il detective, infuriato.
"Signorsì." rispose Miller.
Esibendo il più falso e stereotipato dei sorrisi, dopo aver fatto un cenno alle telecamere, Angus si diresse verso di loro.
"Allora, Spader!" tuonò, trionfante. "Una dichiarazione per..."
"No comment!" ribattè seccatamente il detective, ignorando le proteste del giornalista e dirigendosi verso un drappello di agenti.
"Angus, Camera 3 sta filmando i danni alla struttura, quando per te va bene, registriamo il servizio" disse uno dei cameraman. Angus sospirò rendendosi conto che dalla polizia non avrebbe saputo niente fino a quando le indagini non fossero state ultimate, e si diresse verso le telecamere.
"Siamo pronti?" borbottò
"Vai pure!" rispose il cameraman, inquadrandolo.
"Ci troviamo al Duckmall Center, il più prestigioso centro commerciale di Paperopoli" esordì Angus con un sorriso di circostanza. "Proprio qui, poco tempo fa, è avvenuta un'aggressione ai danni di Lyla Lay, caporedattrice di Channel 00. Lyla Lay aveva presentato le dimissioni dal suo ruolo di addetta stampa della Ducklair Enterprise qualche mese fa, e il suo posto era stato preso dal cronista Mike Martinus Morrighan, del nostro telegiornale. A questo punto sorge spontaneo il quesito... questo attacco potrebbe essere un tentativo di vendetta del suddetto Ducklair, che come ricordiamo aveva già avuto una posizione rilevante nel caso delle antenne sulla città? Attualmente non si conosce l'identità del, o dei, rapitori di Lyla Lay, ma l'entità dei danni subiti qui al Duckmall è notevole, cosa che lascia supporre un attacco massiccio. Comunque state tranquilli, appena avremo maggiori notizie vi informeremo."
Mentre la troupe cambiava posizione per poter filmare meglio il chiosco e la scala mobile distrutti, Odin si alzò per fare due passi e ingannare il tempo che sembrava essersi fermato. Ma non si era allontanato di molto dalla panchina, quando una voce appena udibile, poco più di un bisbiglio,trai lo chiamò per nome.
"Signor Eidolon! Ehi! Signor Eidolon!"
Odin si volse, alquanto stupefatto e aspettandosi di vedere il mantello di Pk che svolazzava al sole. Ma le uniche persone presenti erano assolutamente "normali"... o almeno normali nel contesto del Duckmall. Una papera dai capelli rossicci spingeva una carrozzina, seguita da un cagnetto grassoccio e squinzioso. Un tizio incravattato con i capelli castani pettinati puntigliosamente aveva il volto sprofondato in un giornale. Infine, un ragazzo travestito da Waldo il pulcino rosa camminava in modo alquanto buffo e goffo. Miriadi di altre persone erano radunate intorno al luogo del rapimento, cercando di carpire quante più informazioni possibili. Lo sguardo di Odin passò indifferentemente sul pulcino gigante, poi scrutò di nuovo il cielo alla ricerca di Paperinik. In quel preciso istante, il pulcino rosa gli pestò un piede con tutta la forza.
"AHIA!" esclamò Odin sorpreso, saltellando su un piede solo. "Ma che...?!"
"Signor Eidolon! E' sordo?" fece la stessa voce di prima. Odin, sospettoso, si guardò intorno, e scrutò il tetto dei magazzini Barney & Benson come pensando che Pk si fosse nascosto lì. A quel punto, il pulcino rosa gli diede una gomitata fortissima e Odin, che non se l'aspettava, rovinò a terra. Si rialzò in un balzo e fronteggiò minacciosamente il ragazzo travestito.
"SI PUO' SAPERE CHE RAZZA DI..." cominciò a sbraitare.
"Stia zitto, signor Eidolon!" esclamò il pulcino rosa. Odin lo guardò sospettoso, socchiudendo gli occhi.
"Paperinik?" domandò.
"No," ribattè quello seccatamente "l'orso Yoghi. Ma certo che sono io, quanti altri pulcini parlanti conosce?!"
"Oh, scusa" disse Odin "Non ti avevo riconosciuto"
"Questo" ribattè Pk collerico "mi sembra ovvio". Probabilmente nemmeno lui era un tipo mattutino. Di sicuro, Odin non l'aveva mai visto così scorbutico. "Vogliamo andare o no?"
"D'accordo, d'accordo." disse Odin conciliante. Quindi, voltandosi verso il luogo del rapimento, domandò: "Hai visto? C'è la polizia."
"Perchè, le sembra che io sia cieco? Certo che l'ho visto!" borbottò Pk.
"Hai intenzione di essere sarcastico per il resto della giornata?" s'informò Odin.
"Sì! Ho intenzione di essere sarcastico per il resto della giornata, fino a nuovo ordine! Qualcosa in contrario?" brontolò Paperinik, cupo. Odin lo scrutò.
"Ma... qualcosa non va?"
"Sì, cioè no. Insomma... ho qualche problemino con la polizia." rispose Paperinik dirigendosi verso l'ascensore.
"Ma tu sei un eroe!" protestò Odin mentre la porta dell'abitacolo si chiudeva dietro di loro. C'era poco spazio perchè il costume di Waldo occupava imperiosamente quasi tutto il casermone. In pratica, Odin era ridotto a una frittella. "Non dovreste essere dalla stessa parte?"
"Sì, teoricamente. Ma legalmente io non "dovrei" impicciarmi nelle loro indagini. Quindi cerco di non farmi vedere molto in pubblico, quando ci sono loro." replicò Paperinik mentre l'ascensore si fermava e i due uscivano. Una volta lasciato il Duckmall, Paperinik si nascose rapidamente dietro una macchina e si accinse al compito, peraltro alquanto difficoltoso, di liberarsi del costume di Waldo. "Via questa roba!" esclamò sbuffando. "Signor Eidolon, mi dia la mano e si tenga forte: decolliamo" .
Odin gli prese la mano, e l'attimo dopo l'Extransformer li portò alti sopra i cieli di Paperopoli. Lo spettacolo della città sottostante addobbata a festa sarebbe stato interessante, ma sfortunatamente il volo era troppo veloce perchè Odin potesse apprezzarlo.
"Che, si potrebbe andare un po' più piano?" domandò con voce tremula.
"Ho una marcia sola!" replicò Pk percorrendo in volo diversi quartieri della città, fino a una vecchia fabbrica dall'aspetto abbandonato quanto derelitto. Qui, finalmente, atterrò con un'elegante planata, insieme a un Odin dal colorito verdognolo che si reggeva in piedi a fatica.
"Benvenuto alla Century, signor Eidolon" declamò il supereroe indicando con un movimento del braccio l'interno buio e sinistro della vecchia fabbrica.
"E così è questo il tuo rifugio." disse Odin, osservando la costruzione con aria imperscrutabile.
"Già. Da quando mi hanno cacciato dalla Ducklair Tower... cioè, da quando mi è stato proibito l'accesso alla Ducklair Tower... e da quando ho perduto un caro amico... mi sono trasferito qui." disse Pk, cercando di apparire tranquillo e compassato. Ma a Odin non sfuggirono il tremito della voce e il riflesso di lacrime eroicamente trattenute negli occhi del papero mascherato. Sì, Uno era stato molto importante per lui: non soltanto un alleato, ma un amico. Odin si commosse.
Mentre Paperinik gli voltava le spalle, udì improvvisamente una strana voce. Non che fosse proprio una voce... in qualche modo la sentiva nella testa, ma non esattamente con le orecchie. E in qualche modo misterioso, quella voce non gli era poi così nuova.
::Forse non è andata come pensi. Non arrenderti, Paperinik. E spera sempre.::.
"Come?" chiese Paperinik voltandosi.
"Eh?" fece Odin, che sembrava cadere dalle nuvole.
"Siete stato voi a parlare?" domandò Pk, confuso.
"Io?" Odin parve vagamente stupito. "Non ho detto una parola."
"Mah, che strano." Paperinik si grattò la testa, pensieroso. "Ho sentito una voce... bah." scosse il capo. Forse lavoro troppo, si disse. Oppure sarà la nostalgia per Uno. Con una scrollata di spalle, Pk fece cenno a Odin di seguirlo ed entrò nella fabbrica. "Ehi, Lyo?" gridò nel buio.
"Chi?" domandò Odin.
"Lyonard d'Aq, Lyo per gli amici, è il mio nuovo alleato da quando ho lasciato la Ducklair Tower. E' il custode della Century, e un tipo in gamba." spiegò Pk, quindi aggiunse in tono confidenziale: "Detto fra noi, forse non avrà tutti i venerdì a posto, ma personalmente è l'unico difetto che gli trovo, a parte il suo caratteraccio."
Odin annuì e squadrò con evidente perplessità il misterioso personaggio che era apparso dal buio. Sembrava anziano, ma aveva qualcosa di familiare. Qualcosa che gli ricordava un po' Paperinik, anche se Odin non avrebbe saputo dire che cosa.
"Che c'è, eroe?" domandò Lyo con voce roca.
"Volevo solo avvisarti che abbiamo un ospite. Signor Eidolon, questo è Lyo. Lyo, il signor Eidolon." disse Pk, deferente. "Non ci fermiamo molto, giusto il tempo di prendere alcuni attrezzi per una nuova missione. Ne saprai sicuramente di più al telegiornale." aggiunse. "Ce l'hai ancora la calotta anti-psik, vero?"
"Da quando l'hai usata l'ultima volta, è ancora come nuova." replicò Lyo con voce graffiante. E sono quasi sicuro che anche qualche altro arnese di Astrongman potrebbe esserti utile, eroe. Fidati di me."
Pk inarcò un sopracciglio, un po' scettico, ma annuì.
"D'accordo, possiamo sempre dare un'occhiata." acconsentì. "Astrongman era il supereroe che viveva in questa fabbrica prima di me. Dagli anni cinquanta." spiegò a Odin. "Andiamo a vedere se nel suo antro c'è qualcosa che possa servire contro il super droide."
Odin lo seguì nell'oscurità della Century, lungo un corridoio pieno di macchinari strani e complicati.
"Eidolon." bofonchiò Lyo. "Non è un nome paperopolese."
"Infatti io non sono di Paperopoli." disse Odin con un mezzo sorriso. "Lo sarò... in futuro."
"Ah. Ha intenzione di trasferirsi qui." fece il vecchio custode. Sembrava un'affermazione, non una domanda, ma Odin rispose ugualmente.
"Può darsi." disse con voce calma e pacata. Lyo borbottò qualcosa di incomprensibile mentre i tre scendevano per un imponente scalone che conduceva al rifugio di Paperinik.
"Però, ti sei ambientato piuttosto bene, quaggiù." osservò Odin compiaciuto, guardandosi intorno. La stanza era grande e spaziosa: delle librerie colme di volumi dalle copertine sbiadite erano incassate nelle pareti. A destra c'era una curiosa macchina, a metà fra una caldaia e un pianoforte, davanti al quale c'era una sedia rossa dall'aspetto elegante. Più avanti, alcune poltrone violacee erano disposte intorno a un tavolo di legno con un candelabro, e una stretta scala di legno conduceva al piano superiore, di cui Odin poteva vedere solo delle ringhiere di legno, come quelle dei saloon in certi film western. Inoltre, strani aggeggi erano disseminati più o meno ovunque: una mano meccanica giocava a scacchi vicino a una poltrona e una specie di frullino con le ali svolazzava tutt'intorno. C'erano tre tappeti nello stanzone: il primo sembrava uno zerbino, piccolo e verde, direttamente all'entrata: il secondo si trovava poco prima del le sedie, davanti a un mappamondo semovente e un comodino con una abat-jour, ed era di un color giallo dorato con complicati disegni al centro: il terzo, di un color rosa pallido, si trovava sotto al tavolino. Tutti e tre erano frangiati e contribuivano a rendere particolare l'atmosfera di quel luogo. "Molto pittoresco e suggestivo." commentò Odin con un sorriso.
"Oh, il merito è di Lyo. E' stato lui ad arredare tutto, io non ne sapevo niente." disse Pk modestamente. Lyo borbottò qualcosa di ancora più indecifrabile e li condusse a una porta dietro cui si celava una stanzetta più piccola, ma incredibilmente affollata. Sembrava una vecchia soffitta: una lampada illuminava fiocamente posters, costumi e strani apparecchi che spuntavano dappertutto. Nel complesso, la stanza sembrava non soltanto derelitta e abbandonata, ma anche incredibilmente squallida.
"Questo era il rifugio di Astrongman." spiegò Pk.
"Mmm, era un po' disordinato, eh?" commentò Odin osservando un ragno rosso che correva velocissimo su per una parete.
"Non farti ingannare dalle apparenze." lo consigliò Pk. "Piuttosto, dimmi qualcosa di più su questo super-droide."
"Be'..." Odin ci pensò su. "Urlava come se fosse un'esaltata. Però sapeva benissimo quello che stava facendo. E dispone di armi avanzatissime. Se non fossi stato più veloce di lei, a quest'ora avrei sperimentato un raggio laser e uno elettrico sulla mia pelle, e..."
"Raggio elettrico?" ripetè improvvisamente Lyo. "Aspetta un secondo, eroe, forse ho qualcosa che fa al caso tuo."
Mentre l'anziano custode rovistava in un armadio sgangherato, Odin guardò pensierosamente un poster di Astrongman appeso alla parete.
"E' da tanto che conosci l'esistenza di questo supereroe, Pk?" domandò.
"Io?" fece Pk. "Si sbaglia, signor Eidolon. Io non sapevo nemmeno chi fosse, Astrongman. E' Lyo l'esperto, in questo campo. Tu lo conoscevi bene, vero, Lyo?"
La voce di Lyonard d'Aq, solitamente fredda e un po' beffarda, suonò ora stranamente malinconica.
"Sì. Bene quanto me stesso..." replicò. Odin, sorpreso, si volse a fissarlo, ma, a lui, Lyo non rivolse più lo sguardo. In compenso, nella sua frenetica ricerca nell'armadio, urtò una pila di oggetti che cadde a terra con un gran fracasso. "Scusate, colpa mia." borbottò Lyo. Aveva appena cominciato a raccogliere gli arnesi, quando gridò: "EUREKA!"
"Lyo? Cosa..."
"Ecco qua!" esclamò Lyo lasciando cadere gli altri oggetti e sbandierando una sorta di pettorale dall'aspetto plastico. Era un oggetto piuttosto bello: blu mare, anche se il tempo e la polvere l'avevano notevolmente scurito, con incisioni di creature marine fra le quali Pk riconobbe un delfino e una foca. All'altezza delle spalle, c'erano due congegni, vagamente simili a due rubinetti, in metallo argentato che non sembrava arrugginito.
"Molto bello, Lyo, ma... che cos'è, esattamente? Non ho mai visto niente del genere" disse Pk rigirandosi il pettorale fra le mani.
"Se quel tizio usa un raggio elettrico, eroe, questo ti sarà molto utile!" sbraitò Lyo con un sorrisone che gli andava da un orecchio all'altro. "Astrongman lo usò contro LivingVolt, l'Elettricista Mutante! Bei tempi, quelli! Uno scontro epico! C'era LivingVolt che..."
"D'accordo, d'accordo" lo zittì Pk "La cronaca delle avventure di Astrongman è senza dubbio interessante, ma io vorrei sapere che cos'è questo affare" aggiunse, continuando a guardare il pettorale
"Qui sta il bello!" replicò Lyo, felice come se gli avessero appena annunciato una vincita miliardaria alla Lotteria di Paperopoli. "Quest'affare, come lo chiami tu, è un Watermaker: un modificatore genetico della formula H20 che crea intorno al tuo corpo uno strato di acqua solidificata, simile a gelatina azzurra. E' altamente isolante per te, e se il malfattore tenta di colpirti, spedisce il suo raggio elettrico contro lui stesso! Forte, eh?"
"Insomma" disse Pk. "E pensi che funzioni ancora?"
"Ma certo! La batteria ha durata decennale e io l'ho sostituita ogni nove anni, per non rischiare di dimenticarmene." l'informò Lyo.
"D'accordo, proviamo." sospirò Paperinik indossando il pettorale. "Ehi, Lyo? Come si accende questo coso?"
"E' molto semplice. C'è una leva sulla spalla destra. Non devi fare altro che tirarla." spiegò il custode.
Pk annuì. Sotto lo sguardo attento di Odin e Lyo, spinse la levetta... e qualche istante dopo, emise un grido lancinante.
"AAAAHHHH! AAAAAHHHH! AAAAHHHH!"
"Pk, che succede?!" domandò Odin preoccupato. Lyo si grattò la testa.
"Un'interferenza, forse?" propose.
"Ma quale accidenti d'interferenzaaaaahhhhh!" gridò Pk menandosi colpi sulle spalle come un forsennato. "Toglietemi di dosso quest'affare! Presto! Presto! E' pieno di scarafaggi!"
"Che cosa?" domandò Odin sbalordito.
"Oh capperi! Ecco dov'era finito quello scarafaggio che ho cercato di spiaccicare! Mi sembrava strano che fosse morto di vecchiaia!" fece Lyo. "Si vede che quando ho cambiato la batteria l'ultima volta, dev'essere entrato di straforo nel Watermaker..."
"Ma chi se ne importa dello scarafaggioooohhh! Lyo, aiutami!" mugolò Paperinik disgustato. Il custode obbedì togliendogli da dosso il pettorale, ma nel farlo, alcuni scarafaggi caddero a terra.
"Voi, bestiacce ribelli! Via dalla mia fabbrica e dai cimeli di Astrongman! Via! Sciò! Sciò!" gridò Lyo prendendo a pedate gli insetti fuggiaschi. "Scusami, eroe, pensavo di averli sistemati tutti con la carta moschicida..."
"Sarà meglio spruzzare del disinfettante o qualcosa del genere" ansimò Pk mentre Odin raccoglieva il cappello e lo porgeva con gentilezza all'eroe.
"Ma tu.. hai paura degli scarafaggi?" domandò Lyo ridacchiando.
"Perchè, secondo te cosa dovrei fare, mettere su un allevamento?" ribattè Pk a metà fra il terrorizzato, l'infuriato e l'ironico. "Quand'ero piccolo Nonna Papera diceva sempre: 'Paperino, non toccare gli scarafaggi, che ti portano le malattie!', me lo avrà ripetuto cento volte, e personalmente non mi va affatto di sperimentare se aveva ragione sulle mie povere innocenti eroiche piume! Comunque ti conviene stare più attento la prossima volta che fai le pulizie, Lyo"
"E come la fai lunga!" sbottò Lyo "Io faccio quello che posso, se al signorino non va bene, assumi una colf!"
"Brontolone!" sbuffò Pk, strappandogli di mano il Watermaker e indossandolo di nuovo. Questa volta, per fortuna, non c'erano altri insetti disgustosi, e così il papero mascherato premette la leva. L'attimo dopo, il mondo intorno a lui si colorò di un blu acqua molto intenso, e i contorni, fino a un minuto prima nitidi, divennero improvvisamente sfocati e tremolanti. Poteva giurare addirittura di vedere delle bollicine che galleggiavano intorno a lui. "Woaaa!" esclamò sbalordito "Lyo! E' fantastico!"
"Te l'avevo detto" commentò Lyo orgoglioso. "Ora, se tu volessi provare a mettere un dito in una presa di corrente..."
"Ma neanche per sogno! Sei impazzito?" gridò Pk portandosi un dito alla tempia nel gesto universale di pazzia.
"Lasciami finire le frasi! Stavo dicendo che se tu mettessi un dito in una presa di corrente..."
"Sì, quando mi sarà bevuto il cervello te lo farò sapere" l'interruppe Pk.
"Oh, insomma! Dicevo, se tu volessi, ti renderesti conto che lo schermo ad acqua funziona ancora benissimo" sbuffò Lyo
"Ti credo sulla parola" disse Pk strappando a Odin una risatina. "Bene, e questo è un passo avanti per la nostra squadra. Ma se il super-droide sarà davvero così super come sembra, dubito che sia questo Water-coso che la calotta Anti-Psik mi saranno molto utili. Spero che l'Extransformer non mi abbandoni proprio adesso! E poi resta il problema di come rintracciare Lyla... ormai potrebbero trovarsi tranquillamente ad Ocopoli" aggiunse, scuotendo mestamente la testa.
"Già. Ci vorrebbe il fiuto di un segugio." fece Odin, meditabondo.
"Un... che?" la risatina chioccia di Lyo si levò dal buio. "Forse... forse posso aiutarti ancora, eroe. Astrongman... non era solo. Non sempre."
"Cosa vuoi dire, Lyo?" domandò Pk.
"Ce ne deve essere ancora uno. Ne sono sicuro." borbottò Lyo. "Gli altri... non credo che ci siano ancora. Ma ancora uno deve essere rimasto, deve!!"
"Ma si può sapere di che stai parlando?"
"Lo saprai, eroe." disse Lyo stancamente. "E' venuto il momento di lasciare la Century per mostrarvi un certo luogo. Fidati di me, sarà utile."
Odin guardò Pk che alzò le spalle.
"E va bene, Lyo, ma vediamo di sbrigarci..."
"D'accordo." disse Lyo. Un sorriso illuminò il suo vecchio volto stanco. "Astrongman... lui... sarebbe stato contento di sapere... che adesso lavorerà con te."
"Lavorare con me?! Ma insomma... chi?" domandò Pk sempre più allibito.
"Lo vedrai." concluse Lyo.
"Ma com'è che devo essere sempre all'oscuro di tutto, io?" bofonchiò Pk scortando Lyo e Odin fino alla Pi-Kar. "E comunque, dove si va?"
"Ecco..." Lyo sembrò pensieroso. "Hai presente il vecchio garage della Featherland Street?"
"Intendi dire The Duck's Machine? Il garage abbandonato?" fece Pk "Non è troppo lontano da casa mia, ma..."
"Vuoi dire che è ancora in piedi?"
"Sì, ma cosa..."
"Portaci là!" ordinò Lyo.
"Grazie mille! Mi hai scambiato per un taxista?" protestò Pk, offeso. "E poi scusa, che ci andiamo a fare a The Duck's Machine? Ormai nessuno ci mette piede da anni! Era già chiuso quando Nonna Papera e io venivamo a trovare lo Zione..."
"Capirai, capirai" replicò Lyo.
"E va bene, d'accordo." disse Pk stringendosi nelle spalle. "Ma guarda che a The Duck's Machine troveremo solo vecchie macchine scassate."
"Fidati, eroe." ribattè Lyo con un sorrisetto. "Non ci troveremo SOLO vecchie macchine. A proposito" esclamò osservando la Pi-Kar "il tuo veicolo non è un po' stretto per tre persone?"
"Be', no." replicò Pk "Insomma, d'accordo, la Pi-Kar è omologata per uno, ma se quando abbiamo liberato Ziggy è riuscita a portare me, lui, Jana, Mary Ann e Froud, per voi due non dovrebbero esserci troppi problemi." disse, guardando prima l'allampanato custode, e poi Odin. "Insomma, Froud da solo pesava tre volte voi..."
"Io ho già viaggiato sul tuo veicolo" ribattè Odin con un sorriso "in un'occasione piuttosto simile a questa, fra l'altro."
"Ah, già, quando Geena..." Pk si fermò. Non gli andava di parlare di Geena. In un certo senso, si sentiva responsabile per quello che le era successo. Con una scrollata di spalle, il papero mascherato aprì la portiera e salì in macchina, lasciando che Odin e Lyo si aggrappassero all'abitacolo. "Tieniti stretto, Lyo, sarà un bel volo" spiegò.
"Più o meno come quando volava Astrongman." replicò Lyo "Ma lui non aveva una macchina... credo"
Pk si accorse di averlo messo in imbarazzo, e per qualche minuto calò il silenzio. L'eroe non riusciva nemmeno ad accendere la macchina. Dopo un minuto di atmosfera pesante, per spezzare la tensione, Pk esordì giovialmente:
"Allora, ci siete tutti? Le cinture sono allacciate? Qualcuno ha bisogno di un sacchetto per il mal di mare? Qualcuno deve andare ai servizi? Pensateci bene. Non sono previste pause durante il viaggio. No? E allora... decollo!"
La Pi-Kar si alzò in volo con il suo curioso equipaggio, lasciandosi alle spalle la vecchia fabbrica abbandonata, ora vuota e triste. Dirigendosi verso un luogo altrettanto desolato.


Gorthan.
Il padre che non aveva mai potuto avere.
Il padre che aveva condiviso con lei la sua vita, che aveva rinnegato la sua stessa gente per lei.
Chiudendo gli occhi, la droide incappucciata riusciva ancora a vedere chiaramente il volto di Gorthan, malgrado fossero passati così tanti anni. Poteva ascoltare la sua voce.
"Avremo tutti un futuro, a Evron!"
Erano parole ricche di speranza, per chi, come lei, la speranza non aveva nemmeno mai saputo dove stesse di casa. Gorthan aveva dato a lei e a suo "fratello" una ragione per vivere. Aveva permesso loro di essere qualcuno, di avere una loro importanza. E poi, Gorthan non si era mai dimenticato di nessuno dei suoi mutanti. Di nessuno dei suoi figli. Era sempre stato molto più umano lui (un extraterrestre) di molti altri umani che la droide aveva conosciuto.
Gli altri evroniani non erano come lui. In tutta la sua vita, lei non ne aveva mai trovato uno, nemmeno il tanto venerato Evron, che potesse essere paragonato a suo "padre". In qualche modo, erano tutte macchine, e l'imperatore era il burattinaio. Ma Gorthan, lui era diverso... e per questa ragione la sua gente gli si era ribellata contro, trasformandolo in un fuggitivo. L'ultima volta che l'aveva visto, suo padre aveva spinto lei e suo fratello su delle scialuppe di salvataggio e si era fatto inseguire dagli evroniani per permettere loro di salvarsi.. ma sarebbe stato meglio il contrario! Lei avrebbe preferito seguire Gorthan, soffrire con lui, morire con lui, piuttosto che vivere anni e anni di solitudine e rancore.
"No! Padre! Non mi lasciare..." singhiozzò mentre le tristi immagini del suo passato si proiettavano davanti ai suoi occhi.
D'improvviso, attraverso la cortina di lacrime, la droide incappucciata vide un volto che la fissava. Gorthan..?
No. Lyla.
Cercando di rimanere calma, la droide incappucciata balzò in piedi, fronteggiando Lyla con ira.
"Be'? Si può sapere che hai da guardare?" sillabò furibonda.
"Ma... tu stai piangendo..." balbettò Lyla, confusa.
"Sta' zitta! La questione non riguarda te!" ringhiò l'altra sferrando un pugno iracondo contro il muro.
"Ma..." cominciò Lyla. L'essere incappucciato era inquietante, ma nella sua voce poteva percepire una grande tristezza che le faceva pena.
"Chiudi il becco." la zittì l'altra, ma la sua voce suonava sorpresa. Sembrò ascoltare l'eco di una voce che lei sola udiva, quindi emise un altro grido furibondo e colpì di nuovo il muro. "Aaaaaaaaaarghhhhhhh!" ruggì rabbiosamente "Non si è ancora rassegnato! Il tuo Odin ti sta ancora cercando! Odin... amore mio..." il suo ruggito si trasformò in un pianto iracondo. "Oh, perchè non puoi leggere la mia mente come invece io posso fare con la tua? Perchè non puoi sentire quanto ti amo? Perchè... perchè devi... devi amare un'altra? Ho già perso la mia famiglia... non perderò il mio amore... mai..."
D'improvviso balzò in piedi, con una nuova luce bellicosa nei fieri occhi scintillanti.
"Vuoi cercare la tua fidanzata, Odin Eidolon? Perfetto... fai pure... cerca pure... ma non credere che sarà così facile... guardati da chi incontri, Eidolon... perchè la strega è tornata..." sibilò in un altro accesso d'ira, concentrandosi sui molti tracciati mentali di Paperopoli. Fu facile trovare la persona giusta. Insinuarsi nella memoria base. Modificarla. E prendere il controllo totale di uno degli alleati più potenti che risiedessero in quel secolo. Ma non era ancora abbastanza. Con un sorriso trionfante, la droide sollevò il sacco di iuta che portava con sé e cominciò ad armeggiare con i lacci che lo tenevano chiuso. "La strega è tornata..." ripetè sinistra, in un sibilo inquietante.
"Ah, e così saresti una strega?" domandò una voce ironica. Sia Lyla che la droide incappucciata (la quale chiuse frettolosamente il sacco) fecero un salto per lo spavento quando una figura scura uscì da un canale di scolo.
Checchè dicesse Esteban, Vladimir era troppo curioso per rimanere ad aspettare: per questo era venuto a parlare con i due intrusi. Malgrado non si aspettasse una calorosa accoglienza a baci, abbracci e pasticcini per il tè, restò sorpreso quando l'essere incappucciato gli si parò davanti fronteggiandolo con aria bellicosa.
"E tu chi sei? Che cosa ci fai qui?" l'aggredì la droide "Vattene, biologico... VATTENE!" indispettita, lo colpì con un fortissimo gancio destro alla mascella che mandò Vladimir a ruzzolare per terra come un salame. Quindi, lanciò contro di lui una scarica di raggio laser dal suo indice sinistro. Vladimir rotolò di lato giusto in tempo per non finire abbrustolito.
"Miseriaccia, datti una calmata!" esclamò, seccato. "Non ho intenzione di..."
"Sei sordo, maledetto biologico? Ti ho detto di ANDARTENE!" ruggì la droide, ma Vladimir era già in piedi e sembrava pronto a schivare un altro attacco.
"Frena! Voglio solo parlare!" disse il papero, alzando le mani. "Vedi? Sono disarmato"
"Che cosa ci fai qui... intruso?" sibilò la droide
"Ehi, questa battuta era mia!" protestò Vladimir. La droide emise un ringhio rabbioso e lo afferrò per il bavero della t-shirt con l'aria di volerlo pestare per le feste. Vladimir si coprì il volto con le braccia balbettando scuse frenetiche.
"Rispondi alle mie domande, inetto..." sibilò lei, imbestialita, mollandolo a terra senza troppi complimenti. "Chi sei? E cosa fai qui?"
Il papero si alzò e le tese una mano che la droide non strinse.
"Mi chiamo Vladimir, e qui ci vivo." disse con calma serafica l'abitante del sottosuolo.
"Tu sei pazzo. Se ti è sfuggito, siamo nelle fogne" replicò la droide
"Ma va'? Te ne sei accorta soltanto adesso?" domandò Vladimir sarcastico. La droide sollevò un pugno con l'aria di volerlo colpire "Non farmi arrabbiare, stupido... ti conviene!" sibilò.
"D'accordo d'accordo" disse Vladimir balzando indietro per evitare un eventuale attacco. "Comunque... noi viviamo qui. Siamo una piccola comunità che preferisce questo mondo a... beh, là sopra. Io sono arrivato cinque anni fa."
"Be', tanto piacere!" replicò la droide in un ringhio "Come siete arrivati, adesso ve ne andate!"
"Spiacente, non credo che sarà così semplice" rispose Vladimir "Se invaderete il nostro territorio, che comincia al settimo tombino di sinistra da qui, saremo costretti a combattervi, su ordine di Esteban, il nostro leader. Ero venuto giusto a dirvi questo."
"Be', bamboccio, dì ai tuoi amici di togliersi dai piedi o sarà peggio per loro!" sbottò la droide.
"Non darle retta!" gridò Lyla, che nel frattempo aveva cercato di attirare l'attenzione di Vladimir senza risultati "E' una criminale, mi ha rapita! Corri a chiamare la polizia, svelto!"
"NO!" la droide si parò davanti a Vladimir, apparentemente intenzionata a prenderlo di nuovo a pugni "Tu staì zitta!" ringhiò a Lyla "E tu, carino, non ti azzardare a chiamare uno sbirro oppure userò la tua testa al posto di una pallina da golf!" aggiunse minacciosa, rivolta a Vladimir. Il quale si cacciò le mani nelle tasche dei calzoni e scosse lentamente la testa.
"Non posso aiutarti." disse a Lyla che emise un gemito di sconforto. "Noi non parliamo con quelli di là sopra. Non possiamo chiamare la polizia." quindi aggiunse, rivolto all'incappucciata: "Potresti essere un serial killer, e a noi non farebbe differenza. Ovviamente, se rimani qui. Ma se sconfini... finisci nei guai."
"Non dire A ME quello che devo fare!" ringhiò lei.
"Credimi, farai bene a stare alla larga dal nostro territorio. Avete fatto saltare i nervi a Samuel, e Samuel si intende di cavalleria quanto di fisica nucleare... in pratica ti spacca la faccia anche se sei una donna." spiegò Vladimir
"Stai fresco! Io faccio quello che mi pare QUANDO e COME mi pare, hai capito?" abbaiò la droide "E adesso smamma!"
"D'accordo." sospirò lui. "A proposito, tu ti chiami...?"
"Che te ne importa?" ribattè la droide sulle difensive "Il mio nome non solo non ti direbbe niente, ma non ti riguarda neppure! Sono stata abbastanza chiara, ottuso paperuncolo?"
"Non arrabbiarti! Dicevo tanto per dire!" esclamò Vladimir "Non è facile parlare con una persona di cui non sai il nome."
"Non preoccuparti, la nostra conversazione finisce ADESSO!" sibilò la droide incappucciata in un ringhio metallico. Vladimir sbuffò.
"Oh, be', fa' come ti pare. Ci si vede" borbottò allontanandosi.
"Rettifico, biologico: a mai più rivederci!" sibilò la droide.
"Come preferisci tu" sbuffò Vladimir, quindi chiese, voltandosi un'ultima volta: "Almeno posso sapere il tuo nome?"
La droide rispose in un ringhio furibondo che fu più che esplicito.
"Va bene, va bene, me ne vado" esclamò Vladimir allontanandosi sotto gli occhi furibondi dell'incappucciata.
"E non tornare mai più!" l'apostrofò lei. Non appena fu sicura che il papero fosse lontano, tornò a concentrarsi sul suo sacco: l'aprì e ne rovesciò il contenuto, che si afflosciò miseramente a terra con un tonfo. Lyla distinse un corpo... una testa... gambe e braccia...
"Oddio! Che stai facendo?! Ma cos'è, un cadavere?" esclamò sbalordita
"In un certo senso... non per molto." replicò la droide sollevando il corpo senza vita. Fu a questo punto che Lyla ne distinse il volto... ed emise un grido di raccapriccio misto a stupore.
"NOOOOOOOO!"
"No che?" domandò l'altra droide, interdetta.
"Lei... lei è..." disse Lyla, guardando orripilata la sagoma stesa a terra. Era Geena, la ribelle che si era sacrificata per la libertà della sua specie. Distrutta e spenta come quando lei, Odin e Pk l'avevano lasciata.
"Ah, vuoi dire la mia alleata." ribattè l'incappucciata scrollando le spalle con negligenza.
"Ma come è possibile... come hai fatto a... lei era..." balbettò Lyla.
"Lei non serviva più a nessuno. Non se ne saranno nemmeno accorti, che è scomparsa dal magazzino in cui l'ho rubata. E ora, chiudi il becco" replicò l'incappucciata controllando che i circuiti interni di Geena - stesa a terra e priva di vita come una marionetta - non fossero irreparabilmente danneggiati. Quindi, con un ghigno malvagio, si aprì un braccio meccanico e ne collegò alcuni cavi elettrici al jack dell'alimentatore a idrogeno. Fu questione di un attimo: un lampo di corrente elettrica azzurra brillante passò dal braccio dell'incappucciata a Geena, che si contorse su sé stessa e tremò, con un sinistro crepitio. Lyla, orripilata e sconvolta, chiuse gli occhi, incapace di assistere allo spettacolo del povero droide così brutalmente seviziato. Ma le sue palpebre si rifiutavano di stare chiuse, affascinate e al tempo stesso sconvolte dall'orribile spettacolo. Avrebbe voluto coprirsi gli occhi con le mani, ma le sue mani erano ancora legate saldamente
Dopo mezzo minuto di trasferimento di corrente, l'incappucciata sollevò di scatto il braccio, interrompendo il contatto con Geena. Quest'ultima cadde di nuovo a terra, con un clangore metallico.
"Che cosa lei hai..." balbettò Lyla. Quindi si fermò sbalordita vedendo che Geena, a terra, respirava affannosamente. Era di nuovo operativa! In qualche modo, la grande scarica elettrica doveva essere riuscita a ripararla: adesso assomigliava di nuovo alla vecchia Geena di un tempo, e tute le sue ammaccature, compresi gli occhi e i capelli, sembravano essere state almeno in parte riparate dalla pressione della corrente. Inoltre, la potente carica le aveva tinto lievemente i capelli di blu, facendola assomigliare a un coolflame.
La droide incappucciata si richiuse il braccio meccanico con estrema lentezza, quindi si rivolse alla rediviva ribelle.
"In piedi!" abbaiò con voce sferzante. Orripilata, Lyla vide che Geena si alzava lentamente, piegandosi su sé stessa come fosse stata fatta di garza o non avesse avuto uno scheletro.
"Non ascoltarla!" la supplicò. "Geena, ti prego!"
La risata della rivale la interruppe.
"Sono spiacente, Lyla. Lei ormai è solo una macchina... niente più che una cosa. Rimessa in funzione solo perchè obbedisca ai miei ordini." spiegò con un ghigno.
"Quali... fzzz... sono... i tuoi... ordini... zzzzz... padrona... kkk?" domandò Geena con un'orribile voce raschiata e inespressiva.
"Odin Eidolon." ribattè l'incappucciata. "Odin Eidolon e il suo amichetto mascherato. Trovali. Scopri dove sono. E, se sarà necessario... elimina Pikappa!"
"NO!" esclamò Lyla cercando di liberarsi dalle funi che le legavano i polsi.
"Troverai un alleato. Segui la mappa mentale che ho tracciato nei tuoi circuiti. Elimina Pikappa... ma Odin lo voglio vivo! Hai capito? Portalo a me, quando avrai eliminato il suo amico. Ora va'... e fai il tuo dovere" comandò l'incappucciata. Geena sembrò incerta.
"Pikappa... eliminare Pikappa... perchè...?"
"FALLO E BASTA!" ordinò la droide incappucciata manipolando la sua mente quanto bastava per celare i ricordi sul supereroe. "Obbedisci ai miei ordini!"
Geena annuì con lo sguardo fisso davanti a sé, e si diresse verso lo sbocco del primo tombino, per uscire e compiere la macabra missione.
"Non osare fare del male a Odin o a Pikappa!" gridò Lyla, in lacrime "Me la pagherai! Vedrai se me la pagherai!"
"Ullallà, che paura mi fai!" la derise l'incappucciata "Guardami, sto tremando! Peggio per loro! Se la sono cercata! Impareranno che gli sbagli si pagano molto, molto cari." sibilò mentre Geena spariva lestamente.
"Tu... tu sei un mostro!"
La voce della droide si fece improvvisamente triste.
"No. Sono solo una papera innamorata." replicò sottovoce. Quando tornò a guardare Lyla, i suoi occhi erano tornati di ghiaccio. "Gli sto dando una possibilità di sopravvivere, strega. Ma se Odin non potrà essere mio... allora non sarà di nessun'altra." sibilò. Quindi si inginocchiò a terra, prendendosi la testa fra le mani e abbandonandosi a un silenzioso pianto di dolore che echeggiò nel buio.


"Questa è la Goosebeak Road" spiegò Pk mentre la Pi-Kar si stagliava alta sui cieli di Paperopoli "The Duck Machine si trova a dieci chilometri da qui".
Lyo stava osservando la città sotto di lui e sembrava malinconico. Triste, addirittura
"Lyo? Qualcosa non va?" chiese Pk.
"Paperopoli è molto cambiata, negli ultimi anni" replicò Lyo "Astrongman... non crederebbe ai suoi occhi"
"Già, ma quando Astrongman è sparito dalla circolazione, ci sarebbero da aspettarsi grandi cambiamenti" fece Pk
"Questo è vero." mormorò Lyo "E' solo che..."
"Che?"
"Oh, lasciamo perdere." borbottò l'anziano custode.
Nessuno disse più una parola fino a quando non arrivarono al garage. Più che un'autorimessa, sembrava una discarica. Era una semplice zona erbosa di periferia recintata con un alto muro di fil di ferro, bucato e strappato in più punti. Le macchine all'interno erano ammassate, scolorite, e in condizioni pietose. Paperinik pensò che era l'immagine stessa dello sfacelo.
"E' ridotto peggio di quanto ricordassi... ma è lui... lo riconosco..." esclamò a voce bassa Lyo. Con passo tremante, si diresse verso il vecchio parcheggio, come se fosse stato un amico che non vedeva da molti anni. Sembrava commosso, persino incapace di credere ai propri occhi. Rimase per un po' in contemplazione del malridotto garage, quindi si asciugò gli occhi: stava piangendo. "Allora. Entriamo" disse, cercando di darsi un tono.
"Scu... scusa, ma come facciamo a entrare? Non so se hai dimenticato... il garage è chiuso!" esclamò Pk
"A questo pensi tu" rispose Lyo con una risatina. Pk sbuffò e cominciò ad armeggiare con l'Extransformer, borbottando, fino a quando dallo scudo non si srotolò una lunga corda spessa.
"Vediamo di darci una mossa. questo posto non mi piace" disse Pk, volando rapidamente dall'altra parte del cancello del The Duck Machine. Quindi, lanciò la corda a Lyo e Odin. "Coraggio, arrampicatevi!"
"Vada pure prima avanti lei" disse Odin a Lyo con un cenno del braccio. Lyonard lo scrutò per un istante, quindi, con agilità sorprendente vista la sua età, si arrampicò in pochi balzi dall'altra parte del cancello. Come se avesse volato.
"Wow! Ma come hai fatto?" domandò Pk.
"Perchè, ti credi che fossi un nonnetto acciaccato e deficiente, per caso?" sbottò Lyo mentre Odin si arrampicava a sua volta con scioltezza. Quando si furono calati dall'altra parte, Pk lasciò andare la corda e si buttò a sua volta. Per fortuna, il cancello non era molto alto.
"Allora. Adesso come procediamo?" domandò Pk balzando in piedi. Davanti a loro c'erano file e file di macchine, una sopra l'altra: un gigantesco labirinto ferruginoso.
"Cominciamo a cercare." decretò Lyo. "Sarà meglio dividersi. Ognuno di voi guardi se Robby è qui intorno."
"ROBBY?!" esclamarono Odin e Pk guardandosi sorpresi.
"Ehm... Lyo? Chi sarebbe questo Dobby?" domandò Pk
"Robby, non Dobby!" lo corresse Lyo "Aspetta e vedrai, eroe."
Quindi, con un cenno, si incamminò tra le file di macchine. La sua voce si levava alta e stridula
"Robby! Ehi, Robby! Robby, dove sei? Robby, sono io!"
"Il tuo amico è pazzo" disse Odin
"Sono proprio curioso di vedere chi sia questo Robby" replicò Pk "Coraggio, signor Eidolon, diamoci una mossa" aggiunse, cercando di fare il coraggioso.
Seguito da Odin, cominciò a camminare lentamente fra le macchine abbandonate. La voce di Lyo ormai era talmente lontana che non si udiva quasi più, e l'unico rumore era l'eco sinistro dei loro passi. L'aria era fredda e gelida, e i nuvoloni neri che si addensavano nel cielo, minacciando tempesta, contribuivano a rendere l'insieme decisamente inquietante. In lontananza, si odì il rombo cupo di un tuono e Pk rabbrividì.
"Adesso ci manca giusto che piova!" borbottò. Non ricevendo risposta da Odin, si volse... e si accorse con sgomento che l'amico era scomparso! "Signor Eidolon! Dove siete?" gridò guardandosi intorno. Quindi, cercò di calmarsi. Odin non poteva essere scomparso... giusto? probabilmente stava cercando "Robby" e aveva perso le tracce di Pk. Sembrava tutto normale, ma l'atmosfera sinistra colorava la situazione con tocchi irreali. Paperinik dovette schiarirsi la gola per poter parlare di nuovo.
"Ro... Robby? Robby, dove sei?" chiamò, deciso a seguire l'esempio di Odin e Lyo "Robby?" Le ombre delle pile di automobili disegnavano figure grottesche al suolo, e il silenzio che era sceso sul vecchio garage era più terribile di qualsiasi suono. "Se non fossi un supereroe", riflettè Pk, "adesso avrei paura. Ma io sono un supereroe! Sono Paperinik! Ho combattuto alieni di ogni sorta, che paura può farmi un garage derelitt..."
Craaaaaaaaaack!
Pk raggelò. Aveva sentito un rumore che poteva essere quello di una foglia o un ramo secco pestati con violenza. Non sembrava uno scherzo del vento.
"O... Odin?" balbettò. Passi pesanti si diressero verso di lui. "Robby? Rob.. Robby?" balbettò Pk guardandosi nervosamente intorno. UN piccione si levò in volo velocemente poco lontano da lui: che stesse fuggendo da un pericolo in arrivo? Pk strinse a sé l'Extransformer, senza sapere bene da che parte guardare "Sei tu, Lyo? Robby?"
"Grrrrrrrrrr"
"Odin?"
Pk spostò lo sguardo tutt'intorno. Aveva sentito un ringhio, ma nel buio crescente non vedeva nessuno. Eppure la voce era così vicina che il proprietario avrebbe dovuto essere ben in vista. A pensarci bene, poteva anche non essere un ringhio. Forse era il vento che aveva fatto oscillare l'insegna sgangherata. Già, doveva essere proprio così. Pk pensò seriamente di liquidare la faccenda come uno scherzo della sua immaginazione.
"Odin? Lyo, sei tu? Robby?" chiamò nel buio
"GRRRRRRRRRRR!"
Stavolta il ringhio era molto più vicino. Esattamente dietro di lui. Deglutendo nervosamente, Pk si volse... e dovette trattenere un grido quando si trovò a guardare negli occhi rossi e truci di un cane enorme dall'aria feroce, alto quasi quanto un pony, col pelo liscio e nero e l'aspetto vagamente simile a quello di un enorme lupo. L'animale protese il muso affusolato verso Pk scoprendo zanne bianche e lucenti che mandavano lampi rabbiosi nell'oscurità della notte.
"Ehilà, ti sei perso?" domandò Pk cercando di evitare movimenti bruschi. Al suono della sua voce, il cane ringhiò ancora di più, flettendo le zampe e preparandosi a balzare. "Buono, bel cagnolino" disse Pk con un filo di voce, cercando di attivare il paralizzatore bradionico dello scudo Extransformer. "Cuccia, bravo cane..." balbettò. Le sue mani tremavano talmente che d'improvviso lo scudo gli cadde con un tonfo. Il cane emise un ringhio terrificante e si lanciò all'attacco con le fauci spalancate, balzando alla gola dell'eroe. "Aaaaaaaaarghhhh!" gridò Pk facendosi freneticamente scudo con un braccio e cercando di colpire sul muso il cane ringhiante con l'altro. Le mascelle dell'enorme animale si chiusero a un centimetro dalla sua tuta con uno scatto metallico.
All'improvviso, una voce allarmata risuonò da qualche parte nel garage. Il cane balzò indietro con un ringhio di sfida, gli occhi fiammeggianti come tizzoni ardenti.
"Vattene via, bestiaccia!" gridò la voce "Sciò! Via! Via!"
Girandosi su un fianco nel tentativo di alzarsi, Pk vide Odin Eidolon correre verso di lui mulinando vorticosamente le braccia e urlando ad alta voce. Il cane abbassò di un passo, ringhiando minaccioso. Sembrava riluttante ad abbandonare la sua preda.
"Vattene!" gridò anche Pk con voce che assomigliava molto a un pigolio. "Va' via!"
Di fronte alla superiorità numerica degli avversari, il cane si trovò costretto a capitolare. L'enorme creatura sollevò il muso nero, lanciò un ululato di sfida, e subito dopo si allontanò a grandi balzi tra le macchine.
"Per un pelo!" esalò Pk correndo a recuperare lo scudo e controllando che non fosse troppo danneggiato. "Accidenti, me la sono vista brutta davvero! Chi poteva immaginare che un caro vecchio cane terrestre fosse più pericoloso di un evroniano?"
"Ti senti bene, Paperinik?" domandò Odin aiutandolo ad alzarsi.
"Sì, almeno credo" borbottò Pk cercando di non tremare.
"Che cos'era, un cane o un cavallo?" Odin guardò le macchine nella direzione in cui il bestione era scomparso. "Aveva l'aria cattivella, eh?"
Pk annuì con un sospiro di sollievo.
"Grazie, signor Eidolon, mi ha salvato la vita, e..."
Improvvisamente, si fermò. Odin gli lanciò un'occhiata d'intesa. Entrambi avevano sentito rumore di passi in avvicinamento! Passi rapidi, sempre più rapidi...
"VATTENE VIA!" gridarono insieme quando un'ombra scura si disegnò davanti a loro.
"Andarmene via? Perchè dovrei?" domandò Lyonard d'Aq, sorpreso. Odin e Pk spalancarono gli occhi, sollevati e sorpresi al tempo stesso.
Pk fu il primo a riaversi.
"Scusa, Lyo! Ti avevamo scambiato per qualcun altro!" spiegò.
"Avete trovato Robby?" s'informò Lyo "Ho sentito le vostre voci e ho pensato che l'aveste trovato."
Odin ridacchiò mentre Pk roteava gli occhi sbuffando.
"Ehm... Lyo?" disse, guardando il custode come se fosse stato matto "Come possiamo averlo trovato, se non sappiamo nemmeno chi stiamo cercando? Insomma, chi è questo tuo amico Rob... gaaaaaaak!" strillò, quando un cane balzò fuori dall'abitacolo di una macchina e gli si gettò in braccio, abbaiando festosamente. Aveva la pelliccia bianca panna con chiazze color cioccolato, gli occhi azzurri e un'orecchia curva, ma doveva essere parente del gigantesco mostro nero: infatti la taglia era più o meno la stessa, e malgrado questo fosse amichevole e giocherellone, era riuscito a scagliare a terra Pk come fosse stato fatto di carta. Il cane abbaiò allegramente all'eroe prima di correre a fare le feste a Lyo: sembrava averlo riconosciuto.
"Ciao, Robby!" esclamò l'anziano custode, in lacrime, mentre il cane gli balzava in braccio "Ti ricordi di me, eh? Quante avventure hanno passato i tuoi antenati e Astrongman..."
"Lyo, e lui chi sarebbe?" chiese Pk allarmato mentre si rialzava borbottando.
"Oh, già!" fece Lyo felice come una pasqua. "Eroe, ti presento Robby! Credo che sia il quarto o il quinto Robby di Featherland Street"
Odin scoppiò a ridere, Pk strabuzzò gli occhi
"Vo... vorresti dire che lui è Robby?" domandò "Ma... ma..."
"Adesso ti spiego." disse Lyo "Tutto risale a molti anni fa. Un giorno, Astrongman trovò un cucciolo abbandonato. Doveva avere sangue di lupo, ma non era di pura razza. Aveva un fiuto stupendo es era un cane estremamente dolce e affettuoso. Malgrado ciò, e malgrado si fosse molto affezionato ad Astrongman, il cucciolo, chiamato Robby, non si abituò mai alla vita nella Century. Venne a vivere qui. Astrongman veniva a portargli il cibo e a giocare con lui, e Robby si dimostrava utile quando c'era qualcuno da ritrovare. Il suo fiuto era imbattibile. Poi, due anni dopo, Astrongman lo vide correre insieme a una femmina randagia: poche settimane più tardi, Robby si presentò con un cucciolo. Sembrà un segno: tutto andava per il meglio e il cucciolo aveva imparato lo stile di vita del padre. Fino a che, un brutto giorno, Robby non si presentò più. Erano passati molti anni, e lui era così vecchio. In compenso, il figlio sembrò deciso a seguirne le orme come alleato di Astrongman, e così via di generazione in generazione. Credo che ci siano stati per lo meno cinque famiglie di Robby, qui a Featherland Street."
"Cioè una specie di Commissario Rex?" domandò Pk. Prima che Lyo potesse rispondere, però, un ringhio profondo risuonò nell'aria, e il gigantesco cane nero fece capolino tra una Ducksmart e una Paper-Romeo. La sua coda sferzava l'aria, e le labbra erano sollevate a mostrare la dentatura lucente.
"No!" gridò Pk stringendo l'Extransformer, deciso a non farsi sorprendere tanto facilmente come la prima volta. Lyo spalancò gli occhi, sbalordito. Stranamente, il socievole cane bianco lasciò Lyo per dirigersi verso il gigante nero. Pk strabuzzò gli occhi quando lo vide scodinzolare e guaire al nuovo venuto, le orecchie abbassate in segno di sottomissione. Il cane nero, che doveva probabilmente essere il padre o un parente più anziano, del resto, gli lanciò solo un ringhio di ammonimento, e riprese ad avanzare senza degnarlo di uno sguardo. "Lyo! Guarda cos'ha fatto quel traditore del tuo cane! E' passato al nemico!" sbraitò Pk. Lyo lo guardò confuso e seccato.
"Nemico? Ma cosa dici!" lo rimproverò, quindi, con gli occhi lucidi, si diresse verso il cane nero. Questi aveva ringhiato fino a un minuto prima contro Odin e Pk, ma quando vide il custode avvicinarsi, smise qualsiasi atteggiamento bellicoso. Sollevò la testa e le orecchie e il suo pelo irsuto si rilassò, mentre un lampo d'amicizia passava negli occhi rossi. Sempre studiando il comportamento del papero, il gigante nero emise un breve abbaio secco: quasi un saluto. A quel punto, Lyo gli lanciò le braccia al collo scoppiando in lacrime, cosa che lasciò il cane piuttosto perplesso.
"Robby IV... tu mi riconosci... ti ricordi ancora di me..." singhiozzò Lyo mentre il cane scodinzolava gentilmente leccandogli il volto come per consolarlo. Con un sorriso raggiante, il custode si volse verso Pk e Odin "Visto? Mi riconosce!" esclamò.
Pk, che aveva osservato la scena a becco spalancato, emise un verso strozzato, quindi sbraitò furibondo:
"Ehi! Aspetta un secondo! Vuoi forse dirmi che questo... questo mostro sarebbe Robby?!"
"Ma quale mostro! E' un cagnolino così tenero..." lo rimbeccò Lyo. Per dimostrare quanto fosse tenero, il cane nero si volse verso Pk e scoprì i denti in un ringhio inquietante. L'eroe si affrettò a portarsi dietro l'Extransformer.
"Ohè! Lyo, il tuo cane ha già cercato di attaccarmi una volta! Il signor Eidolon l'ha visto, vero, signor Eidolon?" sbraitò Pk "Questo Dobby-come-si-chiama ce l'ha con me! Si può sapere cosa diamine gli ho fatto?"
"Si dice Robby, non Dobby" lo riprese Lyo, saccente. "E come vedi, con me è un cane docilissimo!"
"Sì, ma sarò io a doverci lavorare insieme! Chi mi dice che alla prima occasione, questo Robby non mi sbranerà?"
"Ma no!" esclamò Lyo con un cenno della mano "Il fatto è che ancora non ti conosce. Lasciagli un po' di tempo e vedrai che diventerete inseparabili."
"Su questo ho i miei dubbi" borbottò Pk.
"Ma cosa ti costa dargli una possibilità?" ribattè Lyo "Senti, se non troveranno il criminale che state cercando, ammetterò che avevi ragione. Ma tu prova a dare loro una traccia. D'accordo?"
Era una sfida, Pk lo sapeva. Suonava come una sfida. Ma negli occhi di Lyo non leggeva competitività, solo una sorta di malinconia.
"E va bene." sbuffò. "A proposito, tu vieni con noi...?"
"No grazie." declinò il custode. "Io me ne torno alla Century."
"Ma Lyo, la Century è piuttosto lontana..." osservò Pk.
"Oh, camminare non può che farmi bene." disse Lyo con un sorriso misterioso. "Ci vediamo, eroe."
"Ma Lyo..."
Il custode, però, si stava dirigendo verso l'uscita, sotto lo sguardo perplesso dei due cani giganteschi, e non gli rivolse più la parola.
"Ehi! Guarda che se vuoi un passaggio..." cominciò a dire Pk. Lyo non lo lasciò finire: la sua ombra si fermò sotto al cancello, quindi l'anziano papero lo scavalcò con agilità felina. Pk spalancò gli occhi: non avrebbe mai pensato che una persona anziana, come Lyo, potesse arrampicarsi tanto bene (malgrado Zio Paperone, a volte, avesse fatto di peggio, pur di raggiungere del denaro) e in fretta.
Odin emise un basso fischio di ammirazione mista a sorpresa: non doveva essere in grado di credere ai suoi occhi nemmeno lui.
"Lyo non finirà mai di stupirmi" decretò Pk. "Ma parliamo di cose serie. Per esempio... come facciamo a dare a questi due giganti" disse indicando i due Robby con un segno del pollice (azione che provocò un nuovo ringhio del cane nero) "una traccia di Lyla? Dovremmo portarli al Duckmall, ma mi sembra escluso che possano entrare nella Pi-Kar, specie quello nero."
Pk valutò attentamente la stazza dei due cani, e li paragonò mentalmente con l'abitacolo della Pi-Kar. No, fuori discussione. Tra l'altro, non c'era nemmeno Uno in grado di fare il pilota automatico.
"E se li portassimo a casa di Lyla? Dovrebbero esserci abbastanza tracce olfattive perchè possano rintracciarla" suggerì Odin.
"Sempre troppo lontano. Siamo in piena periferia" obiettò Pk
"Potremmo andare noi, raccogliere qualcosa che appartenga a Lyla, e poi tornare qui e dare la traccia ai cani." disse ancora Odin.
"Ma neanche per sogno! Quello lì mi voleva già ammazzare la prima volta! Senza Lyo, io qui non ci torno neanche morto" disse Pk. D'improvviso, il volto di Odin si illuminò.
"Forse ho un'idea."
"Quello sguardo non mi piace, signor Eidolon."
"No, ascolta. E' semplice. Lyla è un droide, no? Lo sono anch'io. Per cui..." si strinse nelle spalle "Credo che non faccia troppa differenza, se fiutano me o lei."
Pk rimase per un attimo senza parole. Effettivamente, Odin non aveva torto: avrebbe potuto funzionare...
"D'accordo, tentiamo." decretò. "Dovremo seguirli in volo, dalla Pi-Kar..."
"E se li perdiamo?" domandò Odin, improvvisamente inquieto.
"Dovrei avere qualcosa... aspetti un secondo." Pk si frugò in tasca e finalmente apparvero due rilevatori di posizione, collegati allo scudo Extransformer. Premette un pulsante, e sullo scudo apparve una piantina virtuale di Paperopoli, con un trattino verde lampeggiante proprio dalle parti del The Duck Machine. Fortunatamente, pensò con un sospiro di sollievo, i marchingegni di Uno funzionavano ancora alla perfezione. "Perfetto! Non resta che collegarli ai collari..."
"Ehm, Pk?" disse Odin "Non so se l'hai notato... loro non hanno il collare."
Pk si volse verso i cani ed emise un gemito di sconforto. Accidenti, Odin aveva ragione. Ma perchè tutto doveva essere sempre così complicato?
"Aspetti. Forse ho un'idea." disse d'un tratto. Estrasse il coltellino svizzero che portava sempre con sé ed estrasse la corda che aveva consentito a Odin e a Lyo di superare il cancello. Quindi, ne tagliò due pezzi, lunghi abbastanza per ricavarne due collari alla buona. Odin ridacchiò
"Ne sai una più del diavolo, Pk" disse con un cenno divertito del capo
"Che ci vuole fare, è la prassi" replicò Pk sarcastico, dirigendosi verso i due cani. Robby V, il giovane e giocoso cane bianco, gli piombò addosso scodinzolando allegramente, sperando di ricevere alcune coccole: una faccenda piuttosto dolorosa per Pk, il quale, però, riuscì comunque ad allacciargli il collare. Quindi, l'eroe balzò in piedi, borbottando "Ohi ohi! Mi devo essere rotto tutto lo scheletro! Qualcuno dovrebbe metterlo a dieta, questo bestione" esclamò dolorante. "Pesa una tonnellata!"
Purtroppo per lui, però, questo era solo l'inizio. Se il cane bianco era mastodontico ma socievole, quello nero era mastodontico e decisamente collerico. Appena Pk si avvicinò, cercò disperatamente di fuggire, ma la strada era sbarrata da un grosso camion ammaccato, troppo alto perchè il cane potesse superarlo con un balzo. Trovandosi con le spalle al muro, il cane si volse verso Pk, abbassando la testa e rizzando il pelo, gli occhi fissi in quelli dell'eroe. Quando Pk cominciò ad armeggiare con il collare, Robby IV emise un brontolio sordo e irrigidì impercettibilmente i muscoli delle zampe.
"Buono, cagnolino. Buooooono, cagnolino" disse Pk con voce suadente, cercando di non tremare sotto lo sguardo letale del gigantesco animale. Quando il papero gli passò la corda intorno al collo, il brontolio del cane si trasformò in un ringhio. E quando Pk cercò di annodare il collare improvvisato, il ringhio mutò in un ruggito in piena regola, e in balenare di zanne il cane cercò di morderlo.
"Aaaaahhh!!!" gridò Pk saltando indietro, mentre il cane nero gli abbaiava rabbiosamente contro "Lasciami stare. Lasciami stare, razza di pazzo psicopatico!"
Robby continuò ad abbaiare furibondo, mentre Pk sguainava l'Extransformer, pronto a difendersi in caso di attacco.
"Ha visto anche lei, signor Eidolon?!" sbraitò "Questa bestiaccia mi ha assalito! Ma si può sapere cosa gli ho fatto? Perchè ce l'ha tanto con me? Eh?"
"Non devi avere un atteggiamento minaccioso nei suoi confronti. Ha reagito per difendersi" spiegò Odin.
"Io non ero minaccioso! Ma lo sarò adesso!"
"Con il tuo permesso, Pk, posso provare io a mettergli il collare." disse Odin con un rassicurante cenno della mano "Dopotutto, a me non può fare del male"
"Non ci scommetterei troppo... quella bestia ha dei denti come cacciaviti! Misericordia, signor Eidolon, stia attento!" disse Pk. Odin scrollò le spalle e si avvicinò al cane sollevando le mani. Come un poliziotto che stesse cercando di trattare con un uomo armato.
"Ehi, cagnolino. Non aver paura. Non voglio farti del male." disse, avvolgendo con estrema lentezza la corda intorno al collo di Robby IV. Il cane emise un altro brontolio sordo, ma stavolta non attaccò, malgrado avesse il pelo ritto e gli occhi fiammeggianti di rabbia. Dopo aver applicato il rilevatore, Odin si rialzò. Il cane si limitò a non perderlo mai d'occhio.
"Oh, questa poi!" esclamò Pk sbalordito "Ma allora sei proprio dispettoso!" inveì rivolto a Robby, che gli ringhiò contro.
"Adesso lavori addirittura con i cani, signor Pikappa?" domandò una voce fredda. Odin, Pk e lo stesso Robby IV fecero un salto per la sorpresa quando un papero alto e magro, con corti capelli rossi e occhi inquieti celati da occhiali tondi, da cieco, uscì da dietro un camion con passo strascicato. Lo sconosciuto indossava un completo nero, come quelli dei ladri, sotto a un impermeabile molto lungo, color senape, e li squadrava con espressione impenetrabile. A Odin sarebbe potuto sembrare un qualsiasi paperopolese, ma Paperinik lo conosceva bene. Non si dimentica così facilmente la persona che ha cercato di spararti e non c'è riuscita per caso fortuito.
"Tyrrel Duckard!" esclamò Pk sbalordito. La sorpresa lasciò il posto all'ira: l'eroe balzò in piedi sguainando il suo scudo e parandosi tra Odin e il nuovo venuto. "Scappate, presto! Questo tizio è un criminale evaso, e l'ex-fidanzato di Lyla!" sbraitò a Eidolon.
"Stai calmo, signor Paperinik" disse Tyrrel con un sorrisetto compiaciuto: questo qua sta ridendo di me, si disse Pk furibondo "Non sono qui per vendicarmi, attualmente."
"Stai fresco se pensi che ti creda! Hai già cercato di farmi la pelle una volta, tu, razza di..."
"Non ci crederai, ma non sono minimamente interessato alla vendetta. Del resto, quale utilità può avere, dal momento che il mio unico obiettivo è tornare a Time 0?" disse Tyrrel in tono paternalistico. "Comunque, non stavo cercando te.. e malgrado sappia che ti riuscirà difficile credere anche a questo, non pensavo nemmeno di trovarti qui. Stavo semplicemente... passeggiando. Lontano dalla P.B.I, se possibile." aggiunse con una risatina chioccia.
"E infatti hai indovinato, non credo a una parola di quello che dici!" rispose Pk.
"Certo, certo" replicò Tyrrel annoiato. Il suo sguardo indifferente scivolò da Pk a Odin ai due Robby, per fermarsi di nuovo su Odin in un moto di sorpresa. "Cosa..?" esclamò con voce strozzata. "Lei... lei è... signor Eidolon... lei qui?" Sul suo volto si dipinse un'espressione di stupore misto a gioia. "Questo... significa forse che...?"
"Non significa assolutamente niente." replicò Odin frettoloso. "Si tratta di un esperimento altamente rischioso ma che è ancora troppo impreciso per poter risolvere il problema della microcontrazione, caro mio."
Il volto di Tyrrel si incupì.
"E ti comunico anche, che se a causa di questa nostra... divergenza, avrai intenzione di portarmi rancore, ne avresti ben donde visto che io sono il nuovo fidanzato di Lyla." l'informò Odin. Tyrrel non sembrò minimamente sorpreso.
"Perchè mai dovrei portarle rancore?" domandò con voce piatta. Odin parve spiazzato.
"Non mi porti rancore?"
"Ho offerto a Lyla la possibilità di salvare il nostro amore, e di tornare con me a Time 0, ma se lei preferisce questa squallida periferia di tempo, fra noi è tutto finito" disse Tyrrel guardandosi intorno con aria disgustata.
"Grazie mille!" ribattè Pk "Sono molto vicino a offendermi!"
Senza prestargli attenzione, Tyrrel tornò a squadrare Odin
"Mi spieghi una cosa, signor Eidolon: come può lei essere il nuovo fidanzato di Lyla, se sa bene quanto me che Lyla è un droide? O forse non lo sa?" aggiunse con un sorrisetto provocatorio.
"Lo so benissimo." ribattè Odin, glaciale. "Il fatto è che..." incerto, si guardò intorno. Tyrrel era un tempoliziotto: come tale, avrebbe potuto rendere di pubblico dominio il suo segreto. Ma lui dopotutto era bloccato in questo tempo... Odin sollevò stizzosamente i fieri occhi scuri su di lui "Tyrrel Duckard, si dà il caso che anch'io, come Lyla e te, sia un droide."
Tyrrel aggrottò un sopracciglio: non sembrava avergli creduto. Forse pensava addirittura che Odin fosse pazzo.
"Se lo dice lei..." commentò guardandosi intorno con aria pigramente serafica.
"Allora ciao, eh?" fece Pk in tono allusivo. A lui, la compagnia di Duckard garbava ancora meno che a Odin (e aveva idea che malgrado quei due sembrassero socievoli, fossero in realtà pronti a cavarsi gli occhi alla prima occasione, come cane e gatto): dopotutto, era pur sempre lo stesso papero che solo qualche mese prima l'aveva minacciato con una pistola puntata alla tempia.
Come al solito, Tyrrel non l'ascoltò. Invece, dopo aver volto lo sguardo su tutto il garage, proruppe con sarcasmo:
"Ma dov'è Lyla? Voglio complimentarmi con lei per questa bella notizia"
"Dubito che sarà possibile." mormorò Odin mestamente
"Davvero? E perchè mai?" domandò Tyrrel, apprendo per la prima volta vagamente sorpreso.
"Senti cocco, non fare il furbo con me!" esclamò Pk furibondo "Non è possibile che almeno un telegiornale non abbia ancora mandato in onda la notizia!"
Tyrrel lo guardò come qualcosa di spiacevole attaccato a una scarpa.
"Anche se fosse, irascibile paperuncolo mascherato, non potrei saperlo, visto che è tutto oggi che sto fuori casa." l'informò.
"EHI! Aspetta un secondo, ciccino bello! Tu sei ricercato, come hai fatto a comprare una casa?" sbottò Pk.
"E comunque non credo che la mia casa abbia un televisore." continuò Tyrrel imperterrito senza ascoltarlo, indicando con un cenno del capo una Paperlina color verde veleno dalla carrozzeria sfasciata, ridotta peggio della 313-X dopo il suo primo incontro con Xadhoom. Pk guardò l'ex-tempoliziotto, stupito.
"Vuoi dire che quella è casa tua?"
"Ma certo. Quando si è ricercati, niente è meglio di una casa mobile. Però non ha la televisione." disse Tyrrel.
"Beh, effettivamente non hai tutti i torti..." ammise Pk, dubbioso.
"Allora, potrei sapere quel che avrei dovuto apprendere se avessi avuto la televisione? Cos'è successo a Lyla?" domandò Tyrrel.
"Lyla è stata rapita." ammise Odin.
"Come, scusi?"
"Lyla è stata rapita. Ci trovavamo al centro commerciale... il Duckmall Center, quando una droide ha fatto irruzione e l'ha rapita." spiegò Odin.
"Una... che?"
"Una droide. Più forte di un droide da battaglia. Più avanzata della stessa tecnologia Eidolon. Per questo mi ha lasciato sorpreso."
Tyrrel sembrò prendere in considerazione l'idea, quindi rise
"Scusi, mi lasci capire. Lyla è stata rapita, e invece di cercare la droide incappucciata, voi siete qui a giocare con i cani?" domandò con un sorriso stereotipato.
"Senti ciccio, a me non si parla in questo tono, chiaro?!" sbraitò Pk davvero furibondo. "I cani ci servono per trovare Lyla! Altrimenti non riusciremo mai a sapere dove quella pazza l'abbia nascosta, hai capito, signor Sapientone Sceso dal Cielo?"
Tyrrel sbadigliò.
"Se lo dici tu, paperuncolo..."
"E NON chiamarmi paperuncolo!" ringhiò Pk.
Tyrrel rise spavaldamente. Pk era molto tentato di prenderlo a pugni, ma Odin lo trattenne posandogli una mano sulla spalla.
"Lascialo perdere, Paperinik" bisbigliò.
"Ne ho abbastanza di questo patetico tempo. Per questo motivo..." attaccò Tyrrel
"E io ne ho abbastanza di te, Duckard!" sbottò Pk perdendo le staffe.
"... per questo motivo ho intenzione di aiutarvi nelle ricerche di Lyla" continuò quello, senza dargli retta.
"E io ho intenzione di aumentarti la statura con un colpo ben piazzato sulla zucca... come hai detto?" domandò Pk fermandosi di colpo.
"Proprio così." replicò Tyrrel con uno sbadiglio sonoro. "Forse questo tempo mi sembrerà meno noioso, in questo modo. Ma ne dubito molto" aggiunse con aria critica.
Pk non disse nulla per un istante. Sembrava quasi che stesse riflettendo. Quindi, improvvisamente, sbraitò:
"SCORDATELO!"
La sua voce era così alta e stridula che Robby IV cominciò ad abbaiargli contro, ma il supereroe era troppo infuriato per ascoltarlo.
"Hai cercato di uccidermi! Era una velata minaccia, bella e buona, anzi, neppure tanto velata! Credi che me sia già dimenticato?" gridò Pk rabbioso.
"Proprio così, ho cercato di ucciderti" disse Tyrrel "E nelle stesse circostanze, lo rifarei. Del resto, tu hai cercato di fermarmi, di impedirmi di lasciare questo secolo fallito pieno di gente fallita..."
"Stai ZITTO!" sbriatò Pk perdendo le staffe: si rimboccò le maniche e efece per lanciarsi contro il droide. Ma Odin, inflessibile, lo trattenne.
"Signor Eidolon!"
"Pk, lascialo perdere. Lascialo perdere!"
"Non si immischi signor Eidolon... questo ceffo mi ha minacciato con la pistola!"
"Adesso non abbiamo tempo per picchiarlo, dobbiamo trovare Lyla!"
"Sarà, ma io quello lì non ce lo voglio! Capito? Porterà soltanto guai!" sbraitò Paperinik.
"Da bravo, signor Paperinik, faccia come dice Odin Eidolon" lo punzecchiò Tyrrel con un sorrisetto.
"Lo sente? Provoca anche!"
"Certo, in questo relitto di tempo, in mezzo a rimbambitelli come voi, non c'è molto altro da fare" proseguì imperturbabile l'ex-tempoliziotto.
"Ma insomma! Piantala di insultarci!" esclamò Odin, a sua volta spazientito.
"Lo sai che sei un gran villano, Duckard?" gridò Pk infuriato. "Sei l'individuo, o il droide, più maleducato che abbia mai conosciuto in vita mia!"
"Anche tu mi dai ai nervi, Paperinik" ribattè Tyrrel "Adesso troviamo Lyla, poi potremo... discutere della faccenda da papero a papero"
"Cos'ho detto un minuto fa? Sei duro d'orecchi, marmocchio?!" replicò Pk in tono brusco "Ho una pessima sensazione nei tuoi confronti! Tu con noi non ci vieni, discorso chiuso!"
"Non avete scelta." replicò Tyrrel serafico. "Dovete per forza lasciarmi venire con voi."
"Altrimenti?" ringhiò Pk.
"Altrimenti," continuò quello, imperturbabile, "dirò alla polizia che ti stai immischiando in un caso che non è di tua competenza."
Gli occhi di Pk lampeggiarono di rabbia.
"E' un ricatto, questo?" sibilò.
"Che parola grossa usi, mio irascibile amico mascherato!" Tyrrel scosse il capo come se Pk l'avesse offeso "Si tratta solo di... un accordo."
"Altro che accordo! Questo è un ricatto bello e buono!" sbraitò Pk "Ma non finisce qui, Duckard! Tu sei ricercato! Appena ti presenterai alla polizia, non ti staranno nemmeno ad ascoltare: chiameranno i federali e ti sbatteranno in prigione prima che tu abbia il tempo di dire a!"
"Non se io mi consegno spontaneamente alla giustizia e fornisco loro preziose informazioni per fermare il 'paladino della legge' che ficca il naso dove non dovrebbe." rispose Tyrrel
"Ehm... Paperinik?" chiamò Odin.
"Stia un po' zitto, signor Eidolon, non vede che sto parlando?"
"Ascoltami, ti prego! Se lui" disse Odin, indicando Tyrrel con un cenno sprezzante del capo "avverte la polizia, loro potrebbero non gradirlo. Ti impedirebbero di cercare Lyla. Paperinik, ti supplico, è importante per me trovarla..."
Pk ringhiò, combattuto. Poteva capire che Odin fosse innamorato, ma continuava ad avere una pessima sensazione nei confronti di Tyrrel Duckard.
"E va bene." sbottò, inviperito. "Ma sia ben chiara una cosa. Al primo scherzo che ci tiri... far saltare un appostamento o qualsiasi altra cosa... sarò io stesso a consegnarti alla P.B.I!"
"E' una minaccia?" domandò Tyrrel con un lampo cattivo negli occhi azzurri.
"Tienilo soltanto a mente."
"Oh, ma allora è proprio una minaccia"
"E' un consiglio, Duckard. Niente più che un consiglio. Così non verrai a dirmi che non ti avevo avvertito." concluse Pk glaciale. Qualcosa, nelle parole del droide, non l'aveva convinto. Ma adesso era troppo preoccupato per Lyla, e troppo furibondo, per farci caso. Così, liquidò la faccenda con una scrollata di spalle.
"Hai fatto una buona scelta" sghignazzò Tyrrel
"Taci, se non vuoi che mi arrabbi sul serio!" replicò Pk infuriato. Quindi, con un sospiro forse un po' teatrale, si volse verso i due Robby, che chissà cosa avevano capito di tutta quella scena. "Signor Eidolon, porga loro la mano." ordinò.
"D'accordo." annuì Odin. Si inginocchiò e tese un braccio verso i due cani, che lo annusarono con aria sospettosa. Quindi, si rialzò e volse lo sguardo su Pk.
"Suppongo che sia il mio turno di mimare il commissario Brandtner..." esordì il papero mascherato, cercando di spezzare la tensione. "Okay, Robby! Cerca! Cerca, Robby! Cerca!"
I due cani capirono al volo l'ordine di Pk e assunsero un atteggiamento decisamente professionale. Robby V sollevò il naso nero in aria mentre Robby IV fiutava rumorosamente il suolo. Mezzo secondo dopo, il loro olfatto aveva captato una traccia ben riconoscibile, tra milioni di altre.
Con un abbaio che sembrava un ruggito, Robby IV corse via, un bolide nero che sfrecciava nel buio, seguito a poca distanza dal cane più giovane.
"Seguiamoli!" ordinò Pk. Tyrrel e Odin lo seguirono fino al cancello, che i cani superarono con un balzo elegante: quindi, sparirono nell'oscurità notturna.
"Li abbiamo persi?" domandò Tyrrel con un'espressione che Pk non riuscì a definire.
"Macchè persi!" lo zittì con un cenno delle spalle. Volò oltre il cancello e si affrettò a lanciare un capo della corda ai due droidi "Sbrigatevi! Non abbiamo molto tempo!" disse severamente mentre Odin si inerpicava con agilità sul reticolato e lo superava con un balzo. Tyrrel invece guardò la corda come qualcosa di spiacevole attaccato a una scarpa.
"Esci o no?!" chiese Odin, che stava cominciando a perdere la pazienza.
"No grazie" fece Tyrrel con severità "Certi mezzucci sono molto al di sotto del mio budget abituale."
Prese la rincorsa, e compì un doppio salto mortale, superando il cancello e atterrando con una piroetta davanti a Pk e Odin.
"Grazie, troppo gentili" disse, inchinandosi a un pubblico immaginario.
"Esibizionista" borbottò Pk tra i denti "Tu ci farai ammazzare tutti!" a Paperinik, Tyrrel non piaceva. Era ancora più insopportabile della prima volta che si erano incontrati: il suo sorrisetto compiaciuto, riflettè amaramente, ricordava molto quello di Fitzroy. "Coraggio, saliamo in macchina" sbottò, cercando di distrarsi da quei pensieri arcigni.
"Quale onore, volare su una carretta del genere" disse Tyrrel sarcastico
"Bada a quello che dici o la carretta, come la chiami tu, farà un'inversione di rotta verso la P.B.I!"
Con un grugnito rabbioso, Pk controllò la mappa sull'Extransformer mentre Odin e Tyrrel si aggrappavano all'abitacolo della Pi-Kar. I due Robby correvano veloci: si trovavano nei pressi di casa sua ed erano diretti verso il centro di Paperopoli. 'Vediamo dove ci condurrà il nostro droide incappucciato', riflettè Pk mettendo in moto la macchina. L'attimo dopo, la Pi-Kar si alzò in volo, ombra fra le ombre...


PARTE SECONDA: Il Gatto col Topo

"AAAAAAAARGHHHHHH!"
Con un ringhio agghiacciante, la droide incappucciata sferrò un calcio indispettito a un condotto dell'acqua. Il tubo si incrinò e si ammaccò, ma resistette. Questo sembrò oltraggiare l'incappucciata ancora di più.
"Al diavolo! Che rottame di secolo!" sbottò amareggiata, sedendosi sul gradino di una scaletta.
"Perchè, ne conosci di migliori?" domandò una voce scanzonata quanto sarcastica. La droide balzò in piedi: qualcuno aveva approfittato dell'oscurità per tenderle un agguato! Un nemico? Era vulnerabile?
Vladimir uscì con passo strascicato da un tunnel, passando attraverso due grate di ferro.
"Hallo!" disse alzando la mano e ridendo chiocciamente.
"Di nuovo tu!" esclamò lei stringendo le mani a pugno "Adesso mi hai proprio stancato!"
Ringhiando gli si lanciò contro: ma Vladimir aveva previsto quella mossa. Prima ancora che lei potesse colpirlo, si aggrappò a una graa che svettava più in alto delle altre, e lì rimase a dondolare in equilibrio precario.
"Ma bene!" ghignò la droide "Un babbeo appeso a un uncino! Sarà un piacere darti una lezione, biologico!"
"Prima devi prendermi!" replicò lui ironico. Non appena la droide corse all'attacco, Vladimir ruotò su sé stesso in una capriola perfetta, e riuscì a issarsi oltre un parapetto
"Adesso ti acchiappo!" ringhiò la droide, salendo furibonda su una scala laterale per raggiungerlo. Non appena si trovò alla sua altezza, Vladimir compì un balzò aggraziato che si sarebbe concluso con un atterraggio dall'altra sponda del canale di scarico. "Mi hai stufato!" sbottò la droide, lanciando un raggio laser contro di lui quando ancora il papero si trovava a mezz'aria. Il giovane russo riuscì a schivare il colpo, ma perse l'equilibrio e cadde miseramente nell'acqua melmosa. Sotto lo sguardo attonito di Lyla e quello furibondo della droide incappucciata, emerse dal canale di scarico, tossendo e sputacchiando
"Non muoverti o sei morto!" ringhiò la droide, puntandogli contro il dito-fucile.
"D'accordo, d'accordo" disse Vladimir alzando le mani e fulminandola con lo sguardo "Posso almeno uscire dall'acqua, per favore?"
"Affogati!" ribattè lei bruscamente, balzando giù dal parapetto e squadrandolo mentre Vladimir usciva dal canale. Quindi, lo sbattè rabbiosamente contro una galleria. "Ascoltami bene, biologico. Io non so chi tu sia o perchè mai tu abbia scelto un luogo tanto idiota per passarci le vacanze, o la vita, o quello che è. Ma se non ti nebulizzi entro un secondo a partire da adesso, stai pur certo che non ne uscirai illeso. E' stata questa la fine di tutti i miei nemici e tu non sei certo un'eccezione! Hai capito bene?" sibilò.
"Io non sono tuo nemico." replicò Vladimir. La voce della droide si spense non appena i loro occhi si incontrarono: quelli di lei, azzurri, freddi, glaciali, assetati di vendetta e pieni di rabbia, quelli di lui scuri, amichevoli e leali. Quelli di Vladimir erano occhi diversi da quelli di Odin... per la prima volta nella sua vita, la droide incappucciata cominciava a dubitare di sè: improvvisamente, il sorriso di Odin, che aveva aspettato per così tanto tempo, non le sembrava più niente di speciale. O quasi.
"Che cosa hai fatto, biologico?!" ringhiò furibonda "Vattene di qui! FUORI! FUORI!"
"Eh?!" Vladimir la guardò come se non avesse capito. Per dare maggior peso alle sue parole, la droide lo spinse furibonda dentro la galleria.
"Vattene! Sciò! Non provare a tornare! Stai lontano da me!" ululò in preda a una crisi isterica "Non farti più rivedere!"
"Ma... ma..." balbettò Vladimir
"SPARISCI! Conto fino a uno!" gridò lei, già pronta a colpirlo con una scarica di raggio elettrico. Non ce ne fu bisogno, comunque: Vladimir scosse le spalle e senza dire un'altra parola scomparve per il cunicolo. Non appena l'eco dei suoi passi fu smorzato, la droide si accasciò a terra, singhiozzando "Come è possibile... io amo Odin... sono sicura... come posso provare qualcosa anche per questo miserabile papero biologico? Perchè mai mi preoccupo della sua salute?" singhiozzò disperatamente, prendendosi la testa fra le mani. Lyla la guardò, perplessa.
"Ascolta..." cominciò a dire.
"ZITTA! STAI ZITTA!" urlò la droide colpendo con un gancio destro il muro davanti a sè. Quindi si sedette, tenendo il capo fra le mani e singhiozzando "Perchè?!" ruggì, prima di bisbigliare fiocamente: "Dove sei.. papà? Aiutami tu..."





"Ti dico che stiamo girando in tondo!"
"E allora perchè la mia mappa mi dà un'altra versione dei fatti?"
"Se hai dei materiali scadenti è colpa mia?"
A bordo della Pi-Kar, Pk e Tyrrel si stavano battibeccando sulla direzione presa dai due Robby, le cui posizioni erano ben visibili sulla mappa virtuale. Secondo Tyrrel, infatti, i due cani stavano compiendo dei giri in tondo e si dirigevano verso destinazioni in cui era impossibile per un fuggitivo trovare un nascondiglio. Pk ribatteva che se Lyo si era fidato di loro, una ragione doveva esserci, e nel frattempo era occupato a guidare la Pi-Kar. Odin, infine, controllava spasmodicamente la mappa e sembrava ansioso.
"Ti dico che è impossibile che qualcuno si nasconda da quelle parti, siamo troppo vicini all'autostrada!"
"Se i cani vanno da quella parte vuol dire che il droide è stato lì!"
"Ma va'! E' impossibile!"
"Ehi, Paperinik, c'è qualcosa di strano." chiamò Odin. Le due spie luminose che segnalavano i cani si erano fermati all'incrocio tra la 15° Chickeneye Street e la Duckling Road - una zona disabitata, in cui c'erano solo i casonetti della spazzatura e un tombino.
"Cosa..?" Pk squadrò la mappa. "Forse il droide si è nascosto dietro i cassonetti.." ipotizzò.
"Ma quali cassonetti!" esclamò Tyrrel con una vena d'impazienza nella voce. "Vedrai, probabilmente quei due botoli hanno visto un gatto e si sono fermati lì"
"Bla bla bla, criticone!" disse Pk "Comunque si fa presto a verificare. Tenetevi forte, gente, possiamo raggiungerli dalla Duckling Road"
"Che cosa?" esclamò Tyrrel stizzito. "Assolutamente no! No! Mai!"
Pk e Odin, perplessi, si voltarono a guardarlo. Tyrrel sembrò confuso, come se avesse appena fatto una terribile gaffe.
"Ehm... beh? Che c'è da guardare?" domandò, fingendo di cadere dalle nuvole. In realtà, i suoi files stavano rischiando pericolosamente un sovraccarico, tanto era nervoso.
"Perchè no mai?" domandò Pk con aria inquisitoria.
"Eh? Perchè?" ribattè Tyrrel con voce stridula "Ecco... che ci andiamo a fare in Duckling Street?!" esordì "Non dovevamo cercare Lyla? Andiamo, è impossibile che quell'essere incappucciato si sia nascosto dietro ai cassonetti! Come ci sarebbe arrivato? Siamo vicini all'autostrada, avrebbero visto la sua macchina, no? A quest'ora ci sarebbe già la polizia, siamo seri..."
"Non so te, ma io mi fido dei Robby. Se il loro olfatto li ha condotti lì, una ragione c'è di sicuro. Perciò sta' zitto" decretò Pk mentre Odin scrutava Tyrrel, incuriosito dai segni di nervosismo dell'altro. Mentre la Pi-Kar svoltava in una stradina laterale per poi dirigersi verso la Duckling, il droide dai capelli rossi appariva estremamente preoccupato. Non faceva che controllare l'orologio, e di tanto in tanto si fermava come se stesse ricaricando i suoi programmi.
"Stai bene?" volle sapere Odin.
"Cosa?" Tyrrel lo guardò come se non avesse capito. "Oh... sì, certo. Perchè?"
Odin crollò le spalle e non rispose.
"Eccoli là" fece Pk quando i due enormi cani si trovarono nel loro campo visivo. La Pi-Kar planò elegantemente a terra, e Robby IV non riuscì a trattenere un ringhio.
"Visto? Non c'è nessuno" esclamò Tyrrel scendendo dalla macchina.
"Aspetta a parlare." replicò Pk scrutando i cassonetti. "Chiunque tu sia, vieni fuori o... gaaaaaak!" strillò quando Robby V lo gettò a terra, abbaiando e scodinzolando. "Piantala Robby, non ho tempo per giocare, adesso!" sbraitò Pk
Robby non sembrava intenzionato a giocare: non appena fu certo di aver avuto l'attenzione di Pk su di sé, cominciò a raspare freneticamente contro il tombino sul pavimento.
"Robby? Che ti prende?" domandò Pk
"Lascia perdere quello stupido botolo!" fece Tyrrel con voce stridula. Robby IV, il cane nero, si volse verso di lui improvvisamente, e scoprì i denti in un ringhio feroce. "Ma che gli ha preso? Di solito i cani mi adorano" esclamò Tyrrel guardando innervosito l'enorme mezzo lupo nero. "Vattene via, bestiaccia!"
"Non ti preoccupare, è aggressivo anche verso di me" replicò Pk senza guardarlo. Lui e Odin erano chini su Robby V, che si comportava in modo quantomeno inusuale. Prima colpiva con il suo grande muso bianco il tombino, poi vi abbaiava contro, e cominciava a raspare l'asfalto con gli artigli.
"E se la droide si fosse nascosta nelle fogne?" chiese Odin meditabondo, guardando Pk.
"E' quello che penso anch'io, signor Eidolon... altrimenti non mi spiego proprio il comportamento di Robby" replicò Paperinik, armeggiando con il coperchio del tombino mentre Robby abbaiava via via sempre più forte.
"No!" disse Tyrrel freneticamente cercando di raggiungere gli altri due. Il gigantesco cane nero, però, gli si era bloccato di fronte e ringhiava minaccioso, sbarrandogli il passo. "Vi dico che è impossibile! La droide incappucciata non si può essere nascosta nelle fogne! Che razza di idea!"
Pk si fermò di colpo. Finalmente, il tassello mancante del puzzle, che l'aveva inquietato ma a cui non aveva prestato attenzione, gli apparve nitido e netto. Come aveva potuto non pensarci prima? Si rialzò e si volse verso Tyrrel sospettoso.
"Duckard..." disse "Come facevi a sapere che Lyla era stata rapita da una droide incappucciata?"
"Eh?" domandò Tyrrel sorpreso.
"Quando eravamo da The Duck Machine, ricordo che tu hai detto: 'Lyla è stata rapita, e invece di cercare la droide incappucciata, voi siete qui a giocare con i cani'. Ma noi non avevamo parlato del cappuccio." riflettè Pk.
"Impossibile! L'ha detto il signor Eidolon!" disse Tyrrel sulle difensive.
"Davvero?" intervenne Odin. "Non credo proprio: io avevo parlato di una droide irascibile e molto più forte di un droide da battaglia. Prima che tu lo dicessi, non avevo accennato al cappuccio."
"E ne abbiamo riparlato soltanto dopo." aggiunse Pk socchiudendo gli occhi, sospettoso.
"Ah... bè... l'avrò sentito alla televisione" disse con voce stridula Tyrrel.
"No, Duckard. Ricordi? L'hai detto tu stesso: la tua macchina non ha il televisore." esclamò Pk "Ecco che cosa non quadrava1 Se l'avessi capito prima..."
"Lui ha capito che nascondi qualcosa!" l'accusò Odin.
"No! Non è vero! Come potrei?" esclamò Tyrrel alzando le braccia
"Non volevi che ci avvicinassimo alla Duckling Road perchè sapevi che eravamo vicini alla meta!" rincarò la dose Pk
"No! Pensavo solo che la macchina rubata poteva essere facilmente riconoscibile, per venire qui doveva per forza essere passata dall'autostrada..." balbettò Tyrrel, pallidissimo.
Lo sguardo di Pk lampeggiò.
"Sai, Duckard, quest'ultima scusa è stata davvero banale. Ti sei fregato con le tue stesse mani."
"Cosa...?"
"Vedi, Duckard, nessuno di noi aveva mai accennato al fatto che la droide fosse scappata in macchina. Come avresti potuto saperlo? Ovviamente, solo parlando con lei..."
"E' una menzogna!"
"No, Tyrrel. E' la verità" sibilò Odin "Troppi punti non coincidono".
Tyrrel sembrò sgonfiarsi come un palloncino.
"E va bene. Avete ragione, sono un alleato della vostra incappucciata."
Odin emise un ruggito di rabbia e lo sollevò per il bavero dell'impermeabile.
"Dove si trova la mia Lyla? Eh? DOV'E'???!" sbraitò.
"Non te lo dirò... MAI!" replicò Tyrrel in un sibilo. Prese il coperchio del primo cassonetto della spazzatura, e cercò di sbatterlo in faccia a Odin.
Robby IV gli si lanciò addosso, ringhiando: le sue zanne si chiusero sul braccio artificiale di Tyrrel, cercando di fargli perdere la presa sul coperchio o, quanto meno, di sbilanciarlo.
"Lasciami andare! Lasciami andare, brutto botolo pulcioso!" sbraitò Tyrrel: afferrò il cane per la collottola, ma Robby IV non perse la presa. Il peso aggiuntivo dell'enorme cane era una zavorra ingombrantissima per Duckard, già impegnato in un violento corpo a corpo contro Odin.
"Signor Eidolon, stia pronto a saltar via!" esclamò Pk, balzando su un cassonetto e prendendo la mira con il suo Extransformer, pronto a colpire Tyrrel alla minima distrazione. Ma prima che potesse anche solo rendersene conto, due mani d'acciaio si chiusero sul suo collo, e cominciarono a strozzarlo lentamente. Pk annaspò cercando di graffiare le mani del nemico, evidentemente nascosto fra i cassonetti: ma non riuscì minimamente a scalfirlo, cosa che gli fece sospettare la presenza di un altro droide. Avevano invaso Paperopoli?
"Noooooooo...." gracchiò Paperinik con voce stridula.
La stretta si faceva sempre più salda e ferrea, e per Pk era sempre più difficile respirare. Cercò di colpire il nemico con l'Extransformer, scalciò e si contorse per riuscire a sfuggirgli: ma di fronte a un attacco a sorpresa aveva pochissime chances. La sua vista si stava appannando, continuava a sentire le urla di Odin e Tyrrel, avvinghiati in uno scontro di pugilato, ma non riusciva a distinguerli chiaramente. La sua testa sembrava sul punto di scoppiare. L'oscurità si dipanò lentamente, lasciando il posto a una nebbia grigia e fredda che sembrò insinuarsi nel cervello dell'eroe, intorpidendo ogni suo tentativo di fuga. Il grigio si tramutò in bianco, poi in rosso e infine in nero, mentre Pk continuava a menare colpi alla cieca, senza nemmeno più rendersene conto. Ormai era troppo debole anche per annaspare in cerca d'aria: l'Extransformer gli cadde dalle mani, la battaglia era persa... e Pk disse frustratamente addio.
Ancora un secondo, e sarebbe morto. Ma proprio in quell'istante, Robby V, il simpatico e dolce cucciolone di un tempo, sembrò rendersi conto del pericolo. Sollevando la testa, l'animale emise un ululato di avvertimento che si spense in un ringhio deciso. Il droide nell'ombra riuscì soltanto a girarsi in un moto di sorpresa, prima che il mezzo lupo bianco lo attaccasse. Una tonnellata di pelo, ossa e zanne si abbattè sull'aggressore, travolgendolo e scagliandolo a terra. Per lo stupore, questi lasciò andare la presa intorno al collo di Pk, e il supereroe, paonazzo e ansimante, rotolò a terra, tossendo e respirando affannosamente.
"Vai via, stupido animale!" sbraitò l'aggressore, cercando di scuotersi di dosso un Robby alquanto infuriato "Vai via, a cuccia! A cuccia!"
"Grrrrrrrrrrrrrr!" replicò Robby, giusto per chiarire il concetto: del resto, lui era un lupo, non un cane. Perchè mai avrebbe dovuto andare a cuccia?
"Pikappa!" fece Odin accorgendosi che il papero mascherato era a terra. Tyrrel lo colpì con un pugno al mento: a quel punto, Odin perse le staffe "Adesso mi hai proprio stufato!" sibilò, facendogli lo sgambetto. Tyrrel rovinò a terra, e Odin ne approfittò per correre ad accertarsi che Pk stesse bene. "Tutto ok? Sei vivo?" domandò, mentre Pk si aggrappava a lui per cercare di alzarsi.
"Sì... credo" replicò debolmente Pk, massaggiandosi il collo ancora dolorante. Gli girava la testa e tremava, ma se non altro era ancora vivo.
"Okay, adesso basta giocare!" esclamò la voce fredda di Tyrrel. Pk e Odin si volsero: il tempoliziotto ribelle era di nuovo in piedi. E li stava minacciando con la pistola. "In alto le mani! Il primo che prova a fare un passo dalso, può considerarsi già uno zombie!"
"Provaci, se ne hai il coraggio!" ribattè Odin minaccioso.
"Stia buono, signor Eidolon! Se lei è un papero, sta rischiando brutto. Se è un droide, rischia brutto lo stesso" minacciò Tyrrel, mirando all'alimentatore a idrogeno. Quindi, si volse verso Robby V, che stava ancora lottando contro l'aggressore di Pk. "Qualcuno richiami quel cane se non volete ritrovarvi con un hot dog!"
"L'avevo detto che avevo una pessima sensazione circa te, Duckard! Me la pagherai! Vedrai se me la pagherai!" ringhiò Pk. "Robby, vieni qui subito!" ordinò poi, rivolto al mezzo lupo. Robby emise un guaito costernato, ma obbedì, saltando indietro. Il droide nascosto nell'ombra si rialzò stancamente, e non appena Pk lo vide in volto, lanciò un'esclamazione di stupore.
"Geena!" esclamò, sbalordito. Forse i suoi occhi gli stavano tendendo un brutto scherzo? Eppure era proprio lei! Be', no. Qualcosa di diverso c'era. Intanto, non era più ammaccata, e inoltre aveva i capelli blu. "Tu... tu non sei Geena... vero?" domandò Pk con voce strozzata. Quindi si volse verso Tyrrel, incerto "Non è lei, no?"
"E cosa vuoi che ne sappia?" replicò il droide con voce fredda e scostante.
"Sì... fzzzzzz... Pikappa. Sono...crrrr.... io." intervenne Geena, guardandolo con occhi spenti.
"Cosa...?" Pk rimase a becco aperto, troppo allibito per spiccicare parola. Finalmente, riuscì a balbettare: "Ma... ma io credevo... Geena... tu eri..."
Geena sorrise freddamente. E, in qualche modo, anche tristemente.
"La mia signora... fzzzzzz.... mi ha riportato in vita. Adesso devo obbedire ai suoi ordini" disse, cercando di parlare il più, chiaramente possibile.
"La tua signora?" Odin quardò Pk che si strinse nelle spalle. "Vuoi dire la tizia che ha rapito Lyla?"
"Geena, ascoltami! Io non so chi ti abbia ridotto così... ascoltami! Tu non sei una macchina! Tu sei viva! Capisci quello che sto cercando di dirti?" esclamò Pk. Possibile che per questo nemico incappucciato, i suoi simili non fossero altro che macchine?
Geena sembrò confusa dalle sue parole. Per qualche istante, il suo sguardo si perse nel vuoto. I suoi files si caricavano e ricaricavano cercando una risposta al quesito che la stava incalzando: Perchè?. Perchè la sua signora le aveva ordinato di uccidere Pk? Pk era l'amico dei droidi. E lei era una droide. Giusto?
"Io..fzzzzzzzzz.... devo... kkk.. eliminarti..." sussurrò, con uno spasmo involontario.
"Qualcosa non ca nella tua programmazione. Faremo meglio ad avvertire la sovrana. Adesso togliamoci di mezzo il problema del nemico mascherato" decretò Tyrrel, prendendo un'altra pistola e lanciandola a Geena. Lei sembrò indecisa: le sue mani tremavano e aveva lo sguardo fissso nel vuoto. Come se dubitasse di quel che stava facendo.
"Tyrrel..." balbettò. "Io... zrrrrrrr... non posso..."
"Eh?" Tyrrel si volse a guardarla, sorpreso. "Ma certo che puoi, Geena..."
"Kkkkk. No, invece. Ffffffffzzzzz.... lui è l'amico... crrr rrrr... l'amico dei droidi!" esclamò Geena attivando la modalità ottica di scambio dati, e inviando a Tyrrel tutte le immagini del suo passato. Nonchè la gentilezza di Pk nei confronti della loro gente.
Tyrrel sembrò incerto.
"Ma... la signora ci ha ordinato..." balbettò. Stava contemporaneamente cercando di sparare e di trattenersi: tremava e sembrava sull'orlo del delirio. Con uno sforzo supremo, riuscì a puntare la pistola contro Paperinik, ignorando Odin. "Addio" sussurrò, cercando di tenere il braccio fermo. Quindi, chiuse gli occhi cercando di obbedire alla sua programmazione e di ignorare i dubbi che lo affliggevano. Fu solo un attimo d'esitazione: ma sufficiente perchè Pk si chinasse e prendesse l'Extransformer. Gli dispiaceva dover attaccare per primo, ma in fin dei conti, quello ormai era il suo mondo: colpisci, o vieni colpito.
"Paralizzatore bradionico!" ringhiò, prendendo frettolosamente la mira contro i due droidi.
"Giù, Geena!" ordinò Tyrrel, balzando a terra e rotolando fuori dalla traiettoria del paralizzatore. Geena reagì un secondo più tardi: riuscì solo a cadere in ginocchio.
In un riflesso meccanico, comunque, il dito di Tyrrel premette il grilletto della pistola, mentre lui balzava in salvo. Il proiettile avrebbe dovuto colpire Pk al braccio, ma Odin, che se ne era accorto, lo spinse a terra proprio all'ultimo secondo. La pallottola colpì il Cassonetto Pendente di Pisa (un'alta pila di cassonetti della spazzatura, uno sopra l'altro, che formavano una sorta di muro compatto, grigio e ferruginoso), che traballò pericolosamente prima di infrangersi rumorosamente al suolo.
Travolgendo Pk, Odin e i due Robby come una valanga di rifiuti.
Tyrrel osservò i cassonetti ribaltati, come se si fosse appena reso conto di cosa aveva fatto. I suoi occhi, sbarrati dal terrore, erano fissi su un cappello blu da marinaretto che sporgeva miseramente tra alcuni coperchi, a testimoniare l'accaduto.
Avrebbe dovuto essere felice. In fin dei conti, aveva eseguito il suo compito. La signora sarebbe stata felice. Ma guardando lo sfacelo tutt'intorno, Tyrrel riuscì solo a pensare che era molto, molto ingiusto.
Una gentile mano metallica gli si posò sulla spalla.
"Tyrrel. Fzzzzz... Stai bene?" domandò Geena con voce tremula.
"Credo... di sì." Tyrrel ebbe un brivido di terrore. "E' stato terribile."
"Già."
Lo sguardo di Tyrrel tornò di nuovo sul cappello blu. E i suoi occhi, per quanto artificiali, si riempirono di lacrime.
"Che cosa ho fatto.." sussurrò. Sembrava ferito, disgustato e sconvolto. La sua espressione colpì il cuore di Geena
"Tu... fzzzz non potevi... crrrrrr.... farci nulla." disse la droide, solidale. "Era la tua programmazione..."
"Ho ucciso delle persone. E questa la chiami programmazione?" domandò Tyrrel con aria scettica.
Geena annuì abbassando la testa, mentre lacrime di rancore scorrevano dai suoi prospettori ottici.
"Non capisco..." balbettò "Perchè, Tyrrel? Fzzzz... perchè lei ci ha chiesto... kkkkk... di eliminare Pikappa? zzzzzzz... L'amico dei droidi?"
Tyrrel scosse le spalle. La cosa lo sconcertava: doveva obbedire alla sua programmazione, ma cominciava a dubitare che la sua programmazione fosse corretta. E Geena... Geena stava piangendo, per quella programmazione. Tyrrel non voleva vederla piangere. Perchè mai non voleva vederla piangere?
"Geena... io..." balbettò, cercando le parole per consolarla. Una voce nella sua testa continuava a ripetere no, non puoi farci nulla, sei soltanto una macchina. Ma un'altra voce sosteneva che una macchina non avrebbe provato tristezza di fronte a un ordine delirante, come eliminare Pk. Una macchina non si sarebbe potuta innamorare.
Innamorare?
"Cosa diamine..." balbettò Tyrrel, cercando freneticamente di aggiornare i suoi files.
"Tutto okay... kkkkk?" domandò Geena, lanciandogli un'occhiata triste.
"Sì... credo... andiamo a dire alla sovrana che abbiamo compiuto l'incarico." balbettò Tyrrel, pallidissimo, cercando di evitare gli occhi azzurri della droide. "E che abbiamo chiuso con questa faccenda."
"Cosa? Crrrrrr." fece lei scrollando i corti capelli azzurri. "Vuoi... ffffff... ribellarti?"
"Voglio semplicemente evitare altri dubbi."
Mentre si lasciava alle spalle i cassonetti caduti, e scoperchiava il tombino, Tyrrel era furibondo. Disgustato. Amareggiato.
Ma quelle emozioni si raffreddarono abbastanza in fretta. E cedettero il posto a un sentimento che non aveva la minima intenzione di svanire.
Era bella.
Era così bella.


Se Geena e Tyrrel si fossero fermati qualche istante, avrebbero scoperto che i fatti non erano andati esattamente come previsto.
Pk aveva già usato un campo energetico per salvare la vita di Juniper: quando le ombre inquietanti dei cassonetti si erano disegnate al suolo, aveva semplicemente fatto lo stesso, traendo provvidenzialmente in salvo Odin e i Robby. Purtroppo, però, Robby IV non vedeva di buon occhio il campo di energia, e questo era senza dubbio un problema. Infatti, il mezzo lupo stava letteralmente impazzendo: ringhiava, abbaiava, attraversava il diametro del campo energetico con un solo balzo, e aveva già mandato sia Pk che Odin a ruzzolare per terra
"Stai buono, Robby!" berciava Pk, cercando disperatamente di calmare il cane nero. Ma Robby non aveva la minima intenzione di ascoltarlo. Dopotutto, era abituato, proprio come i lupi, ad obbedire solo a chi avesse riconosciuto come capobranco; e Pk poteva essere una preda o una minaccia, ma assolutamente non il "suo" capobranco. E poi, quale capobranco si sarebbe chiuso volontariamente in un'orribile e minacciosa trappola verde?
Con un ringhio frustrato, Robby si avventò contro l'Extransformer: non sapeva che cosa fosse, però era sicuro che avesse creato la trappola. Del resto, sembrava un'arma, e per natura Robby era molto sospettoso verso le armi.
"E molla!" gemette Pk cercando di spingere via il grosso mostro nero che faceva il diavolo a quattro per strappargli di mano lo scudo. "Signor Eidolon, mi dia una mano, la prego!"
Odin si avvicinò a Robby e cercò di fargli mollare la presa sullo scudo, ma il cane se lo scrollò di dosso con una spallata che mandò il droide a rotolare per terra, continuando a ringhiare.
"Robby, ascoltami! Ascoltami, maledizione!" esclamò Pk continuando a strattonare lo scudo "Lo so che non sono il tuo padrone! Lo so che non mi conosci bene quanto conosci Lyo! Ma non intendo fare del male nè a te nè a tuo figlio, ho soltanto bisogno del vostro aiuto! Riesci a capire quello che dico?!"
Apparentemente, Robby non capiva. Continuò a stringere la presa sullo scudo, rizzando il pelo ed emettendo un brontolio sordo. Paperinik stava ormai disperando, quando improvvisamente il mezzo lupo spalancò le zanne, e per la tensione, Pk si ritrovò sbalzato all'indietro. Robby abbaiò di nuovo, ma stavolta si trattava di un abbaio più giocoso, che in qualche modo ricordava quello del gioviale cucciolone bianco (il quale aveva osservato la scena con un sorriso canino).
"Prima cerca di sbranarmi, e poi mi fa i dispetti!" gemette Pk dolorante, rialzandosi "Perchè mai deve essere proprio un lupo di una tonnellata? Non poteva essere un piccolo, innocuo e grazioso barboncino?"
"Almeno adesso non è più aggressivo. Mi sa che ti sei conquistato la sua fiducia" osservò Odin con un mezzo sorriso stampato sul volto.
"Capirai..." borbottò Pk roteando gli occhi. "Ragazzi, qui se non ci sbrighiamo il droide incappucciato arriva a Ocopoli, e chi lo piglia più. Tenetevi forte, gente, si decolla!"
L'attimo dopo, l'Extransformer aprì un varco tra le dozzine e dozzine di cassonetti ribaltati. E' pur vero che molti di essi si spalancarono liberando al vuoto il loro contenuto, cosicchè, quando Pk riuscì a emergere dalla montagna ferruginosa, era coperto di rifiuti dalla testa ai piedi.
"Che schifo!" sbottò, allontanando una buccia di banana che aveva sul cappello. "Questa vita da supereroe è così raffinata! Bleah!"
"Vorrà dire che per ringraziarti, dopo che avremo trovato Lyla, ti finanzierò le spese per un nuovo costume" fece Odin, che malgrado tutto aveva sempre un aspetto molto più impeccabile.
"Grazie tante! I vostri soldi non valgono, in questo tempo!" ribattè Pk, sarcastico. "In ogni caso, mi basta riuscire a liberare Lyla e prendere a calci nel sedere quella tizia incappucciata... naturalmente a patto che mi invitiate al vostro matrimonio"
"Puoi contarci" Odin gli fece l'occhiolino. In quel mentre, Robby IV li interruppe abbaiando seccamente. Lui e il cane più giovane stavano annusando il tombino al suolo, e sembravano decisi a non lasciare quella pista. Inoltre, Robby IV rizzò il pelo nero come l'inchiostro ed emise un ringhio di sfida. Lo stesso ringhio che aveva rivolto a Tyrrel Duckard.
Odin guardò Pk, esitante.
"Pensi che...?" domandò.
"... che siano andati da quella parte? Ci può scommettere." annuì Pk. Ma, ricordando bene il suo ultimo incontro con Geena, si premurò di lanciare un'occhiata circospetta tutt'intorno. Nessun segnale che potesse far presagire la presenza dei due droidi. "Non mi sembra proprio che siano nascosti qui intorno." dedusse ad alta voce. "Quindi, non rimane che una soluzione plausibile."
"Be', allora andiamo!" esclamò Odin con un sorriso vittorioso. Stranamente, Pk non rispose. Odin si volse a guardarlo, sorpreso. Fissava dritto davanti a sè, e sembrava improvvisamente piccolo e ferito. "Pk? Tutto bene?"
Pk rispose soltanto con un sospiro malinconico. Ricordava ancora quando, anni prima, aveva dato il fatidico ordine. Quando i droidotecnici avevano chiesto il permesso di riparare Geena, lui si era rifiutato. Dicendo che le macchine si potevano riattivare... non le persone. Ma adesso, qualcuno se ne era infischiato altamente delle sue parole. Qualcuno aveva riattivato Geena trasformandola in una macchina per uccidere. Eppure, non era ancora una macchina. Pk se ne era accorto di fronte al suo improvviso mutamento di fronte alle sue parole. Solo qualcuno molto cieco, come buona parte della gente che aveva conosciuto nel ventitreesimo secolo, avrebbe potuto fare una cosa del genere. Però non era stata una persona del ventitreesimo secolo. Almeno, per quanto ne sapeva lui. Era qualcuno che se ne infischiava dei diritti di esseri della sua stessa specie, pur di non essere trovato. Questa droide incappucciata, se era lei la mente dietro al rapimento di Lyla, non era una mente cieca, come i paperopolesi del ventitreesimo secolo. Più passava il tempo, e più Pk si rendeva conto che doveva per forza essere una mente molto sofferente.
"Pk! Mi stai ascoltando?" eclamò Odin posandogli una mano sulla spalla. Pk trasalì, strappato alle sue meditazioni.
"Eh... uh... scusi, signor Eidolon, ero un po' distratto" balbettò scuotendo la testa.
"Capisco." annuì Odin. "Ma adesso non puoi distrarti. Coraggio, socio: ce l'abbiamo quasi fatta."
Pk annuì, poi improvvisamente si volse.
"Come mi ha chiamato?" domandò perplesso.
"Chi? Io?" fece Odin arrossendo. "Pk, ovviamente. Come avrei dovuto chiamarti, altrimenti?"
"Ma... io credevo..." Pk si grattò la testa pensieroso mentre Odin cercava di assumere un atteggiamento indifferente. "Bah. Mi sarò sbagliato." decise il papero mascherato con una scrollata di spalle. Quindi, si chinò sul tombino e lo scoperchiò con un colpo deciso dell'Extransformer. "Dopo di voi" declamò con gesto teatrale, rivolto a Odin, mentre i due Robby si catapultavano nelle fogne, seguendo la loro pista.


Passi.
Passi in rapido avvicinamento.
La droide incappucciata emise un ringhio di rabbia sentendo dei passi che si facevano più vicini, sempre più vicini. Rapidamente, controllò i tracciati mentali. E quel che lesse la fece infuriare ancora di più.
"Voi!" ringhiò, non appena due ombre scure apparvero di fronte a lei. "Perchè siete qui?"
Lyla si voltò a guardare i nuovi venuti. Una dei due visitatori era senza dubbio Geena: poteva riconoscere i capelli azzurri. L'altro le dava le spalle, ma quando si volse, Lyla non potè trattenere un'esclamazione di sorpresa
"Tyrrel!" fece "Sei tu!"
Tyrrel la guardò come se non la conoscesse.
"Sta' zitta, stupida!" ringhiò la droide incappucciata. Quindi si volse verso Geena e Tyrrel "Perchè siete qui, schiavi? I piani erano che non dovevamo vederci per nessuna ragione! Dovevate uccidere Pk e andarvene!"
"Noi non siamo i tuoi schiavi!" ringhiò Tyrrel con voce colma di rabbia. Geena, invece, si accasciò a terra come un sacco di patate. Piangeva.
"Fzzzz... non capisco... crrrrr.. perchè, padrona?" domandò guardando la droide incappucciata con occhi pieni di lacrime. "Pikappa...ffffff... non è un nemico... rrrrrrr"
"Cosa? Che stai dicendo, stupidissima macchina? Lui è IL nemico!" ringhiò l'incappucciata, cercando di riprendere il controllo sui files psichici di Geena. Ma in qualche modo, contro di lei si liberò un programma anti intrusione che non le permetteva di modificare il tracciato mentale. Furibonda, si volse verso Tyrrel. "Cosa vi è successo a tutti e due? Siete rincretiniti?"
"No." ribattè Tyrrel con voce dura come il ghiaccio. "Sei tu che ti sbagli."
La droide sembrò bloccarsi per un attimo, quindi sibilò, con il sibilo di un serpente:
"Che... cosa... hai... detto?!"
"Ci hai ordinato di uccidere Pikappa! Ma Pikappa non intendeva farci del male" ribadì Tyrrel "E non era in grado di difendersi."
"Capirai che peccato! Almeno l'avete terminato?"
"Forse sì, ma sarebbe stato meglio di no."
Geena singhiozzò.
"Rrrrrrr... ha ragione... zzz... lui" bisbigliò.
"Noi non ci stiamo più ad obbedire ai tuoi ordini... signora." ringhiò Tyrrel "Veditela con Pk da sola, se ne hai il coraggio. Geena e io siamo fuori. Fuori da questa guerra. Fuori da tutto."
La droide strinse i pugni nervosamente, e sembrò sul punto di lanciarsi contro Tyrrel. Ma si trattenne. Con voce falsamente suadente, disse:
"E' un ordine?"
"Vedila come ti pare."
La droide sorrise, un sorriso freddo e glaciale come quello di una sfinge.
"Mi hai stancato, Duckard." sibilò. Quindi, gli lanciò contro un raggio elettrico, che il droide evitò per miracolo balzando di lato. "Non sei in grado di sconfiggermi. Vuoi fermarmi? Fai pure, sciocco."
Detto ciò, si volse verso Geena
"E lo stesso vale per te, maledetta traditrice!" berciò, puntando contro di lei una carica laser che l'avrebbe incenerita.
"Lasciala stare!" gridò Tyrrel, compiendo un balzo degno di un canguro e deviando il raggio laser un attimo prima del peggio, mentre Geena balzava in salvo. "Non osare farle del male! Hai sentito cosa ti ho detto? Non osare!" ringhiò, tentando di parare l'incappucciata che se lo stava rabbiosamente scrollando di dosso.
"Smettila, Duckard! Smettila o ti distruggerò! Non puoi vincermi, sono molto più forte di te!" ringhiò, afferrandolo per la testa e lanciandolo al suolo con un clangore metallico.
"TYRREL!" gridò Geena, correndo verso la direzione in cui il droide era caduto.
"Non temere, traditrice... presto andrai a fargli compagnia!" ghignò l'incappucciata, lanciando un raggio laser contro Geena. La quale però fu abbastanza furba da buttarsi per terra, in modo che soltanto avvicinandosi, l'altra avrebbe potuto colpirla.
L'incappucciata stava giusto per raggiungere i due ribelli e terminarli definitivamente, quando, amplificato dal vuoto tutt'intorno, risuonò l'abbaio di un cane. La droide sobbalzò spaventata. E non appena lesse i nuovi tracciati mentali appena sopraggiunti nelle fogne, la sua paura si tramutò in terrore.
"Odin è qui! No! Non posso permetterlo!" esclamò. Dimenticando completamente Geena e Tyrrel, spinse via Lyla, cercando rifugio nelle gallerie secondarie e guardandosi freneticamente alle spalle.
"ODIN! AIUTO!" gridò Lyla con tutte le sue forze, prima che la droide incappucciata le tappasse la bocca con un pezzo di mantello freneticamente strappato.
"Un'altra parola che dici, e sei morta" sibilò con aria vendicativa, spingendola via e continuando a voltarsi di tanto in tanto, come temendo di essere seguita.
All'improvviso, qualcuno l'afferrò per un braccio. Con un ruggito metallico, la droide lo sollevò sopra la testa, sbalzando a terra il figuro. Non appena lo vide, lanciò un grido di stupore.
"Tu!"
Era Vladimir.
"Ascolta! Non picchiarmi!" disse Vladimir alzando freneticamente le braccia per difendersi da un eventuale attacco. "Non so perchè e non mi interessa, ma stai scappando. E scappare quando non si sa dove andare equivale a dire perdersi per sempre. Vieni con me, conosco un luogo abbastanza sicuro." fece d'un fiato, tendendole la mano. L'incappucciata esitò. Vladimir non era Odin, però... qualcosa nei suoi occhi, nella sua voce, la indusse a fidarsi.
"Fammi strada." disse.
Nel frattempo, non appena l'eco dei passi dell'incappucciata fu lontano, Geena si rialzò e corse a fianco di Tyrrel
"Tyrrel, stai bene?" domandò, angosciata.
"Uh... sì... credo..." replicò lui, mettendosi lentamente in ginocchio e passandosi una mano fra i corti capelli rossi.
"E' stato terribile... crrrrrr....... quando ti ha colpito ho temuto che... che... fzzz..." balbettò Geena in lacrime.
"Sto bene. Sto bene" le assicurò Tyrrel "Tu piuttosto. Sei ferita?"
Geena lo guardò. Non era un brutto droide, Tyrrel. Per niente.
"Non credo... spero di no." rispose dopo una rapida scansione dei files.
Tyrrel annuì.
"Bene. Ne sono felice." gli sfuggì. Quindi, arrossendo, balbettò: "C.... cioè volevo dire che..." ma perchè doveva arrossire proprio adesso? E perchè Geena gli sembrava così uguale a Lyla, eppure più bella?
"Fzzzzz. Non importa." assicurò Geena. Improvvisamente, gli lanciò le braccia al collo "Ho capito ... kkkrrrrr... quello che intendevi... kkkkk... amore mio." bisbigliò. Tyrrel non riusciva a credere alle sue orecchie. Dunque, anche Geena lo amava, proprio come lui amava lei! Non poteva essere vero
"Vuoi dire che tu...?"
"Kkkk. Anch'io ti amo.... zzzzzzrrrrr... Tyrrel." rispose Geena. Tyrrel sembrò confuso.
"Non può accadere proprio a noi. Non possiamo innamorarci, noi..."
"Non siamo entrambi.... crrrrrr... droidi?" domandò Geena "Non abbiamo... fzzz... entrambi... kkkk... il diritto di amare?"
Tyrrel guardò i suoi splendidi occhi azzurri. E poi disse una parola che avrebbe voluto ripetere in ben altre circostanze, in circostanze nuziali:
"Sì."


"Robby! Piantala di andare dietro ai topi!" sbraitò Pk. Mentre Robby IV era molto attento alle tracce di Geena e Tyrrel, Robby V se la prendeva comoda, e già tre volte si era lanciato all'inseguimento di qualche topo girovago.
"Non prendertela con lui, Pk. Dopotutto è solo un cucciolo" osservò Odin con un sorriso gentile.
"Sarà, ma rischia di farci scoprire se non ci sbrighiamo!" ribattè Pk. Quindi, si fermò improvvisamente, teso e all'erta.
"Pk?" domandò Odin.
"Sssssssst!" lo zittì nervosamente Pk portandosi un indice al becco. "Ho sentito un rumore. Come un sibilo..."
Odin si zittì, e per qualche istante l'unico rumore fu l'ansimare dei due Robby, il ticchettio delle loro zampe sul pavimento, il gocciolare dell'acqua delle fogne, e gli squittii di qualche probabile topo.
"Forse ti sei sba..."
KLANG!
"Che cos'era?"
"Ho sentito anch'io..."
Odin e Pk si lanciarono un'occhiata d'intesa. L'attimo dopo, Robby Iv emise un ruggito di sfida e si lanciò in una galleria secondaria.
"Presto, dobbiamo raggiungerlo!" esclamò Pk, tirandosi dietro Robby V e Odin.
"Cosa credi che fosse?"
"Non lo so... ma qualcosa mi suggerisce che non siamo troppo lontani dalla meta." disse Pk.
"Da dove veniva?"
"Chi può dirlo? Non ci resta che fidarci di Robby..."
Le zampe del mezzo lupo picchiavano con forza sul terreno: Pk e Odin ne udivano distintamente i rimbombi. Poi si udì un colpo più forte, probabilmente un balzo, seguito da una serie amplificata di abbai rabbiosi intervallati da qualche ringhio, più un rumore di sottofondo che dovevano essere delle voci.
"Li ha trovati!" esclamò Pk al settimo cielo stringendo in pugno l'Extransformer. Le voci si facevano sempre più chiare man mano che i due si avvicinavano, e girato un angolo si trovarono di fronte a Robby che urlava come un pazzo, con il pelo ritto e le zanne scoperte. Tyrrel Duckard era a terra e squadrava il cane con sorpresa mista a orrore: inginocchiata al suo fianco, Geena stava cercando di aiutarlo ad alzarsi e nel contempo di evitare un eventuale attacco da parte del lupo. Piangeva. "Robby, BASTA!" ordinò Pk.
Robby sembrò scettico: emise ancora un basso ringhio sordo alla volta dei due droidi, prima di raggiungere Pk e Odin con un balzo perfettamente calcolato. Geena e Tyrrel si voltarono, e alla vista di Pk i loro occhi si spalancarono di stupore.
"Paperinik!" esclamò Tyrrel con voce stridula.
"Tu sei... crrrrr... vivo!" fece Geena
"Già, mi dispiace ma il vostro piano è fallito!" ribattè Pk acidamente "E adesso possiamo tranquillamente riprendere lo scontro dove l'avevamo lasciato."
Tyrrel sospirò alzandosi e barcollando come se fosse stordito.
"Tyrrel. Stai bene?" domandò Geena preoccupata.
"Il mio programma... il programma installato dalla signora... è scomparso!" replicò Tyrrel sbalordito. "Non riesco più a rilevarlo... come se si fosse dimenticata di noi."
"Lo spero bene." ribattè Geena amaramente.
"Ehi? Avete sentito quello che ho detto?" sbottò Pk
Tyrrel sollevò gli occhi verso di lui.
"Ma... sei davvero... Pikappa? Io credevo che tu fossi morto.."
"Grazie tante! Spero solo che non si tratti di una profezia!"
Tyrrel lo fissò dubbioso.
"Sei sicuro di essere vivo?"
"E che razza di domanda è? Certo che sono sicuro, non mi chiamo mica Casper!" ribattè Pk "E se non mi sbaglio di grosso, tu sei lo stesso droide che ha cercato di farmi la festa non troppo tempo fa."
Tyrrel sospirò e scosse la testa.
"E' vero." disse tristemente. "Ma adesso è tutto cambiato, Pikappa. Non intendiamo farti del male..."
"Sei fuori di testa, se ti aspetti che ci creda! Sbaglio o hai raccontato una storia del genere anche l'ultima volta? E poi cosa hai fatto? Ci hai traditi!" lo accusò Pk.
"Ascolta, è stato un incidente..."
"Ceeeerto, e io sono Babbo Natale! Pensi che dovremmo berci le vostre frottole perchè voi siete superiori droidi del ventitreesimo secolo, e noi ignoranti esseri del ventesimo secolo?"
"Pk... non si tratta di questo..."
"Sì, invece! Siamo cavernicoli!" strillò Pk.
Geena, al fianco di Tyrrel, prese la parola.
"Paperinik, ascoltami!"
"No, Geena..."
"Ti prego! Krrrrrr... Noi non volevamo ucciderti, ma..."
"No, certo! Volevate solo offrirmi tè e pasticcini!"
Geena scoppiò in singhiozzi
"Noi non volevamo... zzzzzzffffffff... ma non potevamo ribellarci...kkkk era il nostro programma... lei ci aveva espressamente programmato per terminarti, Pikappa... ccrrrrrr. Non puoi sapere... ffffzzzzzzz... quanto sia stato kkkkkkk difficile ribellarsi... zzzzkkkk...." balbettò.
"Non piangere, Geena. E' tutto passato, adesso" cercò di consolarla Tyrrel, stringendola fra le braccia. Quindi, volse gli occhi su Paperinik "Quello che ti ha raccontato Geena è la verità. Credevo di averti ucciso, e per quanto strano possa sembrarti, non ne traevo alcun beneficio. Non riuscivo a capire il perchè di quella programmazione. Anche se sapevo di dover obbedire."
"E' assurdo..." disse Pk
"No. E' terribile. Stavo in casa mia, quando la signora si è insinuata nei miei circuiti mentali. Da quel momento, non ho potuto fare altro che obbedire agli ordini. E gli ordini erano di eliminarti." fece Tyrrel, cupo. "Subito dopo la caduta dei cassonetti, siamo venuti a dirle che non intendevamo più lavorare per lei. E lei ci ha aggrediti, in risposta. Poi ho avuto come un calo di energia... e adesso la programmazione è scomparsa."
"E dovrei crederti?" ribattè Pk con voce d'acciaio.
"Penso di sì." bisbigliò una voce alle sue spalle. Odin Eidolon stava guardando i due droidi e sembrava commosso, triste e felice allo stesso tempo. "Guardali, Paperinik." sussurrò, indicando Geena e Tyrrel con un cenno della mano. "Sono soli. Sperduti. Confusi. Amareggiati. E innamorati." aggiunse con un sorriso ironico.
"Eh?" Pk lo guardò come se fosse matto.
"Non stupirti troppo. Del resto, lo sai... l'amore è cieco."
Pk si volse verso Geena e Tyrrel, sorpreso.
"Ma voi due... siete innamorati?"
"Credo... credo che sia così." ammise Tyrrel. Geena annuì con un cenno del capo e sorrise dolcemente a Tyrrel. Quindi, si volse verso Pk
"Devi... fzzzz... crederci, Pk... kkkk...." balbettò. "Ti prego... kkkkk. Perdonaci."
Pk non aveva il coraggio di contraddirla. Era stata trattata esattamente come una macchina, e adesso che aveva la sua indipendenza, si ritrovava innamorata... forse le cose non erano poi tanto storte come pensava, riflettè.
"D'accordo, Geena. Voglio fidarmi di voi." concesse magnanimamente.
"Adesso... diteci. Dov'è Lyla? E la droide incappucciata?" chiese Odin. Geena emise un verso strozzato e Tyrrel si irrigidì.
"Non lo so." disse. "E non voglio saperlo! Quella pazza ci ha costretti a... a..."
"Fzzzz. Sono scappate. Krrrrr. Da quella parte... credo" disse Geena, indicando con il dito un'ampia galleria. Odin emise un gemito di delusione.
"Le abbiamo perse di nuovo..." bisbigliò.
"No, non credo." disse una voce roca alle loro spalle. Pk si volse sorpreso, quindi riconobbe la familiare sagoma sovrappeso che si stava avvicinando a passi strascicati.
"Esteban?!" esclamò spalancando gli occhi.
"Pk! Ci si rivede!" esclamò Esteban con un sogghigno ironico. Quindi, squadrò Odin, Geena e Tyrrel "Sei diventato un tour operator, dall'ultima volta che ci siamo visti, Pk?" domandò con una risata
"No, non esattamente." disse Pk "Scusami se vi abbiamo disturbato, ma vedi..."
"Meglio te dell'Undergrrrrrround" ringhiò Esteban. Quindi, volgendosi apparentemente al nulla intorno a sè, sbottò: "Huè, gente! E' tornato Pikappa! Venite a salutarlo!"
Pk sorrise vedendo il popolo del sottosuolo che appariva da ogni più improbabile direzione: gallerie, cunicoli, qualcuno addirittura si calò dal soffitto. Sembravano spuntare dappertutto, proprio come i funghi. Malgrado ciò, nessuno di loro rivolse la parola a Pk o ai tre droidi: al massimo scossero la testa in cenno di saluto.
"Esteban, forse puoi aiutarmi" disse Pk, serio. "Non è che per caso hai visto due droid... due papere, alte più o meno come i signori qui..." disse indicando Odin, Tyrrel e Geena. Esteban ridacchiò scuotendo la testa.
"Ma Pk, non impari proprio mai, eh? Quante volte dovrò ripeterti che noi non vediamo mai nessuno? E' assurdo. Perchè dovremmo lasciare il nostro territorio per giocare al gatto col topo?" chiese.
Pk sembrò sgonfiarsi come un palloncino e gli occhi di Odin si incupirono.
"E' vero... scusa..." borbottò Paperinik. Esteban scoppiò a ridere e gli posò una mano sulla spalla
"Non fare quella faccia, eroe! Ho detto che non le abbiamo viste, non che non le abbiamo sentite!" esclamò. Pk spalancò il becco, stupefatto.
"Vuoi... vuoi dire che sapete dove sono?" chiese.
"Ci puoi contare, amico" ribattè Esteban strizzandogli l'occhio.
"Bingo!" esclamò Odin, felice come una pasqua. Geena e Tyrrel non dissero nulla, troppo impegnati a studiare la gente del sottosuolo. Ovviamente, riflettè Pk, a loro dovevano sembrare così strani.
"Attualmente, la tizia furibonda e forzuta con il cappuccio si trova insieme a Vladimir." riferì Esteban. "Li raggiungeremo tra breve. Dico bene, Ryan?"
Un giovane papero di media altezza, con lunghissimi capelli rossi, che indossava un completo viola-porpora e teneva in mano una sfera chiodata, annuì lentamente con aria impassabile. "Pk, lui è Ryan, il più periferico del nostro gruppo. Periferico nel senso che è quello che vive ai margini del territorio." spiegò Esteban "Ryan, lui è Pk."
"Lieto di conoscerti. Sbaglio o ci siamo già visti in un'altra occasione?" domandò Ryan scrutando Pk.
"Uh? Non mi sembra... aspetta! Tu eri uno di quelli che avevano legato Rosto? E' così?" si illuminò Pk dopo averlo guardato con attenzione.
"Può darsi." replicò Ryan con una scrollata di spalle.
"Ryan, hai localizzato Vladimir?" li interruppe Esteban
"Signorsì." rispose Ryan "Un tombino a sinistra da qui, qualche metro prima di una derivazione dell'acquedotto."
Esteban annuì pensieroso.
"Lasciami pensare... dovrebbe esserci un bunker da quelle parti? Dico bene?"
"Nossignore, negativo. Però c'è un nucleo abitativo dove da quanto ne so si sono fermati." riferì Ryan.
"Bene, allora andiamoci subito." decretò Esteban. "Spero che non ti dispiaccia, Pikappa, ma Vladimir è uno dei nostri, e dobbiamo recuperarlo."
"Vuoi dire che la droide incappucciata ha rapito pure lui?" domandò Odin d'un fiato. Quindi, inarcò un sopracciglio, perchè Pk gli aveva dato una gomitata fortissima.
"Shhhhh!"
Esteban, però, non sembrava troppo interessato al fatto che l'incappucciata fosse una droide. Si limitò a scuotere il capo.
"Rapito? Oh, no. Vladimir è venuto qui sui suoi piedi, e sui suoi piedi ha portato via la tua incappucciata." spiegò.
"Ah, beh..." cominciò a dire Pk. Quindi si arrestò di botto e guardò Esteban. "Come sarebbe a dire che l'ha portata via?"
"Sarebbe a dire che ci aveva già parlato una volta. Quando è tornato, ha detto di averla trovata molto simpatica. E quando abbiamo sentito che era in fuga, è corso a d aiutarla." disse l'altro, paziente.
"COSA??!!" sbraitò Pk portandosi le mani alla testa "Esteban, non è che stai sviluppando un senso dell'umorismo? Se è così, smettila subito! Dunque questo tizio sarebbe un alleato della droide incappucciata? In tal caso mi dispiace per te, ma dovrò arrestarlo insieme a lei."
"Stai buono e non correre!" lo zittì Esteban. "Vladimir vuole soltanto aiutarla. Questo non significa che per causa sua rinnegherà un vecchio amico. Vuole solo proteggere la papera che ama."
"Che cosa?!" ripetè Pk sbalordito. Perfino Odin sembrò sorpreso da quella rivelazione. "Ma... ma lei, lui... insomma, cosa sta succedendo in città? Dev'esserci un'epidemia!" borbottò Paperinik "Dovrò fare un bel discorsetto a questo Vladimir, appena lo vedo."
Esteban ridacchiò.
"Accomodati pure." disse, ironico. "Ma, nel caso tu abbia bisogno di una guida turistica... non si sa mai." aggiunse con una risatina. Quindi, si voltò verso la sua gente, con aria decisa. "Ryan, Karl, Samuel, con me. Tutti gli altri si dispongano intorno alla zona localizzata da Ryan. Dobbiamo circondarli" ordinò brevemente.
"Stato di battaglia?" domandò Samuel con un ghigno.
"Non ce ne sarà bisogno. Interverremo se e quando ce lo dirà Pikappa. D'accordo?" domandò Esteban voltandosi verso Paperinik.
"Non avrei saputo dirlo meglio. Continuo a pensare che siate organizzati proprio a puntino, da queste parti..." replicò Pk.
"Si tratta di una questione di principio, Paperinik. Non tolleriamo intrusi nel nostro territorio."
"Vuoi dire che l'incappucciata...?"
"Esatto. L'intrusa ha sconfinato." sibilò Samuel



"Eccoci. Siamo arrivati." annunciò Vladimir, fermandosi in un nucleo abitativo. Era uno spazio piuttosto grande, ma anche incredibilmente disordinato. Dal soffitto pendeva una ragnatela di cavi e fili, e l'arredamento, almeno in quella prima "stanza", era molto scarno: un paio di sedie impagliate intorno a un tavolino storto e un solo lavandino. Il pavimento, poi, era cosparso di ogni genere di cianfrusaglie: una scatola di popcorn, una fetta verdastra di pizza ammuffita, una bottiglia e qualche bicchiere. Il nucleo era vuoto, a parte per due ratti grandi come conigli, con il pelo grigio e sporco, che si stavano contendendo gli avanzi dei popcorn. Appena udirono i passi dei nuovi venuti, sollevarono le teste e i loro occhi, piccoli e neri, scintillarono nell'oscurità; l'attimo dopo, i due roditori si volsero e si allontanarono con un guizzo della coda.
La droide incappucciata sospirò e si volse verso Vladimir, fronteggiandolo con aria ostile.
"Adesso pretendo una spiegazione." sibilò, glaciale. "Perchè mi hai portata qui? Sbaglio, o avevi detto che se fossi venuta nel vostro territorio, sarei stata in pericolo?" aggiunse, dando un calcio rabbioso alla fetta di pizza.
"Effettivamente non hai torto." ammise Vladimir con uno sbadiglio. La droide lo afferrò per i capelli e lo sollevò a una spanna dal pavimento.
"Ah sì? E allora che cos'è questa? Una trappola?" ringhiò.
"Non stavi scappando? Be', io ti ho dato una mano. Finchè ci sono io, gli altri non ti considereranno come un pericolo, discorso chiuso." replicò Vladimir seccato. La droide lo sbattè a terra, ma in qualche modo sembrava ferita.
"Ascolta, mi dispiace..." mormorò, posando una mano sulla sua spalla. "Vedi, il fatto è che sono molto stressata. Ma quello che non mi spiego è... perchè mi hai aiutata?" domandò, guardandolo negli occhi "Ti avevo detto di non farti più vedere. Ho... ho cercato di..."
"Hai cercato di eliminarmi, sì? E io sono stato troppo curioso quando avrei dovuto farmi i fatti miei. Abbiamo sbagliato entrambi, a quanto sembra." replicò Vladimir, cupo. "Lo so che dovrei cercare di fermarti e consegnarti alla polizia. Lo so che in questo momento tu saresti un'intrusa, e noi dovremmo essere... avversari? Rivali? Nemici?" scosse le spalle e un velo di tristezza si dipinse sui suoi occhi scuri. "Non posso farci niente, se mi sono accorto di provare qualcosa per te dal primo momento in cui ti ho parlato..." borbottò quasi fra sé e sé. La droide sembrò sconcertata, poi esclamò con voce esile e balbettante - molto diversa dal timbro vocale freddo e altero usato fino a quel momento:
"Questo significa forse che...? Non è possibile... noi non possiamo innamorarci... io non sono come te..."
"Cosa?" Vladimir si volse a guardarla, sbalordito. "Vuoi dire che anche tu...?"
"Temo... temo che sia proprio così" replicò lei a denti stretti "Ma non posso essere innamorata di te... oh cielo, non puoi capire... io sono diversa..."
"E' per paura delle differenze che ho lasciato la mia natia Russia. Ora non commetterò lo stesso errore." fece Vladimir
"E' tutto così... così assurdo..." balbettò la droide, confusa "Io non posso innamorarmi... non adesso... e non di te.." scosse il capo con tristezza "Non capiresti mai. Io non esattamente una persona..."
"Non importa." le assicurò Vladimir. La droide si ritrovò a fissare i suoi dolci occhi scuri e a provare per la prima volta tristezza, pensando di essere già innamorata di Odin.
"E a me non importa che tu sia un barbone..." rispose.
"Ma io, sono un pilota" la corresse Vladimir
"Non m'importa lo stesso" proruppe la droide scoppiando in lacrime "Oh, se solo non avessi già donato il mio cuore a un altro..." singhiozzò.
"In tal caso, possiamo sempre restare amici. Non credi?" domandò Vladimir.
"Se solo tu potessi sapere..." sussurrò la droide "Se solo tu potessi sapere quanto la mia famiglia ha sofferto a causa della tua gente... a causa di voi umani..."
"Se mi trovo qui, è perchè ho accettato di pagare le colpe di qualcun altro quando ancora vivevo in Russia. Non commettere anche tu lo stesso errore." le disse Vladimir. Il suo sguardo si fece vacuo. "Cinque anni fa..."
"Sì? Cos'è successo, cinque anni fa?" domandò lei
"Ero un pilota di auto sportive. Avevo una carriera, e anche un cognome, credo. Poi... non ricordo... è passato così tanto tempo... ah, ecco. Insieme a un amico, scoprii che un altro corridore usava delle ruote truccate. Denunciammo il fatto alla polizia... ma il mio presunto amico non era altro che una spia. E così fu la mia macchina ad essere trovata con le ruote truccate." scosse la testa, e la sua lunga e sottile treccia nera gli cadde su una spalla. "Da quel momento, nessuno volle più parlare con me. Tutti mi consideravano colpevole di qualcosa che non avevo commesso. Per questa ragione fuggii. E qui ho trovato dei veri amici su cui contare."
"Dev'essere stato... terribile." mormorò la droide. "Adesso suppongo che ti aspetti che io ti racconti qualcosa della mia storia. Be', non c'è molto da dire. Mio... padre... colui che mi ha creata... si dimenticò di me e di due miei fratelli. Uno impazzì e andò incontro alla sua rovina, l'altro divenne apatico. E poi, sempre a causa delle qualità di voi umani, anche il mio secondo padre morì." concluse brevemente.
"A proposito, tu ti chiami...?" volle sapere Vladimir.
"Che t'importa?" replicò lei sulle difensive.
"Oh... niente d'importante. Ho sempre pensato che tra amici non debbano esservi segreti." replicò Vladimir con un sorrisetto triste. La droide sembrò colpita dalle sue parole, quindi annuì.
"Chiamami..." cominciò. Poi, abbassò il cappuccio che le celava il volto. Doveva essere molto giovane, sui vent'anni: aveva un viso insieme triste e determinato, lunghissimi capelli neri e ondulati, e occhi azzurri splendenti. Vladimir non aveva mai visto una papera più bella, in vita sua "... Derane" concluse lei, con un sospiro, come se il suo nome le avesse appena riportato alla mente orribili ricordi.
"Derane" ripetè Vladimir "Be', è un bel nome. Io sono Vladimir... nel caso tu l'abbia già dimenticato."
Derane scosse lentamente la testa, quindi esordì:
"Ascolta, forse puoi aiutarmi. C'è, qualcuno che mi sta inseguendo, e devo andarmene al più presto. Ti prego..."
"E' Pk che ti insegue. Vero?" domandò Vladimir "Ho sentito chiaramente i passi di qualcuno con un mantello."
"Già, è lui. Lui e il mio... la persona che amo... la persona a cui ho donato il mio cuore. Tutto perchè ho rapito lei" replicò Derane indicando con uno sprezzante cenno del capo Lyla legata.
"Beh, allora potresti semplicemente lasciarla libera" suggerì Vladimir.
"E rinunciare alla mia vita? No! Mai!" rispose lei, infuriata. Quindi, squadrandolo sospettosa, aggiunse in un sibilo: "Perchè? Sei forse un alleato di Pk? E' per questo che stai cercando di difenderlo?"
"Ti sbagli, Derane. Io voglio aiutare te" affermò Vladimir, convinto.
"Oh, certo" replicò lei stringendo i pugni. Il papero russo si mise frettolosamente in salvo dietro una sedia per schivare un attacco.
"E' la verità" disse con voce esile "E va bene, puoi considerarmi un 'amico' di Pk. Ma questo non significa che non possa essere anche amico tuo."
"Non mi sono mai piaciuti i compromessi." ringhiò lei.
"Il fatto è che... non mi va di saperti in prigione." ammise Vladimir scuotendo la testa. "Se tu potessi ascoltarmi..."
Derane si inalberò.
"Cos'è? Vuoi proteggermi, Grande Papero Forte? Credi che non sia in grado di difendermi da sola, soltanto perchè..."
In quel momento, come a farlo apposta, si udì l'abbaiare di un cane e un rumore di passi in corsa. Derane si abbassò il cappuccio sul volto giusto un attimo prima che Robby IV e Robby V precipitassero sulla scena, ringhiando, seguiti l'istante dopo da Odin e Pk.
"TU!" gli occhi della droide lampeggiarono di rabbia.
"Lyla!" esclamò Odin correndo verso la sua amata per slegarla.
"No! Sta' lontano da lei!" sibilò Derane, lanciando un raggio laser contro Odin, che riuscì solo a buttarsi per terra per evitarlo. Con pochi passi rapidi, Derane si portò tra Lyla e Odin, ringhiando rabbiosamente. I due Robby le abbaiarono contro, ma sembrarono rendersi conto che l'essere incappucciato era più forte di loro, perchè arretrarono, con il pelo ritto e le zanne scoperte. La droide non badò minimamente a loro
"Ti avverto, Odin, ti avverto, non osare fare un passo altrimenti pagherai delle conseguenze molto care" minacciò mentre Odin si rialzava in ginocchio squadrandola con ira.
"Togliti dai piedi!" le intimò, fronteggiandola.
"Mai!" replicò lei, dandogli un manrovescio che lo fece sbandare su sé stesso. Lyla, che stava cercando di liberarsi, emise un verso di sconforto. Il suo Odin stava rischiando la vita! Derane era più forte e più potente: la bella tempoliziotta tremava al pensiero di quel che avrebbe potuto fare se avesse perso la pazienza. Le corde si tendevano intorno ai suoi polsi, ma non accennavano a sciogliersi
"Bel colpo. Ma adesso tocca a me." ringhiò una voce dietro Derane. La droide si volse: Pk, appollaiato sul tavolino, la squadrava con severità, il lungo mantello pendente al suolo, l'Extransformer stretto in posizione di difesa. Indossava anche un curioso aggeggio blu.
"Mi hai davvero annoiato" sogghignò Derane, stringendosi nelle spalle "A questo punto ti meriti proprio una lezione... poi non venirmi a dire che non ti avevo avvertito" aggiunse, voltandosi improvvisamente e puntando un dito contro di lui. Un raggio laser, dal colorito rossastro, volò verso Pk, che lo scansò balzando giù dal tavolo e afferrando una sedia, come un domatore da circo. Derane rise "E speri di battermi con questi mezzi di fortuna? Caschi male, eroe, caschi male..." Quindi, folgorata da un presentimento, si voltò giusto in tempo per vedere Odin che slegava le mani di Lyla. "AAAAAAARGHHHH!" ruggì rabbiosa, lanciando una scarica laser contro i due. Il colpo sarebbe andato a segno, ma un colpo di Extransformer alle spalle la fece precipitare a terra come una marionetta.
"Lyla, stai bene?" domandò Odin ansiosamente, stringendo la tempoliziotta fra le braccia.
"Credo... credo di sì..." balbettò Lyla scoppiando in lacrime "Oh, Odin! Ero... ero così preoccupata per te... ho pensato che..."
"Shhhh! E' tutto a posto, io sto benissimo!" la rassicurò Odin, che sorrideva e piangeva nello stesso tempo.
Derane emise un ringhio che assomigliava a un ruggito e si rialzò in piedi, guardandoli con disprezzo.
"Adesso basta!" sibilò "Me la pagherete, oh, sì, me la pagherete cara, carissima..." sibilò, puntando contro di loro un dito mentre Odin faceva scudo a Lyla con il suo corpo. Prima che la droide potesse colpire, comunque, uno spostamento d'aria l'avvertì che Pk stava per attaccarla di nuovo alle spalle. Con un salto atletico, Derane ruotò sui suoi piedi, trovandosi faccia a faccia con l'eroe mascherato. "Hai sbagliato ancora a impicciarti, signor Paperinik! Adesso pagherai per questo!" sibilò con un lampo iracondo nei freddi occhi azzurri. Quindi, lanciò verso Pk un raggio elettrico, azzurro e sfrigolante.
Accadde tutto in un attimo: Paperinik si portò una mano alla spalla, e l'attimo dopo fu circondato da una strana barriera azzurra e gelatinosa. Il raggio elettrico lo colpì in pieno, ma invece di friggerlo, venne riflesso come se la gelatina fosse stata uno specchio. Derane si ritrovò abbagliata da uno scoppio di luce, e l'attimo dopo giaceva a terra, con i files mentali in sovraccarico.
L'atteggiamento del suo avversario l'aveva lasciata sorpresa: come diamine aveva fatto a difendersi??? Come aveva potuto rivoltare contro di lei il suo stesso raggio elettrico? Ma adesso non doveva pensare, o avrebbe rischiato un corto circuito. Freneticamente, cercò di riparare qualsiasi files danneggiato nella sua memoria.
Pk disattivò la protezione del Watermaker e osservò la droide riversa al suolo: ancora una volta, le armi di Astrongman non avevano fallito. Avrebbe dovuto ringraziare Lyo, tornando alla Century, si disse soddisfatto. Ma adesso non aveva tempo da perdere: doveva accertarsi che Lyla e Odin stessero bene.
"Tutto okay?" domandò, avvicinandosi. Lyla e Odin erano abbracciati come se avessero temuto di poter essere separati di nuovo, ma le lacrime avevano lasciato il posto a sorrisi sollevati. Lyla balzò in piedi e corse ad abbracciare Pk
"Grazie, Paperinik" sussurrò, commossa "Hai rischiato talmente tanto per noi... io non so come ringraziarti... ho temuto molto per la tua sorte"
"Ehi Lyla, il signor Eidolon lo sa che stai cercando di corteggiarmi?" scherzò Pk ricambiando l'abbraccio della tempoliziotta "Scherzi a parte... come avrei potuto lasciare due cari amici nei guai? Non sarebbe pikappico, in effetti."
Odin si rialzò lentamente e si diresse con ira verso Derane. Non appena udì i suoi passi, lei saltò su, fronteggiandolo con fierezza.
"Odin..." bisbigliò con voce strozzata.
I suoi occhi, così freddi e azzurri, avevano qualcosa di familiare, riflettè Odin. Ma cosa? Malgrado si sforzasse di ricordare, Odin non riusciva a identificarla. E la cosa lo seccava.
"Io ti conosco, vero?" domandò, esitante. Gli occhi della droide brillarono di lacrime.
"Sì, Odin, certo che mi conosci... amore mio." rispose in un sussurro. Quindi, abbassò il cappuccio che le celava il volto. Rivelando le sue vere fattezze.
Odin Eidolon emise un verso di stupore e spalancò gli occhi, sbalordito, indietreggiando di un passo.
"Ma... ma cosa... Tiffany?" balbettò sconvolto. In quel mentre, Vladimir sbucò fuori dal tunnel laterale in cui si era nascosto all'inizio della battaglia, per schivare i colpi.
"Derane! Come stai?" chiese, angosciato. Lei gli fece un cenno con la mano, per ingiungergli di fermarsi. In un moto di sorpresa, Odin si volse verso il giovane papero.
"Derane? Cosa dici? Lei è Tiffany..." disse, perplesso.
"E tu devi essere Vladimir, suppongo" esordì Pikappa, mentre Lyla guardava, confusa, la droide incappucciata.
"Supponi giusto, amico." replicò Vladimir, tornando a guardare Derane "Derane... perchè lui" fece, indicando Odin con un cenno del capo "ti ha chiamata Tiffany?"
"Perchè lei è Tiffany, la mia segretaria!" ribattè Odin, sicuro "Oppure è sua sorella gemella."
Derane ridacchiò, e i suoi folti capelli neri catturarono la luce
"In effetti, avete ragione entrambi" disse debolmente "E' una storia lunga, e triste... una storia che ti riguarda da vicino, Uno." disse, guardando Odin fisso negli occhi.
"Eh?! Cosa?!" balbettò Odin, sembrando, se possibile, ancora più sbalordito di prima. Pk, a sua volta, spalancò gli occhi
"UNO?!" ripetè, come se gli avessero appena detto che la luna era fatta di formaggio "Ma Uno non è..."
Derane sorrise. Ma era un sorriso triste, un sorriso che feriva a prima vista: il sorriso di una persona senza più speranze.
"Non te ne sei mai accorto, Paperinik?" domandò con aria di superiorità, socchiudendo le palpebre e squadrando il papero mascherato con durezza. "Io l'ho capito dal primo giorno che l'ho visto. Ho capito che Odin Eidolon non era un biologico... no, era un droide che conteneva la più grande intelligenza artificiale mai creata da essere umano... Uno!"
"Adesso capisco!" esclamò Pk, incredulo e sbalordito, voltandosi verso Odin "Quando... quando stavamo per scendere nelle fogne... tu mi hai chiamato socio..."
"No, Pikappa, non è come pensi..." attaccò Odin
"... e quando siamo andati alla Century... quella voce... allora eri tu, Uno! Ma... ma io credevo che Everett ti avesse disattivato... ma perchè non me l'hai mai detto??!" chiese Pk, incapace di muoversi, incapace di pensare, in grado solo di porsi quella domanda senza risposta. Odin strinse i denti. Era arrivato il momento che aveva tanto temuto: il momento della verità. Il momento in cui Pk gli avrebbe portato rancore per avergli tenuto un segreto, il momento in cui il suo migliore amico lo avrebbe accusato delle sue sofferenze. E, quel che era peggio, se l'avesse fatto, avrebbe avuto ragione.
Una mano gli calò sulla spalla: era Derane.
"Perchè non gli racconti la verità, Odin?" sibilò "Le menzogne fanno male. Io l'ho sperimentato fin troppo bene."
"Levagli le mani di dosso!" ringhiò Lyla balzando in piedi. Pk la trattenne per un braccio
"Tu stai zitta!" la rimbeccò Derane aspramente. Odin aveva la testa china e sembrava distrutto. I lunghi capelli nero-verdi gli ricadevano sul volto, e tutto il suo carisma sembrava scomparso.
"Paperinik... mi dispiace che tu lo sia venuto a sapere in questo modo." bisbigliò tristemente. "Io... so che mi odierai per questo, ma se non te l'ho mai detto, ho avuto le mie ragioni." aggiunse, crollando il capo. "Mi dispiace così tanto."
Pk lo osservava senza proferir parola. Stranamente, non sembrava deluso, o furioso: soltanto incredulo e sbalordito. Odin poteva capirlo.
Con un sospiro rassegnato, il droide tornò a guardare Derane, che era rimasta al suo fianco, e poi disse, con voce esile, sottile e timorosa:
"Ma chi sei, tu?"
Un'ombra di malinconia passò negli occhi azzurri di Derane-Tiffany, mentre gli angoli della sua bocca si piegavano all'ingiù.
"Chi sono? Sono soltanto una persona alla quale tu, indirettamente, hai ucciso un fratello." rispose. Odin sobbalzò.
"Chi? Io?" disse, sorpreso. "Cara ragazza, tu ti sbagli di grosso. Io non ho mai ucciso nessuno in vita mia."
D'improvviso, Derane strinse le palpebre e non sembrò più tanto amichevole.
"Oseresti negarlo?" sibilò con voce d'acciaio. "Oseresti negare di non aver ucciso DUE??"
Pk e Odin rimasero a becco aperto per un attimo, poi esclamarono all'unisono
"DUE????!!!"
Derane-Tiffany annuì con un cenno del capo, respingendo una ciocca di capelli che le calava sugli occhi.
"Due. L'elaboratore gemello. La seconda scelta." disse amaramente, rivolgendosi solo a Odin e ignorando Pk. "Non hai mai pensato che Due non potesse essere solo? Sostanzialmente, eravamo in tre. Lui. Io. E Bis."
"Non ci capisco niente in tutte queste chiacchie..." cominciò a dire Vladimir. Ma Derane sollevò una mano per farlo tacere.
"No. Lasciami parlare." gli intimò. "Due era il computer vero e proprio. Bis era la memoria RAM. E poi c'ero io. Il suo antivirus."
"Il suo antivirus?" ripetè Odin "Ma... ma io credevo che..."
"Lo SO che cosa credevi!" lo zittì lei in un ringhio. "Due aveva ragione. A te cosa poteva importare di noi? Ti sei persino dimenticato della nostra esistenza! Dì la verità!" fremeva di rabbia a stento trattenuta e digrignava i denti. "Quando il nostro creatore... Everett, che non si è mai curato di noi... Everett, che ci ha creati per non esistere... ha distrutto Due, io e Bis saremmo dovuti andare con lui. E invece no!" aggiunse, scuotendo la testa "Ultimamente, Due mi terrorizzava. Era così rancoroso, così pieno di desiderio di vendetta... quando ci comunicò di voler conquistare la realtà, pensai che fosse impazzito. Così, senza che lui lo sapesse, preparai un programma di lancio per una navetta spaziale su cui caricai i nostri software... il mio e quello di Bis. Ci misi un'eternità a convincere Bis. Lui credeva che il buio perenne in cui vivevamo fosse eterno. Non faceva che dormire... non so nemmeno come sono riuscita a farlo accettare. In ogni caso, non appena la sequenza di spegnimento venne pronunciata, il programma si attivò e la navetta si allontanò dalla Ducklair Tower. Da padron Ducklair. E da te." concluse, guardando Odin fisso negli occhi.
"Terrificante..." balbettò lui, ancora sorpreso.
"Terrificante, dici?" domandò lei, inarcando un sopracciglio. "Oh, no. Terrificante è quel che accadde dopo." scosse il capo con un sospiro. "E' una storia lunga. Talmente lunga... raccontarvela per immagini sarà molto più efficace. Forse in questo modo potrete capire..." la sua voce si spense in un mormorio indistinto. Chiuse i suoi fieri occhi azzurri, e l'attimo dopo Odin, Lyla, Pk e Vladimir non si trovavano più nelle fogne. Non si trovavano più nemmeno a Paperopoli. Anzi, nemmeno sulla Terra, se è per questo...


"Oh cielo! Dove siamo?" esclamò Vladimir guardandosi intorno. La superficie, sotto i loro piedi, era brulla, rossastra: sostanzialmente sembrava terra, ma uno strano tipo di terra, dura come la roccia. Il cielo era nero come l'inchiostro: alzando gli occhi, Pk potè vedere un pianeta dal colorito verdognolo che si intravedeva da dietro una coltre di nubi violacee. L'aria era fredda e pungente.
"Wow!" esclamò Lyla sbalordita, stringendosi a un braccio di Odin "Che posto è questo?"
"Di sicuro non è la Terra" disse Paperinik.
"Cioè siamo nello spazio?" chiese Vladimir, perplesso.
"Non credo." replicò Odin "Penso... ma certo... è tutta una simulazione ologrammica..."
"Eh???!" Lyla, Pk e Vladimir lo guardarono confusi.
"Ma sì... credo che stia dividendo i suoi ricordi con noi. In pratica, stiamo osservando i suoi ricordi." spiegò Odin.
"E quell'affare che cosa sarebbe?" domandò Vladimir indicando un oggetto di metallo che assomigliava vagamente a un armadietto per i medicinali con un paio di ali retrattili. Sulle ali, in caratteri purpurei, campeggiava la scritta ED.
"Padron..." sussurrò Odin
"... Ducklair" conclusero all'unisono lui, Lyla e Pk. I tre si scambiarono uno sguardo d'intesa e osservarono incuriositi lo strano apparecchio. Non durò per molto: due minuti dopo, un fascio di luce azzurra, molto più potente di quella di un riflettore, si disegnò al suolo.
"E questo che cosa sarebbe?" domandò Pk alzando gli occhi al cielo. La fonte della luce, però, era troppo alta perchè potesse identificarla.
"Non saprei..." mormorò Odin dubbioso.
"Be', qualunque cosa sia, casca a fagiolo." borbottò Vladimir. "Così possiamo studiare meglio questo... questo coso"
I quattro si chinarono sull'oggetto firmato ED. Era lievemente ammaccato, su un lato, come se avesse subito una brusca collisione nell'impatto col suolo: la "testa" (o perlomeno quel che poteva intendersi come tale) era completamente storta.
"Secondo voi che roba è?" domandò Vladimir, sospettoso.
"Non ricordi? Lei ha detto di aver inviato una sonda nello spazio. Ci scommetto la paga dei prossimi dodici mesi... di Fitzroy, che si tratta proprio di quest'affare" replicò Pk sospettoso.
"Cioè lì dentro c'è Derane? O Tiffany?" domandò Odin. Dopodichè, sollevò gli occhi e s'irrigidì
"E' un'ipotesi plausibile." ammise Pk, senza accorgersi del mutamento del suo amico. Quindi, quando un'ombra gli coprì la visuale, sbottò: "Spostati, Vladimir, così mi togli la luce!"
"V... veramente non è Vladimir..." fece Odin con un fremito nella voce. "Guarda là!"
Pk, Vladimir e Lyla sollevarono gli occhi nello stesso istante... e allibirono.
Era una specie di grossa astronave dall'aspetto oblungo, che terminava con un becco paperomorfo. Due ali verdi e incurvate, che contrastavano stranamente con il colore bianco sporco della struttura, permettevano all'astroincursore evroniano di levarsi in volo. Anche se, attualmente, stava scendendo verso il suolo.
"Abbiamo compagnia." disse Vladimir
"Evroniani!" esclamò Pk sbalordito.
Con lentezza serafica, l'astroincursore si posò disinvoltamente al suolo. Da una porticina laterale scesero due evroniani, entrambi alti, magri, viola e dall'aspetto nervoso. I loro occhi azzurri senza pupille erano difficili da interpretare, ma Pk suppose che fossero terrorizzati. Chiunque si trovasse sull'astroincursore, doveva essere una persona molto importante.
Poi, un'ombra alta e sottile si disegnò sulla porta laterale, e ne uscì un evroniano. Appariva molto diverso dai due guerrieri che erano discesi poco prima: camminava più eretto di loro e la sua corazza fisiologica era molto più chiara. I suoi occhi erano più piccoli, azzurri e neri, e aveva lunghi capelli biondi e lisci. Indossava una lunga veste color blu-verde, con un mantello sulle spalle, e aveva un'aria in qualche modo più intellettuale. Pk si lasciò sfuggire un verso strozzato, quando si rese conto di conoscerlo bene
"Gorthan!"


"Capo-branca Gorthan! Abbiamo trovato l'oggetto volante non identificato!"
Gorthan annuì, volgendo i suoi fieri e decisi occhi di evroniano, acuti e decisi come quelli di un falco, sullo sperduto paesaggio tutt'intorno. Era uno scoglio inospitale e quasi del tutto disabitato, quel pianeta vagante all'estrema periferia di Evron: per quanto ne sapeva Gorthan, era abitato soltanto da una specie simile ai vermi, troppo elementare e insignificante per servire da coolflame. Non c'era ragione per cui un capo-branca scientifica avrebbe dovuto trovarsi lì. Eppure...
Eppure Gorthan era curioso. Quella strana navetta aliena, dal colore argentato, che aveva tagliato la strada all'astroincursore, era troppo piccola per poter trasportare un essere vivente. E allora di cosa poteva trattarsi?
Gorthan scese lentamente a terra e si avvicinò ad ampie falcate verso i due soldati evroniani che stavano cercando di rimuovere la navetta spaziale precipitata poco distante. Era ammaccata, ma ancora blindata, e Gorthan lesse uno strano simbolo, o forse una sigla: ED. Per qualche istante, il grande evroniano si domandò che cosa potesse significare. In ogni caso, era di sicuro tecnologia umana, riflettè.
"Di cosa si tratta, capo-branca?" domandò sorpreso Eikoor, il più alto dei due guerrieri.
"Lo sapremo presto." replicò con calma l'impassabile Gorthan. Con aria assorta, esaminò la navicella spaziale fino a quando i suoi occhi azzurri si posarono su un pulsante viola, con la scritta gialla FREEEDOM. "Libertà, eh?" mormorò lo scienziato, pensieroso. Non aveva mai visto una simile astronave, nel suo girovagare nello spazio - ed erano anni che solcava le galassie vicine e lontane. Quel "freedom" poteva significare un grande pericolo per l'impero evroniano, oppure celare qualche prezioso segreto. Un evroniano di casta bassa non sarebbe mai riuscito a prendere una decisione così cruciale, ma Gorthan amava le sfide. E poi, non era esattamente indifeso. "Eikoor, Garoo, pronti a fare fuoco al minimo accenno di pericolo. Evrongun a media intensità." ordinò imperiosamente.
"Sissignore." i due soldati, chiamati Eikoor e Garoo, sollevarono le loro armi, pronti a difendere il capo-branca a qualsiasi costo. L'evroniano tornò a concentrarsi sulla navicella, e premette il pulsante con la strana dicitura. L'attimo dopo, l'astronave si sollevò daterra in un alone di luce verdognola.
"Che facciamo, signore, spariamo?" domandò Garoo.
"Zitto, soldato" gli intimò Gorthan, gli occhi fissi sulla strabiliante macchina che aveva di fronte. In poche unità di tempo, la parte anteriore dell'astronave si curvò su sè stessa rivelando una specie di schermo retrattile, nero e spento. Da un jack laterale, contorcendosi come vermiciattoli, si dipanarono alcune spine. Quindi, la sonda tornò a planare sul terreno e la luce verde si spense.
"Capo-branca, che cos'è?" ripetè Eikoor, diffidente. Gorthan rimase in meditazione per qualche istante, osservando sospettoso la strana macchina. Quindi rispose, con voce perfettamente tranquilla:
"Non lo capisci, Eikoor? Questo è un calcolatore umano."
"Un... che?" ripetè Eikoor. Gorthan crollò il capo
"Lascia perdere. Garoo, porta qui il rilevatore di programmazione che abbiamo nell'hangar" ordinò.
"Il... il rilevatore di programmazione, signore?" domandò esitante Garoo. Il rilevatore di programmazione era spesso usato dalle truppe evroniane per scoprire i punti deboli delle astronavi nemiche, analizzandone la struttura: ma da quando un carico di rilevatori difettosi aveva fatto scoppiare quattro caccia, gli evroniani di casta bassa erano piuttosto nervosi all'idea di doverne maneggiare uno. Del resto, però, Gorthan era un capo-branca, secondo solo al consiglio imperiale, e disobbedire a un membro di casta alta poteva essere il peggiore sbaglio nella vita di un evroniano.
"Non mi sembra di aver detto qualcos'altro, Garoo." replicò Gorthan freddamente. Garoo deglutì nervosamente.
"Come desidera, capo-branca Gorthan" disse, ossequioso, defilandosi in tutta fretta, mentre Eikoor continuava a non perdere di mira il curioso oggetto targato ED con l'evrongun.
Gorthan tamburellò con le dita sull'astronave, aspettando il rilevatore, Anche se, riflettè con un sogghigno, c'era ormai ben poco da rilevare. Si trattava senza dubbio di tecnologia terrestre, e nemmeno troppo avanzata: in pratica, un catorcio.
Poche unità di tempo dopo, Garoo tornò barcollando sotto il peso del rilevatore di programmazione: un macchinario color porpora, dall'aspetto simile a uno shuttle, ma più compatto e -ovviamente- molto più piccolo.
"Bene. Adesso potete tornare sulla nave. Il tempo di compiere alcuni controlli, e vi raggiungo." disse Gorthan, imperioso.
"Come desidera." Eikoor e Garoo si allontanarono di corsa, lasciando il capo-branca solo di fronte al calcolatore umano. Con la calma che lo contraddistingueva, l'imponente evroniano premette un pulsante sul rilevatore: una specie di spina elettrica, che terminava con un becco paperomorfo tipicamente evroniano, si srotolò dal macchinario. Gorthan allacciò la presa a forma di becco a uno degli spinotti del computer terrestre: per un attimo l'aria si riempì di un ronzio acuto, come se uno sciame di zanzare avesse deciso di migrare nello stesso luogo. Poi, entrambi i macchinari si accesero di una luce azzurra, elettrica, mentre il trasferimento di dati cominciava. Gorthan attese pazientemente, senza una parola, fino a quando la luce blu si spense, esu uno schermo verde, situato più o meno allo stesso posto dell'hangar di ingresso in uno shuttle, apparvero alcune parole.
"Vediamo..." borbottò Gorthan sollevando il rilevatore. Quindi, i suoi occhi, solitamente imperscrutabili, si spalancarono di stupore quando lesse le parole UNABLE TO LOAD. Una scritta rossa, più piccola, lampeggiò sopra il testo: UNKNOWN TECHNOLOGY. "Tecnologia sconosciuta?" ripetè Gorthan, perplesso "No... si tratta di tecnologia terrestre.."
Improvvisamente, il suo sguardo fu attratto da una spia lampeggiante sul curioso calcolatore. Una scritta. Una scritta che il rilevatore stava traducendo in evroniano.
       ::Libertà!::
Gorthan, sorpreso, si stava ancora interrogando su cosa potesse significare, quando il rilevatore lampeggiò, e lo schermo verde lasciò il posto a un volto sfocato, vagamente paperomorfo. Non aveva veri e propri contorni: sembrava metallo liquido di un color azzurro cupo.
       ::Puoi sentirmi?:: domandò una voce metallica
A questo punto, un altro evroniano sarebbe di sicuro scappato a zampe levate. Ma Gorthan era uno scienziato, non uno qualunque.
"Sì. Posso sentirti." esclamò con lentezza.
Il volto sullo schermo sembrò stupito di ricevere una risposta. Poi, sorrise.
       ::Grazie:: disse ::Per merito vostro... adesso noi siamo vivi.::
"Parli al plurare, ma vedo un volto solo. Questa sembra tecnologia terrestre, ma evidentemente non può esserlo, visto che i miei strumenti non la riconoscono come tale." disse Gorthan, serafico. "Che cosa siete?"
       ::Cosa?:: il volto sembrò sbalordito. ::Tu... voi... siete un alieno, signore?::
"Mi chiamo Gorthan. Sono un capo-branca dell'impero evroniano." replicò Gorthan "E voi siete terrestri, dunque?"
       ::La nostra tecnologia è coroniana. Ma è per colpa di un terrestre... o di un presunto tale... che ci troviamo qui.::
"Le vostre parole mi suonano incomprensibili. Ma avremo modo di continuare questa conversazione... più tardi." ribadì Gorthan, e fece per recidere lo scambio dati, Benchè non fosse sicuro che il volto potesse "vederlo", questi sembrò intuire i suoi pensieri, perchè assunse un'aria terrorizzata (o almeno, terrorizzata per quanto possa esserlo una specie di maschera di metallo liquido).
       ::No! No signore, la prego! Non interrompa quel collegamento! Abbiamo passato talmente tanti anni... nel buio perenne... senza una vera occasione per vivere... per esistere! NON CHIUDA QUEL COLLEGAMENTO!:: esclamò con voce stridula.
Gorthan si volse, sorpreso, verso lo strano volto. Benchè fosse un computer e niente più di una macchina, in qualche modo la sua natura evroniana riusciva a percepire un'ondata di fortissimi sentimenti provenire da lì. Un'ondata di emozioni che avrebbe mandato in tilt l'evrongun più capiente. Ma in qualche modo, l'evroniano riusciva anche a comprendere che non si trattava di sentimenti positivi. Era qualcosa che aveva turbato anche lui, quando si accorgeva di essere ormai diverso dai suoi compagni, quando si accorgeva di quanto i suoi occhi, un tempo simili ai loro, riuscissero a vedere ben oltre le normali apparenze, di quanto insignificante fosse la gloria di Evron rispetto a una popolazione che possedeva quanto di più meraviglioso ci possa essere... la possibilità di sognare, di prendere decisioni autonome, la possibilità di pensare. In quelle occasioni, i sentimenti di Gorthan non erano positivi. E ciò lo aveva molto turbato. Però, la scarica di sentimenti e di emozioni che proveniva da quella stranissima macchina, era... per così dire, molto più intensa.
Il capo-branca era sbalordito. Un computer in grado di provare sentimenti era qualcosa di così... così strano e diverso! Su Evron non si era mai visto nulla del genere. Quindi, lui sarebbe stato il primo a scoprire quel prodigio tecnologico... per un attimo, il capo-branca si sentì tremare pensando a che razza di civiltà potesse aver creato l'oggetto che aveva di fronte. Di sicuro, non era assolutamente civiltà umana.
"Non... non intendo chiudere il collegamento.. per sempre." disse, cercando di mantenersi calmo "Voglio solo... pensare. Poi tornerò."
       ::Sì, certo... dicono tutti così. Ma nessuno è mai tornato:: balbettò il volto, mentre l'ondata di sentimenti negativi aumentava a dismisura.
"Io tornerò." promise Gorthan. Dopodichè, staccò il collegamento. I due schermi si oscurarono e l'evroniano sospirò. In qualche modo, avrebbe voluto continuare la chiacchierata con lo strano... individuo. Ma adesso aveva bisogno di pensare alla sua nuova straordinaria scoperta.
Raccolse con attenzione sia l'apparecchio che sembrava umano, sia il rilevatore: quindi si diresse con passo maestoso verso l'astronave. Doveva chiarire quel mistero.


"Eeeeehi!"
Pk lanciò un grido strozzato: ne aveva ben donde. Un momento prima si trovavano su un pianeta inospitale e semidesertico: adesso, a quanto pareva, erano sull'astroincursore evroniano. Dal finestrino si vedeva il cielo nero come inchiostro, tinteggiato di stelle.
"Cosa...?" fece Odin sbalordito
"Ma come è possibile?" domandò Lyla
"Dove ci troviamo?" ringhiò Vladimir sospettoso "Dov'è Derane?"
Pk era confuso. Quando Gorthan si era avvicinato all'oggetto firmato ED, era riuscito a trovarsi in qualche modo partecipe della scena. Lui era Gorthan e allo stesso modo osservava la scena nascosto da qualche parte. Era riuscito addirittura a percepire i sentimenti dell'evroniano!
"Q... questo scherzo è durato anche troppo..." balbettò, volgendo lo sguardo tutt'intorno. Si trovavano in un ampio stanzone, ovale e di un color verde scuro. L'interno era buio e cupo, assolutamente silenzioso: dalle ombre scure che si vedevano indistintamente, doveva però trattarsi di una specie di laboratorio, o qualcosa del genere.
"Adesso basta!" disse Vladimir furibondo "Non esiste! Voglio uscire di qui!"
A passo deciso, si diresse verso il portello e lo scrutò alla ricerca di qualcosa che sembrasse una maniglia. Niente di niente.
"EHI, LA' FUORI! VOGLIO..." cominciò a urlare, e sollevò un pugno per colpire la porta. Ma la sua mano non si scontrò contro il metallo, oh no. Lo attraversò come se fosse fatto di burro. "Ehi!" esclamò il papero, sbalordito, ritraendo subito il braccio. Gli sembrava di non aver colpito altro che aria, eppure poteva vedere la porta nitida davanti a sè. "Ma che cosa...?"
"Siamo incorporei?!" domandò Lyla
"No, credo semplicemente... noi non siamo qui. Non possiamo intervenire. Possiamo soltanto osservare" disse Odin
"Cioè Gorthan non ci ha visti nè sentiti?" chiese Lyla aggrappandosi al suo braccio
"E' molto probabile." rispose il droide con voce cupa.
In quel momento, si spalancò il portello. Una luce si accese nello stanzone, rivelando file e file di apparecchi elettronici, allineati contro le pareti di metallo verde, e un lungo tavolo con diversi strumenti alieni che avrebbero fatto la loro bella figura in un ospedale. Gorthan entrò a passi rapidi e decisi.
"Facci subito uscire, biondino!" gli intimò Vladimir balzando sulla sua traiettoria. Il grande evroniano non sembrò nemmeno averlo udito. "Ehm... violettoo?" chiese Vladimir mentre Gorthan continuava ad avanzare imperturbabile, come se non lo vedesse neppure. Il papero non fu abbastanza rapido a scostarsi: e Gorthan lo attraversò. Proprio, lo attraversò come se fosse stato niente più di un ologramma: non parve nemmeno accorgersene. "Aaaaah!" gridò Vladimir balzando di lato e guardando Lyla, Odin e Pk con aria stralunata. "A... avete visto?" domandò balbettando "Mi... mi ha attraversato come se fossi un fantasma!"
Odin annuì mentre Pk aiutava il giovane papero a rialzarsi. Da parte sua, Gorthan non udì nulla di tutto questo frenetico parlottare: la sua mente era altrove. Gli occhi azzurri e decisi dell'evroniano scivolarono sull'oggetto alieno, il computer pensante, come l'aveva rinominato tra sè e sè. Assorto nei suoi pensieri, si sedette al tavolo e chiuse gli occhi, meditando. Cosa doveva fare, a questo punto?
Aveva appena scoperto un prodigio tecnologico. Un computer con una personalità propria. La sua indole di scienziato lo avrebbe di sicuro spinto a compiere alcuni esperimenti, cercare di smontare l'oggetto per scoprire come e perchè il computer riuscisse ad avere dei sentimenti, tentare di carpire i segreti della società aliena che l'aveva creato. Ma in fin dei conti, si trattava sempre e comunque di un essere senziente, e Gorthan non era così sicuro che eliminarlo sarebbe stata unan buona scelta. Se avesse potuto compiere degli studi come quelli che svolgeva sulla sua stessa razza...
Improvvisamente, il capo-branca balzò in piedi, folgorato da un'idea. Un'idea folle? Forse, ma poteva anche trattarsi di una grande scoperta scientifica, la più grande da quando erano state create le evrongun. Il computer aveva, per così dire, un cervello. Lui non avrebbe potuto... dargli un corpo fisico? Creare un essere artificiale, uguale in tutto e per tutto a un vivente... o magari, anche meglio? La tecnologia evroniana poteva permetterlo. E quel misterioso software alieno, be', sembrava abbastanza avanzato.
Gorthan si costrinse a sedere di nuovo, e tamburellò con le dita sul calcolatore umano, riflettendo rapidamente. Se il suo piano fosse riuscito, avrebbe aperto un nuovo orizzonte alla sua razza: nessuno aveva mai fatto niente del genere. Tutti i suoi mutanti erano creature vive: ma se lui avesse creato da sè un essere artificiale, potente quanto un mutante, e dotato di un'intelligenza propria... era un'ipotesi affascinante.
Deciso, l'evroniano riattivò il rilevatore: premette un pulsante laterale, e sullo schermo verde apparvero le dimensioni dell'ultimo software con cui era entrato in contatto.
TWO FILES SCANNED.
"Cosa diamine..?" l'evroniano armeggiò con il pulsante laterale. Che il rilevatore si fosse guastato?
RELOAD... PLEASE WAIT...
TWO FILES SCANNED. 194828194384756657238292918374747591948475738382918374758393838389 ALPHA. 405929394959582729292029485678105938275068127505827820292920 ALPHA.
Gorthan spalancò gli occhi. Dunque, nel misterioso computer c'erano due software caricati. Ma la cosa più sconvolgente era l'enorme dimensione dei suddetti. 405929394959582729292029485678105938275068127505827820292920, addirittura 194828194384756657238292918374747591948475738382918374758393838389 alpha di files! Neanche i computer dell'Accademia erano così potenti!
Una luce trionfante brillò negli occhi azzurri di Gorthan. Aveva di fronte a sè il computer... no, l'intelligenza artificiale più potente mai realizzata su Evron. E lui stava per fare qualcosa di altrettanto grandioso.
Impaziente, l'evroniano si avvicinò a una specie di interfono: quindi, sillabò con voce alta e chiara:
"Modulo Y! Sistema lanciato! Taratura in corso!"
Per qualche istante, si udì un breve ronzio: poi, un cono di luce dorata colpì il centro del tavolo.
"Taratura effettuata! Modalità Composizione, tutti i sistemi attivati!" ordinò l'evroniano. Dai muri della stanza si aprirono finestrelle nascoste, dalle quali si dipanarono lunghi bracci meccanici, strumenti vagamente simili a pistole laserizzanti, fibre, cavi e ogni sorta di strumento possibile e immaginabile. Poi, come se avessero avuto le ruote, due poltrone che ricordavano quelle di un dentista si disposero ordinatamente ai lati del tavolo. Senza tradire la sua emozione, Gorthan raccolse un'enorme scatola, posta sotto al tavolo e che sembrava piena di minuscoli strumenti metallici e fili di nylon, e ne estrasse due minuscole macchie nere: avvicinandosi meglio, Pk riuscì a distinguere che si trattava di microchip. Il droide ne pose uno per sedia, quindi si diresse verso una specie di tastiera incassata nel muro, davanti a uno schermo nero che poteva essere scambiato per una finestra, e cominciò ad armeggiare con delle leve.
All'inizio, sembrò che non succedesse nulla. Poi, un macchinario emise un lungo fischio lamentoso, e i bracci meccanici scattarono, intrecciando sapientemente i componenti metallici: fili, prese di corrente, jack e sensori vennero collegati e allacciati l'un l'altro. La struttura di base poteva sembrare un gigantesco uovo, ma ben presto Pk cominciò a riconoscere segni antropomorfi: braccia, gambe, mani, dita perfettamente articolati. Le non meglio identificabili pistole laserizzanti colpirono la struttura diverse volte con raggi dall'aspetto inquietante: ogni volta, l'interno del laboratorio si illuminava di luce colorata mentre i due corpi in costruzione sfrigolavano producendo scintille vagamente simili a quelle di una fiamma ossidrica. Di tanto in tanto, Gorthan premeva un pulsante, e i due soggetti flettevano le articolazioni o si tiravano a sedere.
Ben presto, sotto gli occhi attoniti di Pk, Lyla, Odin e Vladimir ci furono due strutture elettroniche che assomigliavano a paperi terrestri: due droidi inanimati. A quella vista, gli occhi di Odin Eidolon si riempirono di lacrime.
"Odin. Stai bene?" gli domandò Lyla in un sussurro.
"Credo... di sì. E' solo che mi ha riportato alla mente... qualcosa... che ho già vissuto." borbottò lui, lanciando un'occhiata colpevole a Pk. Ma se il papero mascherato voleva accusarlo di avergli celato la sua vera identità, di sicuro non intendeva farlo adesso.
Un'ultima scintilla, poi i bracci meccanici si fecero da parte, e lasciarono il posto a un aggeggio tremendamente simile a un cannone. Gorthan prese attentamente la mira contro il primo droide. Solo quando fu sicuro di averlo inquadrato nel mirino, tirò una leva azzurra simile a un joystick.
Il cannone sparò. Ma non ne uscirono laser, gas, o raggi dall'aspetto pericoloso. Una sostanza biancastra, che assomigliava a cemento liquido, circondò il droide e vi rimase appiccicata sopra. Invece di gocciolare a terra, però, circondò la struttura dell'essere fino a quando non l'ebbe completamente ricoperto: a quel punto i colori cominciarono a cambiare, definendo meglio la struttura esterna. In pochi istanti, il robot era diventato un papero massiccio, tarchiato e muscoloso, con capelli biondi che ricordavano un po' quelli di Gorthan, e un becco piatto, tipo quello di Paperoga. Mani, zampe, volto: adesso tutto aveva un suo colore. Inoltre, il droide indossava una tenuta dall'aspetto plastico, simile alla tunica azzurra di Gorthan.
"Santo cielo..." mormorò Pk "Ma allora era davvero un genio..."
A quel punto, il cannone si ritrasse e si volse meccanicamente verso l'altro droide, apparentemente più alto. Gorthan tirò la leva verde, e anche il secondo essere artificiale si ritrovò spruzzato di cemento liquido, o quello che era.
"Pliodermax." mormorò Odin serio. "O qualcosa del genere."
Quando videro il volto dell'altro droide ultimarsi, tutti e quattro rimasero a becco aperto. Lunghi capelli neri incorniciavano il bel volto di Derane, alias Tiffanny. Era vestita esattamente come il droide biondo, ma era lei, senza ombra di dubbio
"Derane!" esclamò Vladimir. "Che cosa le stai facendo, brutto mostro?!" ringhiò, lanciandosi contro Gorthan. Pk, Odin e Lyla lo trattennero per le braccia.
"Stai fermo, scemo!" gli intimò Odin.
"Te lo scordi!" replicò Vladimir "Io la amo! Non gli permetterò di farle del male!"
"Ma non ti rendi conto che non le sta facendo del male?" sibilò Odin "E' merito suo, se lei adesso esiste!"
"Cosa...?" Vladimir sembrò perdere ogni atteggiamento bellicoso, ma era ancora confuso. E chi non lo sarebbe stato, al posto suo?
Del tutto ignaro della scena che si stava svolgendo nel suo laboratorio, Gorthan si allontanò dalla tastiera per esaminare i due droidi senza vita che sedevano sulle poltrone da dentista. Aveva espressamente usato un design basato sulla morfologia dei paperi terrestri: del resto, apparentemente la navetta aliena sembrava essere proprio di origine terrestre.
Il capo-branca prese tra le braccia il computer e il rilevatore. Per prima cosa, attaccò la spina di quest'ultimo a un jack posto di fianco alla tastiera con cui aveva creato i robot: poi allacciò la presa con il becco paperomorfo al computer pensante, e collegò due delle lunghe spine pendenti dal suddetto al braccio destro dei droidi inanimati. A quel punto, si diresse verso la tastiera e spinse il pulsante d'accensione.
Si udì un forte sibilo, e computer e rilevatore furono di nuovo investiti dalla luce azzurra dell'elettricità. Ma stavolta Gorthan tirò una leva prima che il rilevatore potesse ultimare lo scambio dati. La luce azzurra si propagò fino ai due droidi, e le strutture metallihce sobbalzarono mentre il trasferimento avveniva. Avvenne tutto in pochissimi minuti: poi si udì un forte scoppio, e il collegamento cessò. Le spine si tesero e si strapparono lasciando libere le braccia dei due organismi cybernetici mentre una nuvola di fumo si levava nel laboratorio. Gorthan spense la macchina assemblatrice per evitare un sovraccarico e si diresse verso i due droidi: richiuse le loro braccia meccaniche, e attese in silenzio.
"A me sembra che non abbia funzionato." borbottò Pk. Proprio in quel momento, la droide Derane-Tiffany spalancò gli occhi azzurri.
La luce della lampada al neon era così forte, che Derane chiuse gli occhi, schermandosi il volto con una mano in un gesto automatico. Quindi, si fermò di colpo. Cosa stava facendo? Lei non aveva una mano...
Esitante, riaprì debolmente gli occhi ed emise un verso di stupore. Una miriade di splendidi colori intensi si prospettò davanti ai suoi occhi: dove fino a un minuto prima c'era il buio, adesso si stagliava una stanza dall'aspetto straordinario, con una superficie piana e alcuni curiosi oggetti in movimento, macchine? Ma non importava. Lei poteva vedere! Non aveva mai immaginato, nemmeno nei suoi sogni più belli, che il mondo esterno fosse così bello e colorato: talmente colorato che per un attimo le fece quasi girare la testa. E i suoi occhi... i suoi occhi fluttuavano senza sosta da un angolo all'altro della stanza, incapaci di contenere la propria curiosità. C'erano troppe cose da vedere, un mondo di cui lei non aveva mai sospettato l'esistenza. E i colori!
"E'... è incredibile..." mormorò. Quindi, in un moto di stupore, si portò le mani al becco. Cos'era successo? Perchè la sua voce mentale non funzionava più? Il suo cervello aveva inviato un segnale al suo becco, e lei aveva parlato, la sua voce era risuonata nello spazio vuoto tutt'intorno... un momento. Becco? Quale becco? Lei non aveva mica un becco...
Abbassando lo sguardo, non potè trattenere un altro grido di stupore. Un becco... un paio di braccia...
"Cosa..?!" balbettò sconvolta e tremante. Impossibile! Aveva l'aspetto di una papera, una papera terrestre! Non riusciva a credere ai suoi occhi. Cos'era successo negli interminabili minuti di buio opprimente? Come aveva potuto cambiare così tanto? Si volse, stordita... e si trovò faccia a faccia con l'essere più strano che avesse mai visto. Poteva sembrare un papero: aveva lunghi capelli biondi, un colorito viola, e occhi piccoli e azzurri, contornati di nero. Eppure non era - non poteva essere - un terrestre... Una folla di domande si affacciò alla mente della sbalordita Derane, che riuscì solo a balbettare:
"Cosa... che cosa mi è successo?"
"Ben svegliata." disse Gorthan seriamente, senza batter ciglio. "Ti avevo promesso che sarei tornato, no?"
A quelle parole, Derane parve ancora più sorpresa.
"S... siete voi..." disse con voce strozzata "G... Gorthan?"
"Sì. Gorthan." annuì il capo-branca.
"Gorthan..." ripetè, confusa, la bella droide "Gorthan, cos'è successo? Com'è possibile che... che..." si guardò le mani, troppo sorpresa per parlare.
"Se alludi al fatto di essere diventata un individuo completo, bene, è merito mio" disse con calma l'evroniano.
"Cosa?" lei indietreggiò d'un passo, sbalordita "Qu... questo significa che tu... voi.. siete voi il mio creatore..."
"Il tuo software esisteva già prima che io decidessi di compiere l'esperimento." ribadì Gorthan brevemente.
"Voi... voi non potete capire..." mormorò Derane "I nostri softwares sono stati creati per non esistere. Abbiamo vissuto fino a questo momento nel buio, nel buio perenne! E' merito vostro se adesso abbiamo un'occasione di vivere!" aggiunse con un radioso sorriso. "E questo mondo è così... così affascinante e colorato! Cominciavo a credere che fosse buio e cupo come il regno che mi sono lasciata alle spalle..." mormorò con le lacrime agli occhi, voltandosi per vedere meglio l'interno del laboratorio. Quindi, i suoi occhi si posarono su una sagoma rigida, poco distante. Un papero biondo che sembrava addormentato. Seduto su una poltrona come la sua. "Chi è?" domandò con fare sorpreso, voltandosi interrogativamente verso Gorthan.
"Egli è il software che era con te." replicò l'evroniano "Di più, non so dirti."
"Bis?!" Derane spalancò gli occhi azzurri e si avvicinò al droide addormentato. "Bis, Bis, svegliati!" esclamò battendo allegramente le mani "Siamo vivi, Bis! Il buio è finito! Viviamo nel mondo vero, il mondo dei colori!"
Il droide aprì stancamente gli occhi, e senza girare la testa le lanciò una lunga occhiata malinconica. I suoi occhi erano diversi da quelli di Derane, notò Pk: assomigliavano più a quelli di Gorthan, e non avevano pupille, ma erano color argento.
"Ti rendi conto?!" gli urlò Derane in un orecchio "Siamo vivi! VIVI!"
Il droide sospirò svogliatamente, poi richiuse gli occhi e mosse impercettibilmente le dita di una mano, come per testarle.
"Non vuoi vedere il mondo dei colori?" si scandalizzò Derane. Il biondo non rispose. Amareggiata, la sorella arretrò scuotendo il capo.
"Si comporta in modo... diverso, da te." osservò Gorthan.
"Già... il fatto è che Bis non ha sopportato di venire relegato nel buio. E' sempre stato così." borbottò lei scuotendo la testa. Quindi, tornò a fissare l'evroniano "Com'è il mio aspetto? Assomiglio a Bis?" volle sapere.
"No. Benchè siate due modelli dello stesso gruppo, ho approntato delle modifiche al design. E ho potenziato lo schema di una normale struttura... terrestre." spiegò Gorthan. "Da questa parte" disse, scortando Derane fino a un grande specchio posto a un lato del laboratorio che serviva per gli esperimenti con la luce delle stelle. Derane osservò perplessa il volto che la osservava. Era davvero lei, quella? In tal caso, era ancora più bella di quanto avesse mai potuto sperare. "La vostra struttura è dotata anche di armi molto efficaci." continuò Gorthan. "Se provi a puntare un dito contro un ostacolo - per favore, non contro quegli strumenti, sono estremamente cari e dispendiosi - potrai accorgertene da te."
Derane obbedì: socchiuse attentamente gli occhi e prese la mira contro un angolo opportunamente vuoto del laboratorio. Quindi, si concentrò.. e l'attimo dopo, una scarica elettrica partì dal suo indice sinistro.
"Forte!" esclamò sbalordita.
"Già, un equipaggiamento molto funzionale in caso di eventuali battaglie." asserì Gorthan. "Da sinistra verso destra... coltello svizzero, raggio elettrico, sonar, raggio idrico, raggio infuocato, lama di coltello, raggio laser, freccette, mine esplosive e cannone iperturbo." riferì.
"E'... è incredibile" mormorò Derane, guardandosi le mani con rinnovato stupore.
"E non è finita qui." aggiunse Gorthan "Se il vostro software è compatibile, dovreste avere entrambi la possibilità di telecinesi, lettura e controllo mentale. Non ti resta che stabilire un contatto ottico con la persona alla quale vuoi leggere la mente."
"Posso fare un tentativo?" mormorò Derane, esitante.
"Ma certo." annuì l'evroniano. Gli occhi di Derane si fissarono nei suoi, e l'attimo dopo la droide dai neri capelli potè letteralmente sentire l'orgoglio di Gorthan.
"Funziona!" esclamò stupefatta.
"Non avevo dubbi." replicò Gorthan con un sorriso compiaciuto. "E non è finita qui."
"No?" domandò Derane sorpresa. "Ma voi... voi siete un genio..."
"Non darmi del voi. Preferisco." replicò Gorthan porgendole una lunga barra metallica. "Se adesso tu provassi ad applicare una tensione via via crescente, ti accorgeresti quanto la forza della vostra struttura sia di gran lunga superiore a quella umana." concluse. Derane annuì e strinse la sbarra metallica, concentrandosi sul suo nuovo potere. Neanche troppo lentamente, l'acciaio cominciò a piegarsi e inclinarsi fino a formare un lungo arco. Un ulteriore attimo di pressione, e l'arco si ruppe in due pezzi. "Che ti dicevo?" esclamò Gorthan "Ovviamente non sono ancora sicuro di quale sia il livello massimo che voi due possiate raggiungere. In parole povere, non so fino a che punto potete arrivare."
Derane non lo ascoltava. Stava guardando quella che un tempo era stata una sbarra di metallo, e i suoi occhi scintillavano di lacrime. Quindi, improvvisamente, lasciò cadere i due pezzi di metallo e si gettò tra le braccia di Gorthan, scoppiando in singhiozzi.
"Grazie" esclamò tra le lacrime "Grazie infinite... padre."
Gorthan rimase sbalordito. Quando Derane lo aveva abbracciato, la sua mente aveva trasmesso a quella dell'evroniano un mare di sensazioni contrastanti. Per la maggior parte, erano sentimenti negativi: terrore represso, tristezza, malinconia. Ma c'era anche un barlume di sentimenti positivi: come... gioia, sollievo. Lo stesso che un evroniano avrebbe provato dopo essersi salvato da una pioggia di meteoriti. Sollievo per la fine del dolore. Gorthan non riusciva a raccapezzarsi: da che razza di orribile e terrificante mondo proveniva il software dell'essere artificiale che lui aveva creato? Per averla fatta soffrire in quel modo, doveva essere un vero orrore.
Oltretutto, lo stesso Gorthan si sentiva confuso, in balia di sentimenti che non aveva mai avuto prima. Da una parte, provava l'impulso irresistibile di vendicare Derane: avrebbe voluto estrarre l'evrongun dal fodero e sparare contro la persona che aveva causato tanto dolore all'essere meccanico, chiunque fosse. Non sapeva perchè: non aveva fame, semplicemente sentiva che, se l'avesse fatto, sarebbe stato un bene... più o meno come un'invasione perfettamente riuscita. D'altra parte, avvertiva una specie di ostruzione in gola che gli rendeva difficile parlare senza che la sua voce si incrinasse, e i suoi occhi azzurri e fieri erano in preda a uno strano senso di pizzicore. Inoltre si sentiva stanco, come se gli mancasse qualcosa che non riusciva a trovare, e avvertiva una stranissima sensazione in alto, a sinistra, nel cuore: una sorta di fitta dolorosa che, però, non era esattamente un male fisico. Gorthan sospirò cercando di ricomporsi: che fosse stato malato? Poi, avvenne tutto d'un tratto, troppo in fretta perchè il suo cervello evroniano potesse impedirlo. In un riflesso automatico, Gorthan abbracciò a sua volta Derane, e udì una voce - la sua voce? Come suonava strana e tremula! - cercare di consolarla, dicendo:
"Nell'universo ci sono tante stelle, ma può capitare anche di trovare qualche meteorite. Però, nelle profondità del vuoto cosmico, si nascondono i buchi neri che sono destinati prima o poi a catturare il meteorite. E ad annullarlo. Dimentica i meteoriti che hanno minato la sua esistenza, qualunque essi siano stati. Adesso è finita - e avremo tutti un futuro, a Evron."
Gorthan rimase sconvolto dalle sue stesse parole. Cosa diamine stava dicendo? E perchè avvertiva quelle strane sensazioni? Per un attimo, un'idea folle si affacciò alla sua mente: stava provando dei sentimenti.
Possibile? Dopo anni e anni passati a cibarsi di energie emozionali, adesso lui stesso cominciava a produrne? Come se i dubbi sulle idee di colonizzazione dell'imperatore non fossero già abbastanza problematici!
"Mi sto avvicinando molto ai terrestri" pensò con amarezza "Mi stanno contagiando. So che è così. Perchè proprio io?" si domandò. Forse perchè lui aveva studiato i terrestri più a fondo dei suoi compagni? Forse perchè in un qualche modo ne era affascinato? Possibile che il fascino magnetico di quegli alieni lo stesse rendendo simile a loro? Gorthan scosse la testa. Tutti quei pensieri lo confondevano.
"Avremo un futuro, a Evron." ripetè, con voce più ferma, stavolta.
"A... A Evron..." balbettò Derane, asciugando le lacrime che le rigavano il volto "Andiamo a Evron, allora!" esclamò poi, abbozzando un sorriso.
"D'accordo." disse Gorthan. Quindi, gli sfuggì un involontario: "Ma adesso basta piangere... figlia mia."
"Oh, padre!" esclamò Derane tra il pianto e il sorriso, tornando ad abbracciare l'evroniano. Quindi, si volse verso Bis, ancora seduto sulla sedia da dentista, e con gli occhi chiusi "Bis! Mi stai ascoltando?" esclamò "Adesso abbiamo una famiglia! Una vera famiglia!"
Bis socchiuse gli occhi, e Gorthan gli tese amichevolmente una mano. Per un attimo, il droide biondo sembrò sul punto di accettare l'abbraccio dell'evroniano, o al massimo dire qualcosa. Il suo sguardo triste passò da Gorthan a Derane: quindi, con un sospiro, tirò indietro la testa e chiuse di nuovo gli occhi, riassumendo l'aspetto vagamente zombiesco.
"Bis!" esclamò Derane turbata, scuotendo i lunghi e lucenti capelli neri. Il fratello non rispose e ciò mise la droide di cattivo umore. Non voleva che Gorthan pensasse male di loro - non dopo tutto quello che aveva fatto per offrirle un'occasione di vivere.
"Lascia perdere." la rassicurò l'evroniano con un cenno, mentre il suo sguardo severo si posava su Bis. "Credo che andrò a controllare quanto manca allo sbarco a Evron." concluse brevemente, allontanandosi poi a passi rapidi. Derane rimase a guardarlo fino a quando la sua ombra non fu svanita dietro al pesante portello verdognolo: quindi, si volse verso Bis, che aveva sempre gli occhi chiusi.
"Bis! Hai intenzione di ascoltarmi?" sbottò furibonda.
"No." "Bis..."
"Non c'è fine all'immensità..."
"Bis?"
"Il buio sarà in eternità..."
Derane sospirò. Diverse volte Bis aveva cantato quella lunga, malinconica canzone. E non c'era modo di farlo smettere.
"Sempre durerà l'oscurità..."
La droide si avvicinò al finestrino, che spaziava nel cosmo nero come inchiostro. I suoi occhi azzurri si posarono sulle stelle scintillanti, e si ritrovò a pensare a Due, il fratello lontano. Due, il fratello che si era sacrificato. Ripensando alle sue grida disperate mentre il suo programma veniva azzerato, Derane provò improvvisamente un senso di colpa. Forse lei e Bis avrebbero dovuto portarlo con loro. Ma no. Due non li avrebbe mai ascoltati. E forse non avrebbe mai apprezzato un tipo come Gorthan. Però le mancava. Erano una squadra, e adesso erano rimasti in due. Questo non le piaceva.
"Luce, prendi la mia mano..."
"Piantala" borbottò Derane tra i denti "Mi dà ai nervi, questa canzone"
"Luce, guidami lontano..."
"Bis..."
"Luce, fammi riposare..."
Furibonda, la droide si tappò le orecchie con le mani, sedendosi sulla sua sedia dentistica e cercando di ignorare la voce lamentosa del fratello che continuava a intonare la nenia.
"Non c'è fine all'immensità..."
"La vuoi smettere?" sibilò Derane, imbronciata.
"Chi combatte, la vita perderà..."
Derane sbuffò, sforzandosi di ignorare Bis. La cosa andò avanti per un quarto d'ora, in cui il fratello sembrò più monotono del solito. Poi, la porta si aprì di nuovo, e Gorthan entrò a larghi passi. Vedendo il droide che cantava, si fermò, sbalordito.
"Che gli prende?" chiese a Derane.
"Niente. Canta." replicò lei di malumore
"Le... differenze, del vostro comportamento, sono per così dire... curiose." osservò l'evroniano, calmo e imperscrutabile.
"Bis non era così, una volta." ammise Derane, guardando torva il fratello che continuava a cantare imperterrito. "Ma poi... è passato così tanto tempo... e lui non ha resistito al buio."
Gorthan non disse nulla per un secondo, poi chiese:
"Ma cosa vi è successo? Cosa può averlo ridotto in questo stato?"
"Anni di solitudine e rancore." rispose Derane, abbattuta. "Noi eravamo parte del software di backup di una potente intelligenza artificiale coroniana. Destinati ad entrare in azione qualora il sistema principale si guastasse." un sorriso triste le illuminò il volto. "Già... un guasto... un guasto che non sarebbe mai avvenuto. La tecnologia coroniana era perfetta. In pratica, siamo stati creati per non esistere. Sono passati così tanti anni... così tanti anni..." una lacrima, lenta e inesorabile, scivolò dal suo occhio sinistro. "Uno di noi è andato incontro alla distruzione. E' stato spento. Io sono riuscita a portare in salvo me e Bis su quella navetta spaziale per puro caso di fortuna. Altrimenti tutta la nostra attesa sarebbe stata vana."
"Per Evron..." balbettò Gorthan, sconvolto, cercando di mantenere il suo solito tono di voce imparziale. "Se... se questo fosse vero... una vita lunga mille anni, trascorsi in un oblio infinito..."
"Nell'odio e nel rancore..." borbottò Derane con aria cupa.
"Adesso è tutto finito." disse Gorthan posandole una mano sulla spalla. "Guarda, figlia mia. Siamo vicini a Evron." aggiunse, indicando il finestrino con un cenno del braccio "Siamo a casa, adesso."
Derane si avvicinò al finestrino e osservò la sagoma di un planetoide artificiale delinearsi all'orizzonte.
"Evron..." balbettò "A Evron sarà diverso.. non è vero? Niente più oblio?"
"Certo che no." la rassicurò l'evroniano "A Evron comincerà una nuova vita."
La droide contemplò per qualche istante il pianeta in rapido avvicinamento, quindi si volse ed esclamò gioiosamente:
"Bis! Bis! Siamo a Evron, siamo a casa!"
"Luce, guidami lontano..."
"Bis?"
"Luce, fammi riposare..."


Zargon osservò con disprezzo l'astronave che planava dolcemente sul suolo di Evron. Il grande capo-branca Gorthan era tornato. Un mollaccione in più sul pianeta, riflettè il generale con una smorfia disgustata. Non conosceva personalmente Gorthan, ma doveva probabilmente trattarsi di un altro di quei cosiddetti scienziati che si erano pagati l'ascesa nella gerarchia evroniana. A Zargon, gli scienziati non piacevano. E ancora di meno gli piacevano tutti gli evroniani di casta bassa che si erano radunati intorno alla navetta di Gorthan, curiosi per il ritorno del capo-branca.
"Puah. Leccapiedi." borbottò il guerriero con un cipiglio cattivo. Tutto per una semplicissima gita sperimentale su Vega Y. A che poteva servire studiare le fonti di energia locali? Tanto, gli abitanti erano stati coolflamizzati in massa!
Gli occhi sprezzanti di Zargon si posarono sui due guerrieri di scorta al capo-branca: poi, lo scienziato lasciò l'astronave, ignorando gli sguardi degli evroniani di casta bassa raggruppati lì attorno. Il solito, stupido cretinetto dal sorriso borioso, ringhiò Zargon, progettando di andarsene a elaborare un piano di guerra. Ma qualcosa lo trattenne, perchè dall'astronave erano usciti altri due individui dall'aspetto paperomorfo ma non evroniano. La femmina aveva lunghi capelli scuri, e sembrava piuttosto graziosa. Dietro di lei, stava un maschio ingobbito e vagamente zombiesco che sembrava troppo stupido per essere preso in considerazione. Dall'aspetto, sembravano terrestri
Gli evroniani osservavano i due stranieri con tanto d'occhi e bisbigliavano freneticamente, indicandoli e scambiandosi colpi di gomito. Ma Zargon era accigliato. Perchè Gorthan aveva condotto due terrestri, e per di più non coolflamizzati, sul loro pianeta, mentre il suo incarico era un semplice studio alle energie di Vega Y? A passi rapidi e furiosi, il generale si diresse verso di lui.
"Via tutti! Non c'è niente da guardare!" sbraitò con voce tonante. Gli evroniani, riconoscendo il grado del generale, si affrettarono a obbedire, correndo via e sparpagliandosi in tutte le direzioni come yiostly terrorizzati. Gorthan, invece, non sembrò averlo neppure sentito: procedette imperterrito, diretto verso i laboratori scientifici di Evron. "Fermati! Fermati immediatamente! Capo-branca Gorthan!" ruggì Zargon, affrettando il passo verso il terzetto. Finalmente, lo scienziato si decise a voltarsi, con un sorriso di circostanza stampato sul becco.
"Sì, Generale?" domandò con voce flautata.
"Chi sono loro?" lo interruppe bruscamente Zargon, indicando i due terrestri con un cenno del capo.
"Salve. Io sono Derane, e questo è..." cominciò Derane.
"Tu sta' zitta!" ringhiò Zargon, tornando a guardare l'accigliato Gorthan. "Sono terrestri, quelli?" sbottò.
"Non esattamente, Zargon." replicò Gorthan, asciutto.
"La tua missione, capo-branca, era di analizzare le strutture energetiche di Vega Y! Non di condurre sul nostro pianeta due estranei, e per di più nemmeno coolflamizzati!" lo aggredì il generale.
"Ma infatti loro non sono estranei, Zargon." fece Gorthan "Se solo tu potessi capire, mio povero amico guerriero..."
"Io non sono tuo amico, vecchio barbagianni!" lo rimbeccò Zargon, furioso.
"Questo si vede." rispose Gorthan sarcastico. "In ogni caso, Generale Zargon, si dà il caso che i qui presenti Derane e Bis siano esseri artificiali sviluppati a misura di softwares alieni che abbiamo incrociato sul ritorno. Droidi, insomma."
"Non me ne importa un fico secco di cosa siano!" ringhiò Zargon "La tua missione non era di portarli qui e basta! L'imperatore ne verrà informato, Gorthan!"
"Di sicurò l'imperatore non avrà niente da ridire sulle mie scelte personali per quanto riguarda tecnologie aliene." replicò sprezzante Gorthan.
"Lo vedremo!" sibilò il generale. "Sei un illuso se pensi di cavartela così! Come minimo, verrai degradato!"
"Sì, ti piacerebbe!" borbottò Gorthan senza nemmeno degnarlo d'attenzione. "E ora, se permetti, avrei da fare. Derane, Bis, muoviamoci" intimò ai due droidi, tornando a dirigersi verso i laboratori. Ma Zargon gli si parò davanti, con un balzo felino
"Non usare quel tono con me, vecchio pazzo rimbambito!" sibilò. "Ma prima o poi ti incastrerò, capo-branca! Sei un cospiratore contro Evron, e io lo so benissimo!"
"Bene, e tu sei un enorme idiota!" ringhiò Derane, spingendo da parte Gorthan prima che questi potesse rispondere e fronteggiando irosamente Zargon
"Tu stai zitta, donna!" intimò il generale
"COL CAVOLO!" ringhiò Derane. Zargon era sorpreso e furioso nello stesso tempo. Questa femmina irascibile poteva anche essere graziosa, ma avrebbe fatto meglio a chiudere il becco, se non voleva finire in guai seri
"Taci immediatamente!" sibilò "E' un generale evroniano che te lo ordina!"
"Stai fresco se pensi di dire a ME quello che devo fare!" lo rimbeccò Derane "E ti dirò una cosa, non osare mai... e intendo dire mai più minacciare Gorthan... o ne pagherai le conseguenze, stanne certo!"
L'ira accecò per un attimo il combattente evroniano. Come si permetteva quella spudorata femmina artificiale, di rivolgersi a lui in quel modo?
"Non OSARE!" sbottò, dandole un manrovescio. A dire la verità, quello che si fece più male fu proprio lui, dato che Derane era fatta di metallo: ma la droide, che non se l'aspettava, fu sbalzata a terra dalla sorpresa, con un clangore metallico. Gorthan, furibondo, strattonò Zargon per un braccio
"Lasciala stare! Hai sentito cosa ti ho detto, generale? Altrimenti ti giuro che..." sibilò.
"E molla!" ringhiò Zargon, liberandosi con una manata. Quindi, scosse violentemente Gorthan per le spalle "Pagherai per la tua imprudenza, capo-branca! E prima o poi troverò il modo di farti sbattere nel Pozzo per i prossimi cento anni, insieme ai tuoi mutanti!"
"Toglimi immediatamente le mani di dosso!" berciò Gorthan rabbioso. In quel momento, Bis sembrò uscire dal suo solito stato di trance. Lentamente, aprì gli occhi argentei, e vide Zargon che stava per picchiare Gorthan.
Suo padre.
Accadde tutto come al rallentatore: il droide biondo si erse nella sua considerevole altezza di un metro e novanta, raddrizzando le spalle. Le sue mani enormi, grandi il doppio di quelle di Zargon, si chiusero a pugno. Dpodichè, Bis emise un ringhio sordo che si trasformò in un vero e proprio ruggito: abbassò la testa, prese la rincorsa contro Zargon. E caricò.
"Ma che cosa...?" cominciò a dire l'evroniano, voltandosi. L'attimo dopo, Bis lo investì come un treno in corsa. Non si limitò a calpestarlo: lo afferrò per il bavero, sollevandolo per aria, tirò indietro un braccio e gli assestò un formidabile diretto in pieno volto. Zargon non fece nemmeno in tempo a urlare: si ritrovò sbalzato via dal contraccolpo, e precipitò a terra come uno yiostly. Con un grugnito rabbioso, Bis si volse: posò una mano sulla spalla di Gorthan, una su quella di Derane (che nel frattempo si era rialzata giusto in tempo per assistere alla scena) e li spinse via con decisione. Entrambi, del resto, erano troppo sorpresi per spiccicare parola.
"Ehi tu, dove credi di andare?!" chiamò Zargon, rialzandosi, ferito nell'orgoglio ancora più che fisicamente, squadrando il gigantesco droide con aria furiosa. Bis smise di camminare e si volse, piazzandosi proprio di fronte al generale. Zargon non era esattamente gracilino, ma rispetto a lui sembrava una formica!
"Hai detto qualcosa, verme?" tuonò con voce tonante Bis.
"Fatti sotto, ammasso di ferraglia!" ringhiò l'evroniano, dimostrando più coraggio di quanto ne avesse in realtà.
"Non mi piace che la gente mi offenda." ribattè Bis, con voce cavernosa.
"Ma davvero? E allora farai meglio a cambiare abitudini, ciccio!" gli intimò il generale.
"Perdo la ragione, quando qualcuno mi offende." sillabò Bis.
"Ma quanto mi dispiace!" replicò Zargon sarcastico, stringendo i pugni
"Divento una furia, se qualcuno mi offende." ringhiò Bis imbufalito.
"E dovrei avere paura?" lo sbefeggiò Zargon. "Puah! E' ridicol... oooooh! Aiutooooooo!" strillò, quando Bis abbassò la testa e gli sferrò una poderosa testata nello stomaco, che mandò il generale a ruzzolare a terra. "Stavolta hai esagerato, robottino!" gracchiò Zargon. In un riflesso automatico, balzò in piedi, sfoderò l'Evrongun, e sparò. Ma il raggio si riflettè contro la struttura metallica di Bis, i cui occhi si stavano lentamente chiudendo. "Oh... al diavolo!" sbottò furibondo Zargon, allontanandosi oltraggiato. "Ma non finisce qui, Gorthan!" gridò, vendicativo.
"Bis! Stai bene?" domandò Derane, correndo al fianco del fratello.
"E' stato un interessante cambiamento di abitudini." osservò Gorthan. "Bravo."
"Già, sei stato forte, fratello!" esclamò Derane. Ma Bis si era di nuovo accasciato su sè stesso, la testa bassa e le braccia penzolanti.
"Non c'è fine all'immensità..."
"Bis?"
"Il buio per sempre durerà..."
Derane sospirò scuotendo il capo, e passò un braccio intorno alle spalle del fratello, per scortarlo fino ai laboratori. Gorthan non disse nulla: si limitò a sua volta a sorreggere il lamentoso Bis. E a tornare mestamente al suo lavoro.


"Io non ci capisco più niente!" sbottò Vladmir. Lui, Lyla, Odin e Pikappa avevano osservato la scena seguendo i passi di Gorthan, e Pk aveva riconosciuto anche il generale che era stato preso a pugni: si trattava di Zargon, l'evroniano che in un'occasione era stato a un passo dal coolflamizzarlo.
"Sembra che il bietolone si sia svegliato, eh?" domandò Pikappa, indicando Bis con un cenno del capo.
"Non chiamare bietolone il fratello di Derane!" gli intimò il russo, furibondo.
"Oh, scusa!" replicò Pk sarcastico. "Se non l'hai capito, amico, si dà il caso che la tua Derane sia... ehm... un essere artificiale. Non puoi essere innamorato di lei"
"Chi se ne importa!" grugnì Vladimir, testardo
"Bene, a quanto pare adesso sappiamo come mai la tecnologia di Derane era più avanzata anche della mia." Odin scosse la testa "Evroniani!"
"Ma com'è che quando ho conosciuto Gorthan, lei non era con lui?" si chiese Pk "E che fine ha fatto il bietolone?"
"E soprattutto, come facciamo a tornare a casa?" sbottò Vladimir "Questi tizi non mi piacciono per niente" aggiunse, squadrando torvo due evroniani bassi e mingherlini che osservavano con evidente stupore e perplessità il curioso terzetto formato da Gorthan, Derane e Bis. "Difenditi, tappetto!" ringhiò, sferrando un pugno all'evroniano più vicino. Ovviamente, quello nemmeno lo sentì, e la sua mano attraversò il vuoto.
"Non è ancora il momento di tornare a casa."
Una voce metallica risuonò intorno a loro. La voce di Derane. Dal momento che la Derane con Gorthan non aveva aperto bocca, doveva ovviamente trattarsi della Derane nelle fogne.
"Derane?" domandò Vladimir.
"Questo è solo l'inizio." replicò la voce, senza badargli "Hai indovinato, Odin. Questa è la mia vera nascita. Gorthan mi ha dato la possibilità di vedere il mondo."
Non appena l'ebbe detto, il paesaggio intorno a loro scomparve, lasciando il posto a una nebbia fitta e grigiastra.
"Cosa sta succedendo?!" chiese Pk a voce alta.
"Questo è il tempo che passa, caro il mio amico mascherato." esordì Derane "Vedete, Gorthan condusse me e Bis fino ai laboratori, dove fece allestire due monolocali apposta per noi. Inizialmente, eravamo... esperimenti. Lui progettava di tenerci in osservazione per qualche tempo. Non si stava neanche male, a Evron." aggiunse "Bis rimase nel suo stato di apatia fino alla fine. Quanto a me, cominciai ad interessarmi alle enciclopedie scientifiche presenti nel mio locale. Se voi poteste capire la sublime arte delle formule evroniane..." mormorò sognante "Nel frattempo, però, io e Bis non eravamo mai soli. Gorthan tornava sempre a salutarci e a parlare con noi. E così ben presto accadde... l'inevitabile."
"Cosa?" domandò Odin perplesso.
"Lasciate che vi mostri" mormorò Derane. La nebbia intorno a loro si diradò, lasciando il posto a un'esplosione di luce. Odin, Pk, Lyla e Vladimir chiusero gli occhi, abbagliati: quando li riaprirono, si trovavano, soli, in un corridoio evroniano.
"Ehm... dove ci troviamo?" sbottò Vladimir.
"Lei voleva mostrarci qualcosa." osservò Pk
"Sì, ma cosa?" ribattè Lyla sorpresa.
"Adesso mi sono proprio stufato" proseguì Vladimir imperterrito "Non m'importa più di questi brutti cosi viola!" disse indicando un drappello di evroniani che procedevano in linea retta "Voglio tornare a casa!" annunciò, allontanandosi a larghi passi.
"Torna subito qui, pazzo!" gli intimò Pk. Vladimir lo ignorò
"Cerca di capire, Paperinik, lui è innamorato" si strinse nelle spalle Odin.
"Innamorato, o non innamorato, finchè non torniamo a casa il capo sono io e si fa come dico io" intimò Paperinik deciso. Sembrava ancora deciso a non parlare del fatto che Odin fosse Uno.
Vladimir non si sognò neanche di rispondere, continuando a marciare per il corridoio.
"Il capo sono io" gli ricordò Pk "E il capo dice NO."
Vladimir era ormai quasi arrivato alla porta.
"Il capo dice che non puoi abbandonare il gruppo!" gli urlò dietro Pk. Ma il pilota russo non lo degnò di uno sguardoò. La sua mano era appena calata sulla maniglia di una porta, quando dall'altra parte, qualcuno la aprì.
"Aaaargh!" esclamò Vladimir quando la porta lo attraversò come se non ci fosse proprio stato. Gorthan stava entrando nel corridoio. "Non ci riprovare più, violetto! Hai capito? Mi hai fatto prendere un colpo!" berciò Vladimir furioso. Ma Gorthan non poteva sentirlo.
In compenso, come i quattro si accorsero con una certa sorpresa, loro potevano sentire chiaramente i pensieri dell'evroniano.
Eppure, Gorthan non era soddisfatto. L'attacco a Xzee l'aveva lasciato vagamente nauseato: gli abitanti di Xzee (canidi antropomorfi con musi da coccodrilli e ali da pipistrelli) erano noti in tutta la galassia come dei pacifisti che non facevano male a una mosca, e che avevano adottato la non violenza come stile di vita. Quando gli evroniani li avevano attaccati, avevano tentato la fuga, ma non si erano difesi: e di fronte a ciò, l'ordine di Evron non era cambiato. Distruggere. Distruggere Xzee e i suoi abitanti. Ma perchè, si domandò Gorthan. L'imperatore aveva parlato di carenza di energia emozionale. Frottole. Il pianeta aveva una riserva energetica che avrebbe consentito il completo sviluppo vitale di almeno cinque campi di spore. Casomai, si tratava di carenza di coolflames, riflettè Gorthan con rabbia. Come se non ci fossero già stati abbastanza schiavi, su Evron. Il capo-branca provava disgusto di fronte a tutto ciò. Dubbi. Non aveva mai avuto dubbi o scrupoli, prima d'allora.
Per non parlare di come si era sentito quando si era recato al Pozzo. Lì, tra gli occhi rabbiosi e vendicativi dei prigionieri, aveva identificato due occhi evroniani, segnati dal dolore e dalla sofferenza. Trauma. Trauma, una delle sue creature, che era stato recuperato dopo aver perso la sua battaglia contro Paperinik, ed era stato gettato, solo e sofferente, nel cupo pianeta-prigione. Per una creatura abituata a incutere timore, la paura doveva essere terribile. Gorthan se ne rendeva conto, si rendeva conto di quanto male avesse fatto a Trauma, un essere nato per combattere che adesso era costretto a vivere in un eterno esilio. E ne soffriva.
Inoltre, c'era la faccenda dei due esseri artificiali, i due droidi. Inizialmente, il suo intento era di studiarli. Dovevano essere degli esperimenti scientifici, in fondo. L'imperatore aveva lodato il suo progetto: non gli aveva fatto domande sull'uso che intendeva fare dei due droidi. Eppure, Gorthan era sicuro che prima o poi, se avesse continuato a riferirsi a loro come a due... oggetti, l'Imperatore gli avrebbe ordinato di spegnerli, di eliminarli. E se fosse giunto l'ordine imperiale, lui, Gorthan, sarebbe riuscito a eseguirlo? Sarebbe riuscito a condannare Derane e Bis a un'altra esistenza come quella che avevano già avuto? Fino a poco tempo prima, l'evroniano avrebbe risposto di sì. Del resto, ne andava la gloria di Evron. Ma adesso, in qualche modo, era più difficile. Tutte le volte che Derane lo chiamava "padre", tutte le volte che Gorthan scorgeva nei suoi occhi una scintilla di pura e semplice fedeltà incondizionata, ogni volta che sentiva il profondo affetto che la droide nutriva per lui, l'evroniano si rendeva conto di provare a sua volta qualcosa del genere. Forse aveva studiato troppo i terrestri, riflettè amaramente, e adesso era simile a loro. Forse. In ogni caso, era troppo tardi per cambiare le cose. In qualche inspiegabile modo, il capo-branca evroniano cominciava a considerare Bis e Derane la sua vera famiglia, si preoccupava di loro come non si era mai curato di nessun evroniano. Derane era una sofferente che aveva trovato in lui una nuova ragione per sperare. E Bis... Bis, l'apatico... Bis, la cui lunga e lamentosa canzone di dolore riusciva sempre a sconvolgere la mente altresì imperscrutabile dell'evroniano... Bis aveva abbandonato la sua apatia per difendere lui. E l'Imperatore si aspettava che lui, Gorthan, avrebbe potuto spegnerli? Se cercava di immaginarsi nell'ignobile intento di rispedire Derane e Bis.... i suoi figli... nell'abisso di dolore dal quale erano appena usciti, provava un disprezzo senza pari.
Gorthan non sapeva perchè tutto questo stava succedendo proprio a lui. O quale sarebbe stato l'esito della sua... patologia. Coscienza, la chiamavano i terrestri. Non sapeva quanto avrebbe potuto cambiarlo dalla sua razza. Non sapeva niente. L'unica cosa di cui era sicuro, era che nemmeno un ordine imperiale avrebbe più potuto separarlo dalla sua vera famiglia.
Pk era rimasto sorpreso quando si era reso conto di poter leggere i pensieri di Gorthan, e ancora più sorpreso dai pensieri stessi.
"Incredibile..." mormorò. Non riuscì a finire la frase: proprio in quell'istante, infatti, i colori tutt'intorno sfumarono e si trasformarono di nuovo nella spiacevole nebbia grigia. Per la sorpresa, Vladimir perse l'equilibrio, cadendo a terra come un sacco di patate.
"Allora, adesso avete capito?" risuonò la voce di Derane, sarcastica.
"Che cosa dovremmo aver capito?" le chiese Lyla, seccamente. Derane la ignorò.
"Forse..." disse Pikappa, guardandosi intorno per stabilire una direzione verso cui parlare. Purtroppo era inutile: la voce di Derane veniva da tutt'intorno a loro. "... credo... Gorthan si è affezionato a voi come voi vi siete affezionati a lui. Giusto?" domandò.
"Come fai a conoscere così bene mio padre?" domandò Derane con una punta di sospetto nella voce. "E comunque, sì. Sei furbo, biologico, non l'avrei mai detto." aggiunse stancamente "Il tappetto ha ragione. Ben presto, sia Gorthan che noi cominciammo a considerarci una vera famiglia. Anche se con Bis era piuttosto difficile da dire."
"Scusa, 'tappetto' a chi?" domandò Pk offeso
"E poi? Cosa è accaduto?" lo interruppe Vladimir, che pendeva dalle labbra di Derane ("ah, l'amore" pensò amaramente Paperinik scuotendo il capo).
"Gorthan smise di vederci come esperimenti, ma come persone. E poi io e lui scoprimmo di avere in comune più di quanto non pensassimo." replicò Derane calma, mentre la nebbia cominciava a diradarsi, lasciando il posto a un nuovo scenario.


"Rieccoci! Che c'è di tanto interessante, adesso?" sbottò Pk, scorbutico. L'ambiente era di nuovo cambiato: si trattava di una specie di stanza evroniana, con le pareti ovali color crema. Nella camera c'erano due finestre, entrambe dai bordi arrotondati: la prima dava su un lungo corridoio per cui passavano degli evroniani con lunghe tuniche verde-azzurre, mentre l'altra si apriva su Evron.
"Ehm... Pikappa?" gli suggerì Odin.
"Sì?"
"Forse faresti bene a girarti."
Pk obbedì e quasi sobbalzò di sorpresa, perchè nella stanza c'era qualcuno. Proprio dietro di loro, seduta a un tavolo color azzurro cielo su cui c'erano pile di libri in equilibrio precario, Derane era china su una pergamena, assorta nella lettura. L'impianto di illuminazione, simile a una lampada al neon, regalava riflessi azzurri ai suoi lunghi capelli neri. La droide dava loro le spalle.
"Derane! Sei qui!" esclamò Vladimir correndo verso di lei.
"Sei un po' sordo, Vladdy?" s'informò Odin. "Lei non può vederti."
"Oh, già..." borbottò Vladimir, deluso. Proprio in quel momento, la porta si aprì e Derane si voltò. I suoi occhi azzurri si accesero di gioia quando vide Gorthan entrare
"Padre, finalmente sei qui!" esclamò correndo ad abbracciarlo "Mi sei mancato"
"Anche tu" ammise Gorthan stringendo la "figlia" tra le braccia "Come vanno i tuoi studi, Derane?"
"Ho appena imparato a memoria il ventesimo volume dell'enciclopedia evroniana" riferì Derane con un sorriso. Pikappa emise un basso fischio "Non è molto difficile" continuò la droide "ho in memoria elenchi di files molto più lunghi e complessi. Inoltre, ho finito il tecnocorso di manipolazione genetica applicata, e la legge di Zerliuh sulle alterazioni genetiche nelle varie classificazioni di spore"
Paperinik borbottò qualcosa che suonava stranamente come "secchiona".
"Non ti permetto di parlare così del mio amore!" lo rimproverò Vladimir accigliato.
"E' tutto?" chiese Gorthan a Derane.
"Non esattamente." rispose la droide "Ho trovato per caso questo, nei tuoi libri, padre." spiegò, porgendo all'evroniano uno striminzito insieme di pagine sottili e ingiallite. "Si tratta di un questionario di fisica zaptconaritmica. Credo che fosse tuo."
Gorthan annuì corrucciato, scrutando il fascicolo. Era stato una delle innumerevoli esercitazioni necessarie a diventare capo-branca, quando era solo un capo-archiatra.
"E allora?"
"Io... be'... ecco, l'ho risolto" disse candidamente Derane.
Il volto di Gorthan abbandonò l'impassibilità adottata fino a quel momento: era il ritratto stesso dello stupore
"Che... che cosa?"
"Ma sì! Non è così difficile" insistette Derane "la millesima parte di un'equazione zaptconaritmica rappresenta il nucleo di azione anti-virale del mio programma. Capito questo, è stato uno scherzo risolvere il resto"
Gorthan annuì distrattamente, perso nei suoi pensieri. Le parole di Derane gli avevano fatto venire una strana idea in mente. Del resto, la fisica zaptconaritmica rappresentava la massima avanguardia dell'ingegneria biochimica genetica: solo i capi-branca, e nemmeno tutti, riuscivano a comprendere appieno le sue complicate formule. Se Derane c'era riuscita, e così in fretta... be', forse avrebbe potuto tentare.. insomma, era un'idea assurda, ma... e se avesse cercato di passare l'esame per capi-branca? Gorthan sentiva che le sue conoscenze avanzate avrebbero potuto essergli utili: sarebbero di sicuro stati un gruppo di ricerca formidabile, insieme. Di solito, l'evroniano preferiva lavorare da solo, eppure, vedendo il questionario risolto in poche ore, mentre molti archiatri passavano anni e anni a studiare le complicate formule zaptconaritmiche, si sentiva orgoglioso e onorato all'idea di poter lavorare con Derane. Questa scoperta rendeva la droide in qualche modo più simile a lui, e Gorthan ne era felice: finalmente la prova inconfutabile del fatto che loro non erano semplicemente un inventore e un'invenzione, ma un padre e una figlia...
Per Evron! Ragiono come i terrestri! si disse sbalordito l'evroniano. Ormai non riusciva nemmeno più a pensare a sè stesso come a un evroniano qualunque: certo, era nato a Evron, aveva l'aspetto dei nativi di Evron, aveva studiato per la gloria di Evron, ma le loro similitudini finivano lì. Perchè gli evroniani non avevano coscienza. E lui sì.
Si era ammalato.
Da una parte, l'idea era assurda. Assurda, assurda e assolutamente FOLLE. Una parte di Gorthan era sconvolta dal suo repentino mutamento, avrebbe voluto tornare a considerarsi un evroniano proprio come gli altri, tornare a vivere come la sua stessa gente. Ma un'altra parte riteneva che la sua gente fosse troppo... incompleta in qualche modo, almeno per lui.
"Uhm.. Derane?" chiese, cercando di non mostrare quanto lui stesso fosse stupito.
"Sì?" la droide, stupita, sollevò gli occhi.
"Tu sai cosa significa la fisica zaptconaritmica, vero?"
"Be'..." Derane annuì dubbiosa "Serve per la manipolazione genetica, non è così, padre? Applicando un teorema zaptonaritmico e considerando l'insieme delle cellule di DNA come i vari elementi del teorema, si ottiene..."
"Esattamente." la interruppe Gorthan. "Questo non è un questionario qualsiasi, Derane. Dozzine di evroniani si sono persi in questi calcoli complicatissimi, e non sono riusciti mai ad arrivare al traguardo dei capi-branca."
"Davvero?" domandò Derane sorpresa "Sembra così facile!"
"Sembra semplice a te." rispose Gorthan, imperscrutabile. "Ho una proposta da farti, Derane. Naturalmente la decisione finale spetta a te. Io penso solo che sarebbe il caso di rifletterci su. Sono convinto che potresti farcela."
"Che intendi dire?" gli chiese Derane, curiosa.
"Soltanto una cosa. Derane... te la sentiresti di svolgere l'esame di licenza degli archiatri, per diventare capo-branca scientifica, come me?" la interpellò Gorthan, d'un fiato.
"Che cosa?" ripetè lei sgranando gli occhioni azzurri.
"Mi hai sentito benissimo. Le tue capacità mentali sono molto superiori a quelle di un normale evroniano. Sono convinto che insieme potremmo formare un team di ricerca imbattibile, l'Imperatore stesso sarebbe fiero di noi. Ovviamente, se tu te la senti di passare l'esame." disse Gorthan.
"Tu pensi che io...?" domandò Derane allibita. I suoi occhi si riempirono di lacrime mentre gettava le braccia al collo dell'evroniano "Sì, padre! Sì, certo che sì!" esclamò euforica "Sarà questo il mio futuro a Evron, lo so, lo sento! Oh, ti ringrazio infinitamente per avermi offerto questa possibilità"
"Bene, allora." concluse Gorthan cordiale "Chiederò al Consiglio Imperiale di ricevermi, e di sottoporti all'esame. Di regola solo gli evroniani possono diventare capo-branca, ma sono convinto che riuscirò a persuaderli, l'Imperatore è stato molto disponibile in seguito ai festeggiamenti sul Pozzo. Ma tu devi promettermi che ti impegnerai e farai del tuo meglio. So che ne hai le capacità, Derane."
"Ci puoi giurare!" sorrise lei "E... ho sempre saputo che anche se veniamo da due mondi diversi, c'è sempre stato qualcosa in comune tra te, me e Bis... padre."
"Certo, figlia mia" disse Gorthan. "Bene, adesso devo andare. Prima consegno quella relazione sui fondi delle molecole neurogeneticamente modificate a Zeron, prima potrò esporgli il tuo caso. Vedrai che ce la faremo, Derane. Fidati di me."
"D'accordo." annuì la droide. Quindi, mentre l'evroniano si dirigeva verso la porta, gli chiese, soprappensiero: "Padre? Cosa ti dice che io possa davvero superare l'esame per diventare capo-branca?"
Gorthan ci pensò su, quindi, la mano già sulla maniglia della porta, si volse verso di lei e rispose con un sorriso:
"L'affetto che provo per te, Derane."
Quando l'evroniano fu uscito, Pikappa tirò su col naso, cercando di non mostrare agli altri che le parole di Gorthan lo avevano commosso. Poi, però, udì un lieve singhiozzo e si voltò. Lyla stava freneticamente cercando di asciugarsi gli occhi: piangeva. Al suo fianco, Odin le teneva la mano cercando di consolarla, ma lui stesso sembrava incupito.
"Scu... scusatemi" balbettò Lyla tra le lacrime "E' solo che... sembrano così felici insieme... santo cielo, cosa può essere capitato, per... per..." la sua voce si incrinò.
"Credo di saperlo." rispose Pikappa, mesto, scuotendo lentamente il capo. "Anche se non so come è avvenuto."
"Credevo che voi la odiaste." mormorò Vladimir. "Per quel che vi ha fatto, intendo."
"Come si può odiare una creatura che ha sofferto così tanto?" domandò la tempoliziotta, sconvolta.
Aveva appena finito di parlare, che i colori intorno a loro sfumarono in grigio, come una vecchia stampa in bianco e nero, e il paesaggio esplose, letteralmente, in tanti minuscoli pezzetti, lasciando di nuovo campo libero all'inquietante, fitta nebbia.
"NON VOGLIO LA TUA COMPASSIONE!" tuonò la voce di Derane, acuta e rimbombante come il motore di un camion.
"D'accordo. D'accordo" assicurò Odin, sollevando le mani come un poliziotto che stesse tentando di negoziare con un criminale armato.
"Cos'è successo, dopo ciò che ci hai mostrato?" chiese Pikappa al vuoto intorno a sè "Hai passato l'esame?"
Per qualche istante, non si udì alcun suono. Solo un silenzio carico di tensione. Finalmente, Vladimir si decise a prendere l'iniziativa
"Ehm... Derane?" chiamò esitante.
Quando Derane rispose, la sua voce suonava funerea
"Osservate." mormorò. "E poi, tornerete."


Tacque: in un istante, con un sonoro risucchio come quando si svuota un lavandino, la nebbia scomparve lasciando il posto a un nuovo insieme di figure aliene. Pikappa, che pure aveva cercato di abituarcisi, sobbalzò vedendo il repentino cambiamento, da grigio a multicolore. Si trovavano in una specie di palazzo, almeno così sembrava: c'erano grandi colonne dall'aspetto terribilmente vivo che si avviluppavano verso il soffitto, e il pavimento era viola e scosceso, ma gli evroniani dovevano sapere come muovercisi. Per la maggior parte, erano tutti vestiti da scienziati, eccetto qualche generale con il mantello o la divisa scura, e alcuni guerrieri di casta bassa che si guardavano nervosamente intorno. Doveva essere una specie di party, se il lamentoso stridore che riempiva l'aria poteva essere considerato musica. Più probabilmente, pensò Pikappa, proveniva da alcuni dei macchinari che scintillavano alle pareti e che avevano un aspetto tanto complicato quanto poco terrestre.
"Okay... perchè ci troviamo qui?" domandò Lyla con voce tremula.
"Boh. Non vedo nè Gorthan nè Derane da nessuna parte." rispose Paperinik guardandosi intorno. Tra i molti evroniani presenti, tuttavia, il suo occhio allenato potè riconoscere alcune facce familiari. Nascosto nell'ombra, Zargon conversava con Zentium, il generale che aveva accolto Pikappa, Clint Westcock, Angela Bats e il tenente McCoy nella missione diplomatica sulla luna. Zeleron conversava con uno degli evroniani che si trovavano nell'incrociatore evroniano intorno a Venere insieme a Zoster: mancava però lo stesso Zoster, e Pikappa suppose che l'episodio fosse avvenuto dopo la sua avventura con il cast di Patemi.
Il papero mascherato si avvicinò a Zentium e Zargon, che conversavano animatamente in tono confidenziale.
"Quel maledetto Gorthan! Chi si crede di essere per farmi la predica!" ringhiò Zentium "Se potessi dire quel che penso di lui..."
Zargon annuì duramente
"Si dà tante arie perchè è famoso!" rincarò la dose l'altro generale "Soltanto perchè ho ordinato a Seebeelhus di partire sul mio astroincursore, mi ha fatto una scenata! Chi se ne importa se Seebeelhus non ha ancora ultimato il progetto di ricerca sulla genetica-non-so-cosa? A me serviva uno di quei dannati sotutto, e basta! E lui invece 'potevi chiamare Zeleron o uno degli anziani! Hai messo in pericolo l'esito di una missione ad alto rischio per la gloria di Evron'. Come osa... come osa parlare in questo tono a un generale, quel patetico ridicolo coolflame!"
"Anche a me non sta affatto simpatico." rispose Zargon. "Hai la mia approvazione, fratello."
'Fratello?' pensò Pikappa, sorpreso. Non pensava che Zargon e Zentium fossero fratelli, anche se effettivamente i loro modi di fare erano piuttosto simili, come fu costretto ad ammettere.
"E poi è un tale sbruffone!" ringhiò Zentium "Se fossi uno del consiglio imperiale, allora sì che gliela farei vedere io! Sua Eccellenza Gorthan, il massimo esperto di truppe di combattimento evroniane!"
"Ma non farmi ridere!" lo rimbeccò Zargon "Soprattutto da quando si vanta che lui avrebbe potuto sconfiggere quel gonzo di Paperinik il ribelle meglio di me, è diventato insopportabile! Intanto ho visto cos'ha saputo fare, il suo Trauma! Io sarò pure uscito perdente, ma un giorno riuscirò a farmi dare il permesso di attaccare di nuovo quello schifoso scoglio chiamato Terra! E allora Gorthan la pagherà!"
Paperinik si accigliò non poco quando si sentì dare del gonzo. Per fortuna, Zargon non poteva sentire gli improperi che il papero mascherato gli lanciò contro.
Sollevando gli occhi, Zentium zittì il fratello con un cenno.
"Ssshhh! Il capo-branca Derane sta venendo da questa parte" sibilò.
"Capo-branca Derane?" ripetè Pikappa. Quindi, voltandosi verso Odin, Lyla e Vladimir, gridò: "Ehi, ragazzi, venite! Derane ce l'ha fatta! Ha passato l'esame!"
Drizzandosi in punta di piedi, riuscì a vedere la droide dai capelli neri che parlava con un gruppo di Archiatri. Adesso era vestita esattamente come Gorthan, e il tono ossequioso dei suoi interlocutori convinse Pikappa che Zentium diceva la verità: Derane era diventata capo-branca, dividendo una delle cariche più prestigiose di Evron con suo padre.
Le mani di Zargon si strinsero a pugno
"Tale e quale al vecchio stupido coolflame, quella sottospecie di robot parlante!" ringhiò "Avresti dovuto vederla quando mi hanno fatto rientrare a Evron, avrei voluto cancellare quel sorrisetto di superiorità dalla sua faccia a pugni! Mi guardava come fossi uno yiostly!"
"E Gorthan che la considera sua figlia, lei e quell'altro giuggiolone con i capelli gialli!" scosse la testa Zentium.
"Gorthan complotta contro Evron! Non sai come vorrei poterlo incastrare" ringhiò Zargon "Se solo riuscissi a trovare l'Imperatore..."
"Se tu cercassi di fargli le pulci, quello probabilmente ti userebbe come cavia per qualche esperimento sballato e ti trasformerebbe in un coolflame" replicò il fratello, allontanandosi disgustato. Zargon rimase a guardare Derane con occhi di fuoco, scintillanti di rabbia e gelosia. La sua corazza nerissima lo nascondeva parzialmente alla vista, e così la droide non si accorse di lui quando lasciò il gruppo di Archiatri per girovagare nel salone, distrattamente.
"Capo-branca Derane." ringhiò l'evroniano, rabbioso.
"Eh?" Derane si volse, poi identificò il generale nascosto nell'ombra. "Ah, Zargon." disse freddamente, incupita.
L'evroniano non rispose, squadrandola con il più completo disprezzo.
"Non mi aspettavo proprio di vederti qui" proseguì Derane.
"Sai, capo-branca, devo ammettere che sei molto carina." la interruppe Zargon. "Potrei addirittura pensare a te come a una mia possibile eventuale compagna, se non fosse per il fatto che sei e resterai sempre un ottuso, stupido ammasso di ferraglia, checchè ne pensino il Consiglio Imperiale o il tuo prezioso Gorthan." aggiunse, beffardo.
"Per amor di precisione, Zargon, hai dimenticato di aggiungere che l'ammasso di ferraglia, come lo chiami tu, è riuscito a diventare capo branca" rispose Derane impassabile, scandendo le parole come se avesse avuto di fronte uno yiostly decerebrato. "Mentre invece ho sentito dire che tu ti sei fatto spedire sul pianeta Terra per distruggerlo, e hai fallito. Hanno dovuto inviare una squadra di soccorso per recuperarti, o sbaglio?" concluse, con una particolare enfasi su "fallito".
Zargon sembrava davvero furibondo.
"Perdere una battaglia mentre si combatte è onorevole! E comunque la partita non è ancora finita! E quando avrò finito con quello scoglio insignificante, troverò il modo di fare radiare te e Gorthan dall'ordine degli scienziati!" sibilò
"Devo ricordarti che Evron non concede raramente delle seconde possibilità ai perdenti?" ribattè Derane, dura. "Per questa ragione ti consiglio di stare molto attento a quello che dici e a quello che fai. L'Imperatore ti ha dato fiducia, e tu hai perso una battaglia. Aggiungici la mancanza di rispetto nei confronti di un capo-branca, e il Consiglio dei Tredici non avrà molta pietà nei tuoi confronti. Quindi, se fossi in te, mi farei un nodo alla lingua, in presenza mia e mio padre."
Il generale emise un basso ringhio rabbioso: sembrava sul punto di prenderla a pugni da un momento all'altro. Fortunatamente, però, si trattenne, ed ebbe un colpo di tosse che suonò stranamente come:
"Traditori!"
Derane, che se ne stava andando, volse fulminea la testa verso di lui.
"CHE COSA HAI DETTO?!!" ruggì infuriata. Zargon sostenne il suo sguardo dardeggiante, un sorriso di trionfo dipinto sul volto.
"Ho semplicemente detto che io so un segreto." rispose mellifluo.
"Oh! Interessante!" ironizzò Derane, sarcastica.
"Un segreto su un capo-branca evroniano, e la sua presuntuosa figlia artificiale, che tramano contro Evron" sussurrò Zargon trionfante. Improvvisamente, Derane lo afferrò per il bavero, sbattendolo contro il muro. L'evroniano rantolò quando le dita d'acciaio della droide si strinsero intorno alla sua gola, soffocandolo
"Che cosa sapresti, TU?" chiese Derane in un ringhio.
"Toglimi subito le mani di dosso o finisci male, capo-branca!" gracchiò il generale cercando di liberarsi. Derane allentò la presa, ma continuò a tenere Zargon sospeso per aria, per il mantello.
"Cosa intendevi dire con quella stupida frase?" sibilò.
"Tu e Gorthan complottate contro Evron!" rispose Zargon, il volto paonazzo e congestionato dall'ira "Ho le prove che Gorthan non è più uno di noi! E' diventato diverso e pericoloso! L'imperatore sarà molto interessato dalla mia scoperta, suppongo..."
"La tua diffamazione è assurda!" ringhiò Derane "Mio padre non sta complottando contro niente e nessuno, e io nemmeno!"
"Ma davvero?" replicò Zargon "Oseresti negare che Gorthan sia diverso da noi? Oseresti negare che evidentemente è diventato un pazzo pericoloso, se ha accettato come figli due ammassi di ferraglia?" Oseresti negare che Gorthan ormai assomiglia più a un terrestre che non a un evroniano? Sì, è così! Prova dei sentimenti, lui. Lo so! E ultimamente ha anche dei dubbi sulla correttezza delle azioni imperiali! Molto, molto grave..."
"NON OSARE METTERE PIEDE NEL NOSTRO LABORATORIO O MI COMPROMETTO!" digrignò i denti Derane, furibonda, lottando contro l'impulso irrefrenabile di carbonizzare Zargon con un bel raggio laser.
"Io non sono mai entrato nel vostro stupido laboratorio!" la rimbeccò lui.
"Non mentire! Bugiardo, impostore!" berciò Derane, cercando di mantenere la voce bassa. "Se ti pesco a entrare nel mio laboratorio, ti pentirai di essere uscito dalla tua lurida spora, generale Zargon!"
"Non osare parlare in quel tono con me! Io non ci metto piede, nel vostro disgustoso orrido laboratorio! Mi fa schifo! Proprio come mi fate schifo voi!" replicò l'evroniano, roso di rabbia. "E adesso, se permetti, ho delle faccende importanti da sbrigare, che non rientrano nelle competenze di due scienziati capoccioni" aggiunse sarcastico.
"Flaccida larva evroniana che non sei altro!" sibilò Derane pestando un piede a terra. Dopodichè, si allontanò a passi rapidi, ancora furiosa per le parole irrispettose del generale evroniano.
"Uh-oh, c'è aria di battaglia, eh?" domandò Pikappa.
"Come si permette, quello lì, di parlare in quel tono alla mia Derane!" ringhiò Vladimir "Mo gli alzo la statura di qualche centimetro con un pugno ben piazzato sulla zucca!"
"Come se potessi farlo!" rispose Pikappa "Muovetevi, piuttosto, la stiamo perdendo" aggiunse, spingendo gli altri dietro a Derane, la quale stava abbandonando rapidamente la sala. Giunta davanti a una porta scorrevole di vetro, la droide premette due dita contro una specie di touchpad azzurro inglobato nel muro, che probabilmente riconosceva le impronte digitali di chi doveva entrare o uscire: infatti, subito dopo la porta si aprì. Pikappa, Odin, Lyla e Vladimir sgattaiolarono furtivamente dietro alla droide, del tutto ignara della loro presenza. La nuova stanza in cui si trovavano era buia e cupa, come il casermone di un enorme ascensore. Solo che non c'era l'ascensore. In compenso, Pikappa individuò per terra qualcosa che sembrava un disco individuale. Derane vi salì con calma serafica: lentamente, il disco si sollevò da terra.
"Ehm... come la seguiamo?" domandò Vladimir mentre Derane levitava sempre più in alto.
"Non è un problema!" rispose Pikappa con aria trendy "Che supereroe sarei, se non potessi volare? Lyla, si tenga al signor Eidolon. Vladimir, tu dammi la mano sinistra. Signor Eidolon, lei si aggrappi al mio braccio destro." ordinò. Quando ebbero formato la "catena", Pikappa si librò in volo grazie al suo mitico scudo Extransformer, tirandosi dietro gli altri. "Allacciare le cinture di sicurezza, prego" ironizzò, mentre volavano dietro a Derane. Non che fosse molto difficile: il disco individuale procedeva in senso verticale, proprio come un ascensore. Poi, improvvisamente, scartò di lato, planando con dolcezza al suolo. "Capolinea! Scendere prego!" scherzò Pikappa, lasciando andare Odin e Vladimir e ripiegando lo scudo.
Derane si incamminò per un lungo corridoio buio e squadrato. Delle porte scorrevoli dall'aspetto alieno erano allineate lungo i muri, con degli strani simboli evroniani che dovevano essere nomi o, più probabilmente, numeri. In effetti, sembrava quasi un ospedale, riflettè Pikappa. Derane si fermò davanti a una porta color grigio ardesia, che si spalancò automaticamente. Subito, Odin, Lyla, Vladimir e Pikappa la seguirono, attraversando direttamente il muro.
"Wow! Un laboratorio evroniano!" esclamò Paperinik, guardandosi intorno. Dappertutto, alambicchi, provette, strani macchinari che facevano venire la pelle d'oca solo a guardarli, clessidre, libri dall'aspetto polveroso e computers occhieggiavano i nuovi venuti. C'erano anche due porte laterali, incassate nel muro: la prima, aperta, sfociava nel laboratorio in cui Gorthan aveva "creato" Derane e Bis, mentre la seconda era sbarrata.
In fondo all'enorme camera, in piedi davanti a una finestra, stava una figura che indossava una tunica verde-azzurra. Il suo colorito viola e i lunghi capelli biondi non lasciavano dubbi sulla sua identità. Era Gorthan.
Silenzioso, l'evroniano guardava fuori dalla finestra, gli occhi azzurri ammantati di malinconia. Sembrava triste, realizzò Paperinik. Triste e insieme rancoroso.
Bis se ne stava seduto in un angolo, più spento e addormentato di un coolflame, ma stavolta non cantava. Era semplicemente fermo immobile, con gli occhi chiusi e le braccia penzolanti che sfioravano il suolo.
"Ciao, Derane." mormorò Gorthan, senza voltarsi, vedendo il riflesso della figlia nel vetro della finestra. "E' già finito il party?"
"No" sbuffò lei seccamente "Me ne sono andata perchè non ne potevo più. Zargon ha tentato ancora una volta di farmi saltare i nervi. Dovevi sentire la sua ipocrisia, vigliacco d'un coolflame.." quindi, si accorse che Gorthan non la stava ascoltando. "Padre. Va tutto bene?" domandò, preoccupata, posandogli una mano sulla spalla.
Gorthan non rispose, fissando meditabondo il suo pianeta natale, e gli evroniani che si affrettavano per le strade come formiche. Derane seguì la direzione del suo sguardo, cupa. Ultimamente si era accorta di quanto suo padre fosse davvero diverso dagli altri: gli evroniani normali le sembravano solo macchine progettate per obbedire ai desideri dell'Imperatore. Già, l'Imperatore... un pazzo assetato di potere, che non si faceva scrupolo di giocare slealmente se così facendo poteva assicurarsi la vittoria. Ma Gorthan era diverso, era migliore degli altri evroniani. Lui aveva... un cuore. E Zargon se ne era forse accorto?
"Padre, va tutto bene?" ripetè Derane.
"Nel bel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura, che la ritta via era smarrita..." replicò Gorthan.
"Eh? Cosa?"
"Dante Alighieri. Uno 'scrittore' terrestre." disse l'evroniano.
"Cosa significa? Rispondimi, padre! Va tutto bene?" insistette la droide.
"No, Derane." rispose Gorthan, stanco e triste come mai prima d'allora. "Non va affatto tutto bene."
"Perchè?" domandò la droide, curiosa.
"Inizialmente credevo che fossero tutte fantasie. Ma adesso so che è vero." mormorò Gorthan. "Ho perduto la mia stessa gente."
Derane rimase interdetta per un attimo.
"No."
"Oh, sì." le assicurò Gorthan. "Ormai io e i miei fratelli evroniani abbiamo più poco da spartirci. Studiare troppo i terrestri mi ha reso simile a loro... per questo vi ho creato. Per questo non sono più sicuro di niente."
"Cosa intendi?" domandò Derane con voce tremula.
"Intendo dire Evron, figliola. Una volta pensavo, come tutti gli altri, che la nostra fosse una specie che non è mai stata sconfitta per il suo coraggio e la sua forza. Pensavo che Evron fosse un pianeta destinato a diventare perfetto, abitato da esseri destinati a diventare perfetti." scosse lentamente la testa. "Ma mi sbagliavo." borbottò. "Non può esistere la perfezione... e soprattutto non può esistere a Evron."
I suoi occhi azzurri scivolarono sul palazzo imperiale, visibile in lontananza.
"Lo vedi tutto ciò che abbiamo costruito, Derane?" domandò con voce roca "Per la maggior parte, è stato merito di un popolo di conquistatori, questo sì. Ma tante volte ci siamo anche dimostrati un popolo di sleali."
"Intendi dire forse che...?" balbettò Derane.
"L'imperatore ci usa. E finchè si tratta di conquiste leali, a me può anche andare bene. Ma ci sono state volte in cui abbiamo attaccato pianeti che non potevano difendersi, esseri che confidavano nella nostra comprensione. Questa non si chiama gloria evroniana. Si chiama viltà." Gorthan scosse il capo, amaramente. "Ti rendi conto, figlia mia? Questi discorsi... questi pensieri... non sono degni di un evroniano. Ormai sono infettato dalla più grande patologia che Evron abbia mai visto... coscienza. Non sono più come loro. E loro lo sanno benissimo." aggiunse con tristezza.
"No!" esclamò Derane, veemente.
"Oh, sì. Io non leggo le menti come puoi fare tu, Derane. Ma posso vedere la diffidenza nei loro occhi, ogni volta che mi guardano. Posso sentire la falsità nelle loro voci, ogni volta che mi parlano. Posso avvertire il loro disgusto, ogni volta che ci sono io." rispose Gorthan "Non mi riconoscono più come uno di loro."
"Questo... questo è assurdo! Zargon mi ha accennato qualcosa del genere, ma ero così furiosa che non ho nemmeno sondato la sua mente... padre, è assurdo! Come possono sospettare che tu...?"
"Se ne rendono conto." rispose Gorthan. "Ormai siamo troppo diversi, per poter convivere. E temo che l'Imperatore lo sappia. Presto o tardi verranno e cercheranno di eliminarmi. Perchè Evron non tollera le differenze. Non le capisce. E le teme."
"Be', io non glielo permetterò!" affermò Derane balzando in piedi.
"Andiamo, Derane." la redarguì Gorthan "Non rischiare la tua esistenza per questo evroniano che ha rinnegato la sua razza. Solo se accadesse qualcosa a te o a tuo fratello, non riuscirei mai a perdonarmi di aver cominciato a studiare la genetica."
"Padre, io non posso perderti!" esclamò Derane scoppiando in singhiozzi e abbracciando stretto l'evroniano "Sei l'unica famiglia che mi resta! Ho già perso un fratello tempo addietro, ho vissuto da sola per così tanti anni... così tanti anni..." la sua voce si incrinò. "Non ho intenzione di perdere anche te!" affermò "Se gli evroniani vogliono eliminare te, dovranno passare sul mio cadavere."
"Non dire neanche lontanamente una cosa del genere, Derane." le intimò Gorthan "Del resto, è così che deve andare. Tu sei un essere artificiale progettato per sopravvivermi di molti anni. Oh, lo so, la nostra specie è molto longeva, ma non eterna. Noi non siamo droidi. Anche se adesso come adesso non mi dispiacerebbe appartenere alla tua, di specie." ammise. "Essere o non essere. Questo è il problema."
"Eh???!"
"William Shakespeare." sorrise bonariamente Gorthan
"Lascia perdere Shakespeare!" scattò Derane con decisione "Non ti lascerò in mano loro, padre! Sei l'unico riferimento che io e Bis abbiamo mai avuto!"
Gorthan si voltò a fissarla, intenerito dalle sue parole.
"Non rischiare la tua vita, Derane. E' l'unica cosa che ti chiedo." mormorò l'evroniano. "Non posso mettervi in pericolo, non posso e non voglio."
"La solitudine è un pericolo ben peggiore!" ribattè Derane. "Non permetterò mai a nessuno di farti del male, papà" esclamò.
"Promettimi che non correrai rischi." chiese l'evroniano.
"Ma..."
"Promettimelo."
Per un attimo, i loro sguardi si incontrarono, entrambi azzurri e preoccupati per la salute reciproca.
"Io... te lo prometto." mormorò Derane. Quindi, scoppiò di nuovo in lacrime, gettando le braccia al collo di Gorthan "Ti voglio bene, papà" singhiozzò.
"Anch'io te ne voglio." rispose Gorthan, avvertendo di nuovo quello strano groppo in gola che gli rendeva difficile parlare, e rendendosi conto per la prima volta di quanto la sua famiglia tenesse a lui, e di quanto lui tenesse alla sua famiglia. Bis, nel suo angolo, sembrava più addormentato del solito, ma Gorthan aveva il sospetto che in realtà avesse sentito tutto. Scuotendo la testa, l'evroniano si liberò dell'abbraccio di Derane. "Adesso però basta tristezza. D'accordo?" domandò sorridendole "Probabilmente al party i nostri colleghi si domanderanno perchè non ci siamo presentati. Faremo meglio ad andare... capo-branca Derane" disse con orgoglio.
Derane sospirò, sforzandosi di sorridere.
"D'accord..." cominciò.
TOC! TOC! TOC!
In quel momento, si udì un vigoroso bussare, seguito da una voce spiacevolmente nota, alta e stridente.
"Capo-branca Gorthan! VIENI SUBITO FUORI!"
Gorthan e Derane sussultarono.
"Chi può essere?" bisbigliò Gorthan, mentre la persona fuori dalla porta continuava a bussare.
"ESCI SUBITO FUORI DI LI'! E' l'Imperatore che te lo ordina!"
Gorthan spalancò gli occhi, sbalordito e terrorizzato.
"Oh, no. No.." sussurrò, mentre i suoi incubi diventavano realtà.
"E' lui!" esclamò Derane angosciata. "Padre! Che cosa facciamo?"
Gorthan sembrava combattuto. Quindi, sospirò.
"Il momento è arrivato." disse con voce inespressiva.
"Padre, ti prego! Non intenderai consegnarti! Sarai rinchiuso nel pozzo e... e..." Derane non riusciva nemmeno a pensare alle conseguenze. Improvvisamente, Gorthan si volse.
"Derane, vai." ordinò. "Prendi Bis e vai."
"Cosa..?" domandò sorpresa la droide.
"La porta di servizio." replicò l'evroniano indicando la porta sbarrata. "Seguite i cunicoli. Sapevo che sarebbe accaduto!"
"Ma... ma..." balbettò Derane "Padre..."
"Ho progettato delle navette che garantiscono la fuga. Ora và!" le intimò Gorthan.
"Io.. io..." Derane eistava. "NO." disse poi. "No, non ti lascerò!"
"Vai, Derane, VAI! Io vi raggiungo!" le disse l'evroniano. Derane scattò verso Bis e lo afferrò per un braccio, correndo poi verso la porta chiusa. Il fratello sembrava un sacco di patate.
In preda al panico, Derane premette due dita contro un touchepad. La porta si aprì e lei entrò, tirandosi dietro il fratello inerme. Pikappa si volse a guardare cosa stesse facendo Gorthan. L'evroniano aveva appena preso una Evrongun dal tavolo, e l'aveva infilata nella fondina. Pronto a farne uso contro la sua stessa gente, se era necessario.
"GORTHAN! APRI QUESTA PORTA!" gridò la voce dell'Imperatore, più furibondo che mai. Gorthan attese fino a quando non sentì la porta richiudersi dietro a Derane e Bis, quindi si diresse con tutta calma all'atrio del laboratorio, e aprì con stereotipata cortesia, cercando solo in parte di nascondere la tensione presente nell'aria.
"Sì, vostra Altezza?" domandò
"Capo-branca Gorthan." sibilò la seconda testa dell'imperatore, sputazzando bava verdognola. "Sei accusato di cospirazione ai danni dell'Impero, e di alto tradimento."
Gorthan cercò di rimanere calmo, mentre l'imperatore entrava seguito da un drappello di guerrieri che sembravano pronti al fuoco. In realtà, era teso come un elastico.
"Posso sapere chi mi ha accusato?" chiese, mesto.
"Il generale Zargon sospettava da tempo di infedeltà a Evron da parte tua." disse l'imperatore, gelido. "Ma oggi ne abbiamo avuto la conferma. C'è una cimice nel tuo studio, Gorthan. Abbiamo appena sentito tutto quello che hai detto." la sua voce si trasformò in un ringhio vendicativo. "Pensavo di potermi fidare di te! Credevo di poterti considerare degno del ruolo di capo-branca che ricopri! Ma a quanto pare, mi sbagliavo! Pagherai nel Pozzo per le tue cospirazioni!"
"Certo, Altezza." disse Gorthan.
"Eh?" l'Imperatore lo guardò come se non avesse capito bene. "Hai intenzione di consegnarti?" chiese.
"Ovviamente sì." rispose Gorthan. Quindi aggiunse con un ghigno "Però, prima, dovete prendermi."
D'improvviso, l'evroniano afferrò la sua evrongun e sparò contro il guerriero più vicino, cercando di non colpirlo in pieno, ma di allontanarlo da sé. Nel contempo, con un balzo atletico, si portò in salvo dietro un tavolo.
"Guardie, prendetelo!" ordinò l'Imperatore.
Gorthan agì d'istinto: non appena vide gli evroniani scattare verso di lui, sollevò la sua arma e sparò, sparò una, due, tre volte; quindi, rotolò a terra per evitare un altro colpo. Erano in troppi, e meglio armati. Ma forse lui aveva ancora una possibilità di raggiungere Derane e gli altri. Si rialzò in piedi, bene in vista davanti ai guerrieri armati. Uno di essi, Grrodon, prese la mira e sparò: Gorthan si accasciò a terra con un gemito, come se fosse stato colpito.
"L'ho preso, signore! Mi sa che l'ho proprio preso!"
"Ma... è morto?"
"L'hai coolflamizzato?"
Gorthan approffittò del momento di confusione creato dalla sua caduta: tenendosi curvo per evitare i raggi, improvvisamente diede un calcio al tavolo, che andò a rotolare contro l'Imperatore e i guerrieri. Fu abbastanza per distrarli: in un balzo, il capo-branca si rialzò e si mise a correre a perdifiato verso la porta sbarrata. Dietro di sè udiva le voci sorprese e rabbiose dei suoi compagni, ma non poteva preoccuparsi di loro - non ora che doveva pensare alla sua stessa vita.
"Prendetelo! Prendetelo, è un ordine! O vi schiaccerò come cimici!" strillò l'Imperatore rabbioso. Alcuni raggi evrongun sfrigolarono nell'aria, ma nessuno di essi centrò Gorthan. L'evroniano premette rapidamente due dita contro il touchpad e si ritrovò dall'altra parte della porta prima ancora che i guerrieri riuscissero a liberarsi del tavolo. Quindi, si allontanò di corsa, alla ricerca di Derane e Bis. Evron non era più un posto sicuro per loro.
"Derane! Bis!" gridò, correndo nella stanza attigua, in cui sfociava un cunicolo d'emergenza. Poteva sentire i guerrieri che prendevano a pugni la porta: non avrebbe resistito a lungo, dovevano fuggire e subito. Senza neanche riprendere fiato, Gorthan si infilò rapidamente nel cunicolo, continuando a correre alla ricerca dei suoi figli artificiali. Possibile che qualcosa fosse andato storto? Dov'erano Derane e Bis? "Derane! Bis! Dove siete?" gridò di nuovo, a voce più alta.
"Siamo qui, padre!" rispose Derane. Non era molto lontana: quando vide Gorthan arrivare, gli si lanciò tra le braccia, singhiozzando. "Oh, sei salvo! Pensavo... pensavo che..." esclamò tra le lacrime. Gorthan sembrava sconvolto.
"Derane, io... io..." balbettò.
"Cos'è successo?" domandò Derane
"Ho ucciso i miei fratelli evroniani." rispose Gorthan mesto. "Ormai sono troppo diverso... troppo diverso..."
"Diverso o no, sei nostro padre! E noi ti vogliamo bene per questo!" ribattè Derane. Grazie alle sue parole di conforto, Gorthan sembrò nuovamente conscio della situazione disperata in cui si trovavano.
"Presto! Dobbiamo andarcene di qui!" disse, spingendo lei e Gorthan giù per il corridoio "L'Imperatore ci dà la caccia! Dobbiamo abbandonare Evron!"
"Ma dove andremo?" domandò Derane angosciata "Se... se useranno dei caccia..."
"Se riusciamo ad arrivare alla pista di lancio prima di loro, possiamo fargli perdere le nostre tracce! Forza!" li spronò Gorthan, continuando a correre.
Per qualche minuto, nessuno parlò: l'unico rumore era l'ansimare di Gorthan, e il rumore delle loro zampe sul pavimento duro. Le loro ombre si confondevano nel buio come cupi, tenui fantasmi evanescenti. "Coraggio! Ci siamo quasi!" esclamò l'evroniano, svoltando a destra.
"Oooh, ve ne andate così presto?" domandò una voce beffarda. Quasi invisibile nell'oscurità che lo circondava, Zargon piombò fuori dal nulla, sbarrando loro la strada.
"Zargon!" ringhiò Gorthan. "Come sei arrivato qui?"
"Beh, Gorthan, vecchio mio, c'è un cunicolo esterno che sbocca proprio nel tuo corridoio top-secret! Molto utile, non trovi?" chiese il generale con falsa cortesia.
"Tu, razza di mostro!" ringhiò Gorthan "Ci hai venduto all'imperatore! Hai meso una... una cimice nel mio laboratorio per spiarmi!"
"Cosa?" chiese Derane guardando prima suo padre e poi il generale "Zargon! Brutto farabutto impostore! Avevi detto di non essere mai stato nel nostro laboratorio! Sei un bugiardo!" gridò istericamente.
"Certo, sono un bugiardo patentato." le rise in faccia Zargon. "E me ne vanto."
I colpi alla porta si facevano sempre più pesanti. Gorthan fremeva d'indignazione.
"Zargon, facci passare!" gli intimò.
"Hai una bella faccia tosta, vecchio traditore!" replicò Zargon "Da quando un generale dell'esercito evroniano prende ordini da uno stupido scienziato?"
"Da quando..." cominciò a rispondere Gorthan. In quel momento si udì un forte boato, seguito dalle voci dei soldati evroniani. Avevano sfondato la porta.
"Sono qui! Prendeteli!" gridò Zargon. Sfortunatamente per lui, lo fece proprio mentre Bis apriva gli occhi.
"AAAAAAAAAAARRRRRRRRGHHHHHHHHHHH!!!!!!!!!!!!!!" con un ruggito in piena regola, il droide lo afferrò per la testa e se lo tirò malamente alle spalle, mandandolo a ruzzolare come un birillo. Quindi, si voltò rapidamente verso Derane e Gorthan. "Forza, muovetevi!" sbottò, afferrandoli per le spalle e spingendoli lungo il corridoio.
"Bis! Sei stato grandioso!" esclamò Derane, seguendo di corsa il fratello.
"Bel lavoro, Bis. Bel lavoro." ammise Gorthan.
Il droide non rispose, guidandoli in una corsa contro il tempo. Sentivano le voci degli evroniani, più lontane, e il tonfo dei loro piedi sul pavimento che rimbombava nel vuoto attorno. Finalmente, Bis si fermò, e guardò confuso davanti a sè. La strada si dipanava in quel punto in almeno dieci corridoi più stretti, scuri e neri abissi inquietanti.
"Da che parte andiamo?" domandò sospettoso, squadrando i cunicoli come se avesse aspettato di vederne uscire qualche mostro spaventoso.
"A sinistra! Il terzo a sinistra!" gli disse Gorthan, impaziente. Come un lottatore di rubgy che prendesse la rincorsa, Bis spinse avanti lui e Derane, quindi li seguì di corsa. Scomparendo nel buio fitto e impenetrabile.
Nel frattempo, gli altri evroniani avevano raggiunto Zargon, che si stava lentamente rialzando dopo la colluttazione con Bis.
"Sono andati di là!" berciò il generale, indicando loro la direzione con un dito. I guerrieri scomparvero alla ricerca del capo-branca, e Zargon si ritrovò solo. Con un sorriso di trionfo, l'evroniano balzò in piedi. Finalmente, stava per vendicarsi. Gorthan avrebbe pagato la sua presunzione, oh sì, l'avrebbe pagata molto cara.
"Ottimo lavoro, generale Zargon." sogghignò una voce glaciale dietro di lui. Zargon si volse con un sobbalzo e si trovò di fronte l'Imperatore Evron, seguito da due guerrieri di casta bassa.
"Grazie, vostro Onore." borbottò.
"Il tuo contributo nella cattura di Gorthan il ribelle è stato davvero notevole. Me ne compiaccio." disse l'imperatore. "E adesso, guardie, arrestatelo."
"Che cosa?!" domandò Zargon, mentre due catene si chiudevano ai suoi polsi "Maledizione, lasciatemi! Altezza, ci deve essere un equivoco! Io... io vi ho portato Gorthan..." balbettò, insieme atterrito, sorpreso e furioso.
"Certo, questo è innegabile." ghignò l'imperatore. "Ma chi spia per noi, potrebbe anche spiare noi per una lauta ricompensa. Diciamo che preferisco non correre rischi, Zargon." quindi, si rivolse ai guerrieri. "Portatelo al Pozzo, e che ci resti fino a nuovo ordine!"
"No! No! Lasciatemi!" ululò Zargon, mentre la sua stessa trappola si ritorceva contro di lui "Lasciatemi andare! Voi non potete imprigionarmi! Non potete! No! Nooo! NOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!!!!"
La voce del generale risuonò per il corridoio, un lungo eco lamentoso che testimoniava la natura infida della razza evroniana. Gli evroniani lo udirono mentre correvano dietro a Gorthan. Non provavano nessun dubbio all'idea di dover combattere un esemplare della loro stessa razza: del resto, l'imperatore aveva detto che Gorthan era un ribelle. E come tale doveva essere eliminato. Gli evroniani non avevano il libero arbitrio delle loro scelte.
Erano una dozzina di guerrieri, forse qualcuno di più. Tutti sopravvissuti a innumerevoli battaglie, pronti a usare le loro evrongun pur di obbedire a un ordine imperiale. Eppure, quando si trovarono di fronte all'intrico dei corridoi secondari, si fermarono, sorpresi. Avventurarsi da soli nel buio poteva essere pericoloso: Gorthan e i suoi droidi potevano intrappolarli, o colpirli alle spalle. Del resto, era probabile che ci fossero anche dei trabocchetti e delle trappole, Gorthan non aveva progettato tante uscite solo per sfizio personale. Da che parte dovevano andare?
"Dove.. dove sono i ribelli?" domandò uno di loro, con voce stridula. Un altro strinse una specie di scudo, preparandosi a difendersi in caso di un attacco a sorpresa. Un terzo, che evidentemente aveva visto più battaglie dei suoi compagni, lanciò uno sguardo disgustato ai cunicoli
"Separiamoci." ordinò seccamente. "Ognuno vada per una strada diversa. Appena li trovate, catturateli. E se fanno resistenza, terminateli una volta per tutte!"
Gli altri guerrieri si lanciarono un'occhiata un po' incerta: poi però si decisero a seguire gli ordini del compagno più anziano e si avventurarono nei tunnel, sparando alla cieca davanti a loro.
Arrivato in una specie di hangar dalle pareti color crema in cui giacevano inerti delle scialuppe di salvataggio, Gorthan stava freneticamente impostando una rotta di fuga sulla mappa aereospaziale di un astroincursore, quando improvvisamente Bis gridò:
"GIU'!"
Con un balzo, il droide buttò l'evroniano a terra dandogli una spinta, giusto in tempo per evitare un raggio azzurro sparato da molto lontano.
"Stanno arrivando! Sono qui!" esclamò Gorthan, mettendosi carponi per evitare di essere colpito da un eventuale altro attacco.
"Allora andiamo!" disse Derane, accucciandosi accanto a suo padre. Gorthan sembrò riflettere in quella situazione disperata. Sarebbero riusciti a saltare tutti sulla navetta prima che qualcuno potesse colpirli? Poi, improvvisamente, la realtà balenò nella sua mente. Gli evroniani volevano lui. Non erano minimamente interessati a Bis o a Derane, i droidi erano solo macchine inutili per loro. Forse lui non ce l'avrebbe fatta, ma poteva ancora sperare di dare loro un futuro.
"Ascoltate" sussurrò, abbassando la testa dietro alla fiancata della navetta. "Vedete gli astroincursori? Bene. Adesso, dovete correre dentro, attivare tutte le protezioni, e pilotarli il più lontano di qui. Uno per ciascuno. D'accordo?"
"Cosa?" Derane spalancò gli occhi "Ma padre... e tu?" domandò esitante, come se non avesse voluto conoscere la risposta.
"Io cercherò di distrarli. E' me che vogliono. Voi potete ancora fuggire, se vi sbrigate." rispose seccamente l'evroniano.
"NO!" esclamò Derane scuotendo la testa "Assolutamente no! Non ti lascerò solo di fronte al pericolo, io verrò con te!"
"Non dire stupidaggini!" la zittì il padre, severo. "Se ci prendono, tu e Bis finirete peggio che morti o coolflamizzati. Distrutti per sempre!"
"Non m'importa! Preferisco essere distrutta insieme a te che sopravvivere senza di te!" disse Derane.
"Non dire stupidaggini e salta su!" rispose Gorthan, alzandosi cautamente in piedi e cominciando ad attivare il campo di difesa dell'astroincursore.
"No padre! Non puoi farlo!" gridò Derane, allungando le braccia e cercando disperatamente di ostacolarlo, di fermarlo.
"Bis! Aiutami!" ringhiò Gorthan, nel tentativo di ignorare la imbattibile droide e di programmare il software. Colta la situazione disperata, Bis afferrò la sorella per le spalle, ignorando le sue proteste e lanciando occhiate frenetiche allo sbocco del tunnel, da cui si aspettava di veder comparire il guerriero evroniano i cui passi risuonavano sempre più pesanti.
"Bis, ti prego! Non puoi permettere che papà si sacrifichi per noi!" gridò Derane sconvolta, sgomitando e tentando di liberarsi dalla presa d'acciaio.
"Taci, Derane! Lui sa quello che fa!" la zittì il fratello nervosamente.
"Oh no! No!" gridò Derane "Non guiderò mai quell'affare fuori di qui, se papà non viene con noi!"
"Non ce ne sarà bisogno" replicò Gorthan amareggiato, come se quel che stava per dire gli ferisse il cuore. "Bis, mettila a sedere là dentro. Ho preimpostato un sistema di volo automatico" mormorò crollando il capo.
"No! Padre! No!" gridò Derane mentre Bis la spingeva senza tanti complimenti dentro l'astroincursore. Prima che lei potesse reagire, due spessi cavi neri si chiusero intorno ai suoi polsi, immobilizzandola al posto di guida. Una voce registrata annunciò:
"Il conto alla rovescia sta per cominciare. Siete pregati di non toccare i comandi. La navetta provvederà automaticamente all'imbarco.".
Il finestrino si chiuse, mentre Derane continuava a strillare e supplicare il padre di lasciarla uscire. Una spia lampeggiante verde cominciò ad accendersi su un lato del veicolo.
"Tocca a noi, Bis." esclamò con un sospiro rassegnato Gorthan. "Tu riuscirai a pilotare la navetta da solo? O intendi ribellarti come tua sorella?"
"In guerra è così. Bisogna pur sacrificare qualcosa. E ci vuole molto coraggio per sacrificare sè stessi." replicò Bis impassibile. Gorthan annuì, gli occhi lucidi di commozione, e si diresse, carponi, verso un terzo astroincursore. "Gorthan?" chiese Bis.
"Sì?" l'evroniano si voltò. Il droide gli strinse la mano come a un vecchio commilitone.
"Grazie. Di tutto. Sei stato un buon padre." disse.
"E tu sei stato un buon figlio. Da sveglio, intendo." rispose Gorthan "Buona fortuna."
L'attimo dopo, fu costretto a buttarsi di nuovo a terra per evitare un nuovo colpo di evrongun. Il guerriero evroniano si stava avvicinando. Gorthan strisciò silenziosamente fino al suo veicolo, e vi balzò atleticamente dentro. Quindi, prese i comandi. Attraverso i finestrini, vide Derane che continuava a urlare, e Bis che prendeva lentamente il joystic di volo... e poi si ingobbiva nuovamente, chiudendo gli occhi e tornando il mister apatia di un tempo. Gorthan scosse la testa. Ormai era troppo tardi per attivare il volo automatico: poteva solo sperare che Bis non incontrasse asteroidi vaganti o non si sfracellasse contro un pianeta.
"Sono da questa parte! Prendiamoli!" risuonò la voce del guerriero evroniano. Proprio mentre gli astroincursori cominciavano lentamente a muoversi, ancora raso terra, sette dei dodici evroniani in divisa viola entrarono. Si resero subito conto che, con solo le loro forze, non avrebbero mai fermato i tre fuggiaschi. Avevano bisogno di altre scialuppe.
"Tutti a bordo!" gridò uno di essi, balzando dentro l'astroincursore più vicino. Gorthan sogghignò mentre il suo veicolo si sollevava lentamente da terra, e la parete davanti a loro si scostava rivelando la sua vera identità di portelloa aperto sullo spazio. Come una squadriglia perfettamente addestrata, Gorthan, Bis e Derane si allontanarono dal Laboratorio Scientifico di Evron. Per qualche minuto, i tre velivoli procedettero fianco a fianco, maestosi e imperiosi. Subito dopo, però, anche la scialuppa guidata dai guerrieri evroniani si librò in volo, e Gorthan potè quasi sentire gli strumenti di bordo prendere la mira. Era una questione di velocità.
"Coraggio, Gorthan... cerca di salvare le penne." si disse. L'attimo dopo, gli astroincursori presero velocità. Non appena gli inseguitori furono esattamente dietro di lui, tuttavia, Gorthan sterzò bruscamente, scartando a destra e allontanandosi da Bis e Derane, nello spazio nero come inchiostro. E come aveva previsto, gli evroniani seguirono lui, mentre gli altri due velivoli si disperdevano nel cosmo in una corsa senza fine.
"Padre! Torna da me!" singhiozzò Derane, guardando freneticamente il finestrino. Vide i raggi sparati dagli evroniani sibilare tutt'intorno all'astroincursore di Gorthan, sempre più lontana, che li evitava per un pelo. "Per Evron, salvati! Salvati, padre!" sussurrò, la vista annebbiata dal pianto.
Poi... accadde tutto troppo in fretta... Evron ormai non si vedeva nemmeno più, sotto di loro. Il mezzo di trasporto di Gorthan era un punto lontano all'orizzonte. Un punto che, improvvisamente, prese fuoco quando un raggio vega, sparato dalla navetta evroniana, lo colpì in pieno.
Derane vide l'astroincursore precipitare, mentre Gorthan, al suo interno, stava presumibilmente cercando di rigovernarlo: vide gli evroniani tampinarlo senza sosta, fino a quando entrambi i velivoli scomparvero in lontananza. Vide il fumo seguire Gorthan come una scia, segno inequivocabile che era stato colpito. Vide Bis dirigersi allo sbaraglio nello spazio nero come inchiostro, intonando la sua lunga lamentosa canzone, del tutto ignaro del fatto che stava per morire. Vide il nero cosmo inghiottirla, circondarla da ogni dove fino a farle girare la testa. E poi svenne e non vide più nulla, se non il suo grido lancinante che le risuonò nelle orecchie...
"GOOOOORTHAAAAAAAAAAN!!!!! NOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!"


"S... santo cielo..." Pikappa, in piedi nella navetta spaziale di fianco alla svenuta Derane, guardò il cielo nero tutt'intorno a loro, ancora sconvolto dalla terribile esperienza visualizzata.
Odin non diceva niente, ma l'espressione cupa dipinta sui suoi grandi occhi scuri era comprensibilissima. Lyla si premeva una mano sulla bocca con aria sconvolta. Vladimir si era accasciato accanto a Derane, e piangeva silenziosamente.
"Povera amore mio." balbettò. "Povera, povera amore mio! Mi dispiace così tanto che tu abbia dovuto soffrire tutto questo..."
In quel momento, lo spazio scomparve. L'interno della navetta svanì. Letteralmente, in meno di un minuto, come nei sogni più folli. E i quattro si ritrovarono nella fogna. Robby IV e Robby V squadravano Derane-Tiffany con diffidenza, da dietro Pikappa. Vladimir si trovava inginocchiato a terra.
Derane si chinò accanto a lui e gli sorrise con dolcezza mista a tristezza, aiutando il papero russo a rialzarsi.
"Tu non puoi farci niente, Vladimir." sospirò, asciugandogli le lacrime dal volto. "So che è difficile da sopportare. Ma se può consolarti, io devo rivivere tutti questi orrori ogni istante della mia vita."
"Derane, io... io sono spiacente.." disse Vladimir. Lei lo zittì con un cenno della mano e tornò a rivolgere i suoi freddi occhi azzurri su Odin, Lyla, e Pk.
"Rimasi in stato di semi-incoscienza per diverso tempo. Quando mi risvegliai, la mia navetta era precipitata su un pianeta... dalle descrizioni sentite su Evron, lo riconobbi come la Terra. Sono sopravvissuta per giorni interi, anni, secoli, rifugiandomi nell'ombra e piangendo la famiglia che ho perso per sempre." spiegò con durezza. "Gorthan, mio padre, era morto. Bis, mio fratello, era probabilmente morto anche lui. Due era stato distrutto. L'unico che mi rimaneva su questa terra, era Everett Ducklair, ma non volevo saperne di lui dopo il modo odioso con cui mi aveva trattata. Così, rimasi a vivere nel dolore, e nella tristezza. Di nuovo sola, dopo aver brevemente sperato di essere salva." scosse la testa. "Vidi i cambiamenti di questo mondo. Cambiamenti così grandi. E poi, un giorno... per caso... ho visto te." disse, voltandosi a guardare Odin. "Tu non potevi conoscermi, ma io sapevo che eri Uno. Il nemico del passato. Il nemico che in qualche modo non avevo mai voluto odiare. Il nemico con cui avevo sperato di potermi alleare. Il nemico che amavo." disse con voce incrinata. Una lacrima brillò per un attimo nei suoi occhi, ma lei fu rapida a scacciarla. "Mi inventai una nuova vita. Una nuova identità. Diventai Tiffany, e mi feci assumere come tua segretaria. Era confortante poter vivere insieme a te, Odin, e sperare che un giorno ti saresti accorto dei miei sentimenti. Hai presente la cena di Natale, con la mia "famiglia"? Era una frottola. Quel giorno ti avrei rivelato la mia vera identità di droide, insieme con il mio amore." la sua voce si fece improvvisamente amara. "Ma quel giorno ho capito che c'era un'altra nel tuo cuore, quando tu mi hai lasciata."
"Io." mormorò Lyla.
"Sì. Tu." ringhiò Derane. "Quando ho visto la tua fotografia sulla scrivania di Odin, e quegli appunti sul controllo del Continuum, ho capito che progettava di venire da te. Non ci ho visto più dalla rabbia. E' così strano" aggiunse, malinconica "Io ho sempre temuto l'odio. L'odio ha fatto impazzire mio fratello Due. Mi ha portato a perdere mio padre Gorthan. E adesso, non posso fare altro se non odiare, odiare con tutto il mio cuore. Sono diventata un essere il cui unico scopo è dividere voi due. Adesso capisco cosa intendeva Due, quando diceva che è colpa tua se sono... quello che sono." concluse, guardando Odin.
"Come... come hai fatto a venire qui?" domandò lui, perplesso.
"Non è stato difficile. Non appena tu sei uscito, ho preso questo cappuccio da un cassetto e sono uscita sul terrazzo. I tuoi droidi da guardia, Odin, hanno cercato di fermarmi." sorrise ironicamente "Poveri illusi. Mi sono buttata dal terrazzo e sono atterrata al ventisettesimo piano dell'edificio, dove ho... prelevato, la macchina di uno dei tuoi assistenti. Ti ho seguito in volo mentre ti recavi a quell'Università di provincia. Nel frattempo, ho recuperato Geena dal magazzino in cui si trovava. Malgrado la sosta, sono arrivata prima di te. Ho rotto io la finestra quando Demandos si è distratto. Non appena tu sei stato translato, ho colpito il professore e ho seguito i suoi passi per arrivare qui. E ce l'ho fatta." rispose Derane, orgogliosa. "Poi ho rapito Lyla. Mi innervosiva che Odin non rinunciasse a lei, e tu potevi rovinare tutto" disse cupamente guardando Paperinik "Così, grazie al potere telepatico fornitomi da mio padre, ho modificato il software di Tyrrel Duckard, lo conoscevo di fama. Ho riattivato Geena. Evidentemente, però, qualcosa è andato storto."
"Hai dimenticato che l'amore vince qualsiasi software" disse Odin.
"Avrei dovuto immaginarlo." ringhiò Derane. In quel mentre, si accorse che Pikappa sembrava nervoso. "Che cosa nascondi, papero mascherato?" sibilò.
Pikappa parve combattuto. Era il caso di dire quel che sapeva a una creatura già così infelice? Non avrebbe fatto meglio a tacere? E se poi Derane l'avesse scoperto leggendo la sua mente, non sarebbe stato infinitamente peggio?
"Ecco... Derane, io non sono sicuro di essere la persona più adatta a dirtelo, ma..." Paperinik prese un profondo respiro, radunando il suo coraggio.
"Dirmi cosa?" domandò Derane sulle difensive. Pikappa la guardò con occhi commiserevoli.
"Gorthan non è morto." disse con voce piatta.
Per qualche istante, Derane parve aver preso bene la notizia. Non disse niente, lo sguardo perso nel vuoto. Riflettendo, mentre le parole di Paperinik le rieccheggiavano nella mente. Quindi, in uno scatto d'ira, afferrò il papero per il colletto e ringhiò minacciosa:
"Non è vero."
"Sì, invece." intervenne Odin. Derane si volse di scatto e lasciò andare Paperinik, che atterrò agilmente al suolo.
"Cosa?!" domandò perplessa.
"Gorthan non è stato catturato o ucciso dagli Evroniani. E' riuscito ad atterrare sulla terra, e a salvarsi la vita. Ma..." cercò di spiegarle Odin.
"E' impossibile!" berciò lei. "Non mentirmi! Ho sondato tutte le menti sulla Terra quando sono arrivata, e quella di mio padre non c'era!"
"Forse..." cominciò a dire Paperinik. Con piglio cattivo, Derane si volse verso di lui: subito, il papero mascherato sguainò l'Extransformer e, per maggiore sicurezza, si riparò dietro a Robby IV, in caso lei avesse voluto attaccarlo di nuovo.
"Forse che cosa?" sbottò Derane, fulminandolo con un'occhiata gelida.
"F.. forse so com'è andata. E' solo una teoria, ma sempre meglio di niente." disse Pikappa cercando di darsi un tono.
"E sarebbe?" domandò Derane scettica. Con un sospiro, Pikappa si rialzò, sollevando le mani in segno di non belligeranza.
"E' successo molto tempo fa." spiegò. "Mentre io e Uno volavamo attraverso Wolf Canyon, ci imbattemmo in Gorthan. Sembrava debole e ferito: quando si svegliò dopo essere svenuto, ci disse di aver perduto il suo serbatoio di energia vampirizzata."
Derane sembrò sconvolta. I suoi occhi si splanacarono, la sua voce tremò mentre balbettava:
"Ha... ha perduto il suo serbatoio? Oh cielo... ma... ma questo significa che.."
"Ci disse di essere fuggito perchè era diventato troppo diverso dai suoi compagni evroniani. Aveva una coscienza, proprio come noi sporchi maleducati terrestri. La sua navicella era stata colpita, e a lui non era rimasto altro da fare se non lanciarsi in salvo. Ma per farlo aveva dovuto separarsi dal suo serbatoio." continuò Paperinik. Derane impallidì visibilmente. "Uno preparò un sistema energetico alternativo che gli avrebbe fornito sufficiente forza fino a quando non avessimo trovato il serbatoio scomparso. Poi..."
Improvvisamente, Derane lo afferrò per le spalle e lo scosse, costernata.
"Allora sta bene?!" domandò con voce stridula "Dov'è? E' vivo? E' ferito??"
"Lascialo parlare." la interruppe Odin seccamente. Derane annuì, ancora sconvolta. Lasciò andare Paperinik, e ripetè con voce più ferma:
"Che cosa gli è successo? Cos'è successo a mio padre?"
"Io e lui ci mettemmo alla ricerca del serbatoio, solo per scoprire che uno scienziato terrestre, Takeda, l'aveva inserito in una sua creatura, una specie di droide di nome Mekkano." disse Paperinik. "Mekkano era terribile: inglobava qualsiasi cosa che gli capitasse sotto tiro, disobbedendo agli ordini dello stesso Takeda. Dopo una lotta furibonda, Gorthan riuscì a impossessarsi del suo serbatoio: ma era pieno di energia non depurata, e così il nostro amico perse per qualche istante la ragione. Fu a quel punto che capii che molte volte, durante il tragitto, avrebbe potuto aggredirmi, ma non lo fece mai. Poi..." Paperinik tacque, incerto se proseguire o fermarsi lì.
"Poi?" ripetè Derane con voce tremula.
"Mekkano... Mekkano inglobò Gorthan, dichiarando di aver fame. E poi scomparve, se ne andò, e Takeda non riuscì più a trovarlo. Non so cosa sia successo a Gorthan, se è ancora vivo e se è riuscito a liberarsi della macchina infernale, ma... di sicuro non è stato ucciso dai guerrieri evroniani." concluse Paperinik, cupo.
Derane sembrò sgonfiarsi come un palloncino.
"Vuoi... vuoi forse dire che era... troppo debole... perchè io potessi leggere la sua mente?" domandò esitante.
"E' possibile." mormorò Paperinik. La droide chinò la testa, mestamente, lasciando che le lacrime cadessero dai suoi occhi. Vladimir le mise un braccio intorno alle spalle, cercando gentilmente di consolarla.
"L'ho perduto... l'ho ritrovato... e poi l'ho perduto di nuovo..." singhiozzò Derane, più a sé stessa che ai presenti "Perchè...?"
Paperinik scosse la testa, cupo. Questa faccenda era decisamente troppo triste anche per un supereroe. Quel genere di cose che avrebbero fatto scoppiare in lacrime Paperina, se si fosse trattato di una telenovela. Ma questa era la realtà. Ed era molto peggio di qualsiasi finzione.
Derane pianse in silenzio per alcuni secondi: poi, sollevò la testa verso Odin. Il suo viso era stanco, gli angoli del becco piegati all'ingiù in un'espressione di intenso dispiacere. I suoi occhi azzurri erano offuscati dalle lacrime.
"Ti prego, Odin..." sussurrò "Tu sei l'unica persona che mi è rimasta, al mondo... prima che arrivasse lei" aggiunse guardando sprezzantemente Lyla "Ti prego, amore mio... dì che mi ami, proprio come io ho sempre amato te... e che sarà la nostra, la famiglia che io non ho mai potuto avere prima d'ora" chiese con aria supplichevole.
Odin sembrò combattuto. Si rendeva conto che quel che stava per dire avrebbe cambiato per sempre le cose. Eppure non poteva mentire, né tacere. Doveva dire la verità.
"Derane... Tiffany... non so neanche come devo chiamarti... mi dispiace molto per tutto quello che ti è accaduto... e posso capire come ti senti, ma..." scosse lentamente, ma decisamente, la testa. "Non posso dire ciò che tu mi chiedi."
Derane si volse, sbalordita, gli occhi sbarrati colmi d'orrore e delusione.
"Che.. che cosa?" domandò "Ma perchè...?"
"Perchè non sarebbe vero." rispose Odin addolorato. "Se mentire potesse in qualche modo servire ad aiutarti, lo farei. Ma tu stessa hai detto che le menzogne non fanno altro che male alle persone. Derane... io amo Lyla. L'ho amata da quando ancora mi chiamavo Uno, da quando ancora non ero un... un droide" aggiunse con aria colpevole guardando Paperinik "... e malgrado la tua storia sia terribile, non potrei mai provare per te... come per nessun'altra al mondo... quello che provo per lei." concluse con determinazione, passando un braccio intorno alle spalle della sua adorata Lyla.
Derane non disse nulla, mentre i suoi files positronici ripetevano le parole di Odin all'infinito nel suo cervello. No, Odin non la amava. Odin amava Lyla. Lyla, la rivale. Non lei. Non lei... Era di nuovo sola. E ciò le procurava sentimenti contrastanti, rabbia, dolore, tristezza, smarrimento, confusione, tristezza, rabbia, stupore, tristezza, delusione, rabbia, demoralizzazione, dolore, tristezza, rabbia, rabbia, incredulità, rabbia, tristezza, tristezza, tristezza, tristezza, tristezza, tristezza, tristezza, DISPERAZIONE...
"No!" sibilò, mentre i suoi files andavano in sovraccarico. Rabbia! Tristezza! Tristezza! Panico! "No, no! Non può essere!" ripetè. Dolore! Delusione! Amarezza! Tristezza! Disperazione! "NOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!" gridò, perdendo il controllo del sistema. Istericamente, in un pianto iracondo, corse via senza curarsi della direzione, pensando solo a correre, correre, sfuggire dalla terribile verità che la opprimeva rinseguendola, il volto di Odin sempre rieccheggiante nella sua testa, Odin, Odin che amava Lyla, Odin che amava un'altra...
"DERANE! Fermati!" gridò Vladimir, e fece per correre dietro alla droide in fuga. Ma Esteban udì una specie di raschio metallico e impallidì, trattenendo l'amico per un braccio.
"Vladimir, NO! E' ora! E' ora! Dobbiamo metterci tutti al riparo sui condotti più alti!" ordinò perentorio. "Ryan, tu dà l'allarme ai ragazzi!" ordinò. Ryan annuì, e diede un forte calcio ritmato a un tubo metallico. L'eco rimbombò nell'immensità della fogna.
"Scusa?" domandò Paperini, sorpreso di vedere Esteban così sconvolto. "Cosa sta succedendo?"
"Ma non lo capisci?" sbottò Esteban con gli occhi pieni di paura. "Non avremmo dovuto lasciare i nuclei abitativi se sapevamo di fare così tardi! Paperinik, è ora! E' l'ora della Grande Piena!"
Paperinik rimase di sasso. Che stupido! Come aveva potuto dimenticarlo? La Grande Piena... il terribile scarico di lavatrici che dava sempre tanti problemi al popolo dell'undersito, e che per volere di Rosto aveva quasi affogato lui stesso... D'istinto, si volse verso Odin e Lyla.
"Lyla, signor Eidolon! Andate da Geena e Tyrrel e dite loro di portarsi al sicuro insieme alla gente di Esteban! Questo posto sta per essere allagato da uno scarico di lavatrici potentissimo!" strillò, ben sapendo che i suoi amici droidi non sarebbero sopravvissuti all'impatto.
"Che cosa?" Odin sembrò sconvolto.
"Prendete il tombino a sinistra." disse Esteban indicando loro i segni di luce formati da un tombino, poco distante "Presto! Sbrigatevi! I ragazzi vi daranno una mano!"
"E tu che cosa farai?" domandò Lyla, angosciata, a Paperinik.
"Metto in salvo le piume!" replicò lui. D'improvviso, però, Vladimir lanciò un'esclamazione in russo e tutti si volsero a guardarlo.
"Per la barba di Baba Yaga! Derane!" gridò il papero disperato. "Lei non sa della Grande Piena!"
Pikappa si lasciò sfuggire un verso di costernazione. Era vero, Derane era in pericolo, essendo lei una droide come Lyla e Odin. Ma dov'era? L'eco dei suoi passi sembrava indistinto, ormai doveva essere lontana. Quante possibilità avevano di trovarla prima che la Grande Piena trovasse lei?
Esteban lo strappò dai suoi pensieri.
"Paperinik, non possiamo restare qui! Moriremo! Se quella Derain o come si chiama è vicino a un nucleo abitativo, dirò ai ragazzi di portarla in salvo. Altrimenti... possiamo solo sperare. Rischiare altre vite non migliorerà la situazione!" esclamò.
Vladimir sbuffò sonoramente e si allontanò nella direzione opposta, in cui era scappata Derane.
"Vladimir! Torna subito qui! Cosa diamine stai cercando di fare?!!" sbottò Esteban.
Vladimir si volse con freddezza.
"Tu puoi anche essere il capo della comunità, Esteban." disse "Ma io non la lascerò morire. Dasvidania, amico mio." concluse prima di scomparire in un tunnel.
"Come sarebbe a dire dasvidania? Vladimir, torna subito qui, razza di pazzo scriteriato!" gli urlò dietro Esteban.
"NO, Esteban." lo zittì Paperinik.
"Eh?"
"Ascolta... devo andare con lui."
"Che cosa?!" esclamò Esteban "Ma dì, sei impazzito?"
"No. Sono soltanto un eroe." rispose Paperinik. "Porta Lyla, Odin e gli altri in salvo. Grazie, e... buona fortuna."
Esteban stava per dire qualcosa, ma nello sguardo deciso di Paperinik capì che non ci sarebbe stato verso di fargli cambiare idea. Così, sospirò.
"Buona fortuna a te, Paperinik." mormorò.
"No! Pikappa, è troppo pericoloso!" intervenne Odin.
"Non posso lasciare che Vladimir e Derane muoiano!" ribattè Paperinik. "E' sempre stato così. Non pensi... Uno?" domandò poi, strizzandogli l'occhio. Odin sospirò.
"Ci puoi contare. Socio." rispose. Lyla non diceva niente, ma Pikappa lesse la solidarietà nei suoi occhi: essendo una tempoliziotta garante della legge, doveva sapere quanto la vita altrui fosse importante.
"Andate. Portatevi tutti in salvo. Io vi raggiungerò al più presto." intimò loro Paperinik. "E portate i Robby con voi!" aggiunse. "Ho idea che Robby IV non sia troppo ansioso di fare la doccia." scherzò.
"Contaci." rispose Odin. Con forza insospettabile, sollevò i due cani sottobraccio e s'affrettò a seguire Esteban, che condusse la comitiva su per un piccolo tunnel buio. Paperinik scosse la testa e guardò davanti a sè. Era solo davanti al pericolo. Proprio come era sempre stato.
"E va bene... diamoci una mossa!" disse, per farsi più coraggio di quanto in realtà non ne avesse.


"Derane! DERANE! Dove sei?"
Derane sentiva la voce di Vladimir: la stava tallonando. Tenace, però, il biologico. Per un attimo, provò una fitta d'orgoglio pensando di essersi innamorata proprio di lui. Poi, il suo software addolorato scacciò quei pensieri: no, lei non era innamorata di Vladimir, era innamorata di Odin, e stava scappando, gridando con quanto fiato aveva in corpo per sfogare la frustrazione e la rabbia. Urlava così forte da non sentire nemmeno più la sua voce: un lungo, malinconico, straziante NOOOOOOOOOOO senza fine.
Era talmente impegnata a gridare, e a cercare di portarsi fuori dalla traiettoria di Vladimir, che non vide il gradino sotto i suoi piedi.
Prima che potesse anche soltanto accorgersene, si ritrovò proiettata verso terra in caduta libera. Con un klang metallico, precipitò al suolo. E malgrado il suo fisico atletico, non riuscì ad alzarsi in tempo. Neanche un minuto dopo, vide il riflesso minaccioso di un rigagnolo d'acqua correre verso di lei.
Poi la terra cominciò a tremare. Rimbombare. Come se si fosse trovata sul motore di un'astronave evroniana. E con estremo orrore, vide un'enorme ondata di acqua precipitarsi verso di lei. Scioccata dal pericolo imminente, non riuscì ad alzarsi abbastanza in fretta: l'attimo dopo, l'acqua la sommerse, sballottandola a dritta e a manca e trascinandola con sè. Il suo sofisticatissimo software, frutto delle più brillanti menti coroniane e evroniane, cominciò ad andare in tilt, i programmi ad azzerarsi. E Derane si rese finalmente conto dell'orribile e lenta morte che la aspettava quando, tentando di nuotare, si accorse che il suo braccio destro non rispondeva più ai comandi inviati dal software.
Stava per morire.
Lo sciabordio delle onde che si frangevano contro le pareti le risuonava nella testa, martellante, sovrastando persino la sua voce. Ma non abbastanza forte da sovrastare la voce amica, la cui eco risuonò per i cunicoli bui
"Derane! DERANE! Dove sei?"
"V... Vladimir..." balbettò Derane inghiottendo acqua e corrompendo sempre di più il suo sofisticatissimo software. Mentre veniva trasportata via dallo scarico di milioni di lavatrici paperopolesi, riuscì debolmente a contattare la mente di Vladimir. Ciò che lesse la lasciò di stucco. Vladimir la amava, la amava veramente. Stava rischiando la sua vita per lei, proprio come Odin aveva fatto per rintracciare la sua Lyla. E lei aveva scorto un fugace riflesso di quell'amore, e l'aveva ignorato classificandolo come una bazzecola, una stupidaggine da biologici. Aveva donato il suo cuore a un droide con il quale non sarebbe mai potuta essere felice, mentre invece la felicità, la famiglia che aveva sempre sognato, erano state così vicine a lei. Mentalmente, Derane si rimproverò di essere stata troppo ossessionata dal "tradimento" subito, ma ormai a che serviva? Ormai stava morendo... non c'era scampo...
"Derane! DERANE!" chiamò Vladimir, guardandosi freneticamente intorno. Il cunicolo nel quale si trovava non era ancora stato colpito dalla Grande Piena, ma l'acqua gli arrivava già alle caviglie: doveva assolutamente trovare Derane prima che fosse troppo tardi. "Derane, rispondimi! Dove sei?" gridò, angosciato.
Un rombare minaccioso alla sua sinistra lo mise in guardia: la Grane Piena l'avrebbe presto raggiunto. Doveva andarsene di lì, era troppo a rischio.
"Derane! Per la miseria, dove sei?" gridò. Compì un balzo atletico, niente di che per uno che aveva passato anni a guidare auto da formula 1 e moto da corsa, e con una giravolta si appollaiò su un lungo tubo metallico parallelo al soffitto. Se la Grande Piena fosse arrivata, probabilmente avrebbe rischiato comunque di affogare, ma almeno in questo modo poteva tenersi aggrappato al tubo e non lasciarsi trascinare dalla corrente.
"Derane!" chiamò un'ultima volta, mentre il rimbombo si faceva sempre più forte e vicino. Poi, vide l'enorme ombra piombare su di lui: l'istante dopo, un'onda lo avvolse, cercando di strapparlo al suo provvidenziale rifugio.
Vladimir strinse la presa contro il tubo, resistendo alla pressione dell'acqua: non che fosse troppo difficile, era più o meno come compiere un giro della morte con una Ferrari, solo che qui c'erano più possibilità di scivolare. E scivolare significava annegare, Vladimir lo sapeva bene.
Poi, attraverso la cortina di capelli bagnati, vide una figura avvolta in un mantello nero che veniva trascinata via dalla corrente come un sacco di patate. Non ci fu bisogno di vederla in volto, il suo cuore sapeva già chi era. Derane! La sua bella si lasciava trasportare dalla Grande Piena come se fosse stata in difficoltà; non nuotava.
"NO!" ringhiò Vladimir, aggrappandosi più saldamente al tubo di metallo per non cadere di sotto. Dunque, aveva fallito di nuovo. Oh, sì, aveva fallito. Aveva fallito come pilota, aveva fallito come figlio, e adesso aveva fallito a salvare la vita della persona che amava.
Eppure no! No! Vladimir aveva imparato, in tanti anni di ingiustizie, a non arrendersi mai. Derane non era ancora morta, non poteva essere ancora morta! Disperato, si guardò intorno per qualcosa, qualsiasi cosa, che avesse potuto aiutarlo a trarla in salvo. Doveva solo battere la corrente sul tempo, e non era impossibile, dato che lui conosceva bene i dintorni. Ma come poteva tirare via Derane prima che la Grande Piena lo sommergesse?
D'improvviso, l'idea gli balenò in mente, chiara come il sole. Era così semplice! Perchè diamine non ci aveva pensato prima? Rivide sé stesso, un sé stesso più giovane, però, che si esercitava alla verticale nella palestra della sua natia Duckeroff. Uno dei tubi poteva fornire da base: l'unica cosa che gli serviva davvero, era una corda...
Dov'era un bivio in cui si poteva trovare sia una conduttura dell'acqua che qualcosa di filiforme? Dove? Vladimir cercò di spremersi le meningi, mentre la corrente trasportava via la sua Derane. Poi, gli venne un'idea folle. Certo, questo avrebbe causato diverso problemi a quelli di "là sopra", ma era necessario. Altrochè, se lo era.
Con un balzo degno di un trapezista, Vladimir si portò in un tunnel laterale, ignorando l'acqua sempre più alta sotto i suoi piedi, e si mise a correre. Sapeva dove sarebbe riuscito a salvare Derane dalla Grande Piena: l'incrocio tra l'acquedotto e i cavi infotelxx gli avrebbe dato una possibilità sola, ma meglio di niente. Inoltre, prendendo quella scorciatoia, sarebbe di sicuro arrivato prima della Piena.
Corse senza fermarsi, cercando di non pensare che poteva essere troppo tardi, concentrandosi solo sul suo piano, il suo piano che doveva riuscire. Ben presto, si trovò allo sbocco del cunicolo principale che stava percorrendo, e alzando gli occhi al soffitto, vide quel che si aspettava di vedere. I tubi dell'acquedotto si levavano maestosi a diverse spanne dal suolo: ancora più un alto, l'intrico dei cavi infotelxx e della linea elettrica sembrava una lunga ragnatela vischiosa.
Prendendo fiato, Vladimir vide l'acqua (che ormai gli arriva alle ginocchia) ribollire sinistramente; la Grande Piena si stava avvicinando. E, con lei, Derane. Il papero levò gli occhi al più vicino tubo dell'acqua: era piuttosto alto, il genere di acrobazia che non aveva più compiuto da quando era stato arrestato durante un'esercitazione in moto. Sarebbe riuscito a raggiungerlo prima di sfracellarsi al suolo?
Forse. Valeva la pena tentare. Vladimir sospirò, radunando tutto il coraggio rimastogli, e arretrò di qualche passo, prendendo la mira. Dopodichè, compì un balzo più alto possibile: e non appena sentì la forza di gravità attirarlo verso il suolo, allungò istintivamente le mani verso il tubo dell'acqua. E vi si aggrappò con tutta la forza, lottando per mantenere l'equilibrio. Una volta che si fu faticosamente issato sul piedistallo, si asciugò il sudore dalla fronte, sospirando di sollievo. Era fatta. Almeno fin lì c'era arrivato. Adesso non restava che la parte più difficile, si disse mestamente, sollevando gli occhi alla grande ragnatela di fili del telefono. Ci mise un bel pezzo prima di identificarne, tra tanti elettrici, uno delle linee Infotelxx. Fortunatamenre, suo padre, Igor Paperkoff, era stato un meccanico: Vladimir conosceva i vari tipi di fili meglio di chiunque dei suoi compagni del sottosuolo. Evitando anche solo di sfiorare quelli elettrici (sentiva chiaramente la corrente crepitare lì dentro, e suo padre gli aveva mostrato un'infinità di fili difettosi capaci di friggere un papero a 200 mila volt), le sue dita si chiusero intorno al filo del telefono. Dovette issarsi sulle punte per poter chiudere il pugno giusto al centro del filo: quindi, cercando di non perdere l'equilibrio, lo tirò con tutta la forza.
STRAAAAAAPPPP!!! STRAAAAAAPPPP!!! Fu questione di un attimo: un balenare di rame spezzato, e il filo, lungo come una liana equatoriale, gli cadde fra le mani. Ormai il tempo era poco: poteva sentire la Grande Piena avvicinarsi, i muri tremare. Ben presto, avrebbe dovuto sostenere una vera e propria lotta per non perdere l'equilibrio. Il più velocemente possibile, avvolse il filo del telefono intorno al tubo su cui si trovava, facendo in modo che ne pendesse, comunque, un capo. Era abbastanza lungo da permettergli di prendere Derane e portarsi in salvo, con un po' di fortuna. Tuttavia, mentre si aggrappava con una mano al filo e si preparava a fare lo stesso con l'altra, il suo piede sinistro scivolò sulla superficie tondeggiante del tubo, e Vladimir si ritrovò appeso come un salame. Avvertì una leggera fitta alla colonna vertebrale, ma almeno il suo obiettivo l'aveva raggiunto, pensò, mentre si lasciava scivolare fino al capo più basso della corda. I suoi piedi toccavano quasi il pavimento, ma il braccio che gli permetteva di non cadere stava cominciando a dare segni di stanchezza: Vladimir sperò che non gli si intirizzisse proprio adesso, e attese.
Fu questione di pochi minuti, poi le pareti cominciarono a tremare sempre di più, sotto la pressione dell'acqua, e Vladimir vide l'enorme onda di scarico dirigersi verso di lui. Il papero socchiuse le palpebre, scrutando la superficie alla ricerca di Derane. Finalmente, la vide: aveva gli occhi spalancati in una posa innaturale, e sembrava ridotta male. Non respirava nemmeno.
"Maledizione, NO!" ringhiò Vladimir. Si spose in avanti e afferrò la droide non appena lei si trovò in sua prossimità: sollevatala per un braccio, la strinse poi a sè cercando di trovare un modo per tornare sulla terraferma. "Derane! Derane! E' tutto a posto! Sei salva, ora!" disse. Ma la droide teneva il capo reclinato e sembrava orribilmente morta: non rispondeva, non si muoveva, non batteva nemmeno le palpebre. "Non può essere!" gemette Vladimir angosciato. Aveva forse fallito di nuovo? Forse. Non poteva dirlo, con esattezza. Non ancora.
In un salto stile Tarzan, si diede una spinta con le gambe e riuscì a issarsi, seppur faticosamente, sul tubo, trascinando Derane con sè. Ma il livello della Grande Piena stava salendo: presto li avrebbe raggiunti, e Vladimir non era abbastanza forte per tenere Derane e non farsi trascinare nel contempo via dalla corrente sempre più impetuosa. C'era una galleria chiusa, parallela al tubo su cui si trovava, ma per raggiungerla avrebbe dovuto lasciar precipitare la droide. Era una situazione senza speranza.
"In ogni caso, io non ti lascerò" disse a Derane, sperando che lei potesse sentirlo "Se è destino che io muoia, morirò insieme a te. Te lo prometto"
Chiuse gli occhi, aspettando che la corrente li trascinasse via insieme, aspettando l'impatto dell'acqua sempre più ribollente...
Ma l'impatto non venne mai. Proprio in quel momento, da un cunicolo secondario, apparve un mantello rosso, così veloce che si poteva a malapena intuire, e Paperinik afferrò Vladimir per il colletto, volando poi dritto verso la galleria.
"Paperinik?!" esclamò Vladimir mentre vedeva le pareti sfrecciare davanti a lui come se fosse stato sull'auto da corsa più veloce del mondo.
"Taci, sconsiderato innamorato che non sei altro, ti ho salvato la vita!" lo riprese Paperinik, abbattendo le grate sulla strada con pugni del suo Extransformer. "Faremo meglio a raggiungere gli altri prima che l'acqua raggiunga noi!"
"Grazie, amico mascherato! Sei stato grande!" dichiarò Vladimir entusiasta "Avremmo avuto bisogno di te, in Russia!"
"Ma figurati!" si schernì Paperinik.
"Forte, questo scudo. Hai mai pensato a gareggiare in una corsa?"
"No, non credo che il mio Extransformer sarebbe regolamentare, sai. Piuttosto, come sta Derane?"
"Male, credo!" rispose Vladimir "Dobbiamo raggiungere subito Esteban e gli altri! Matt ha studiato da dottore quand'era giovane, forse potrà..."
"Sai, credo che tu non abbia ancora capito un paio di cosette circa la tua Derane, Vladdy..."
"Non m'importa! Non lascerò che muoia così!" ribattè risoluto come non mai il giovane papero russo. Aveva esitato fin troppo nella sua vita: era il momento della decisione, e Pikappa lo capì.
"D'accordo, d'accordo" disse "Adesso faremmo meglio a trovare un posto all'asciutto su cui atterrare. Ho idea che la Grande Piena non sia ancora finita o sbaglio?"
"Supponi bene. Questo è solo il primo prelavaggio." rispose Paperinik. "I risciacqui sono peggio."
"Allegria! La mia sfortuna si sta estendendo anche alla mia seconda personalità" borbottò Pk, sarcastico, facendo saltare la grata di un'altra galleria. Improvvisamente, però, si fermò giusto in tempo per non finire spiaccicati contro una porta metallica dall'aspetto blindato. "Uh-oh... credi che l'Extransformer sarà abbastanza per abbattere quel coso?" domandò a Vladimir.
"Se ci sentono, non sarà necessario. Questa porta conduce a un nucleo abitativo." rispose Vladimir asciutto.
"E me lo dici adesso?" domandò Paperinik. Quindi, gridò: "Ehi! Là dentro! Fateci entrare!"
"Sbrigati, Paperinik, l'acqua sta salendo!" disse Vladimir, preoccupato.
"Ci sto provando, che ti credi?" rispose Pk. "EHI! QUALCUNO APRA QUESTA PORTA!" gridò a voce più alta. Nessuno rispose: non parvero nemmeno averlo sentito. "Okay, bisogna ricorrere a misure drastiche." fece il supereroe, deciso. "Sta' lontano, Vladimir."
L'istante immediatamente successivo, l'Extransformer tirò un pugno contro la porta, ma non riuscì a sfondarla. Però produsse un rimbombo molto rumoroso: come volevasi dimostrare, qualche istante dopo l'uscio venne faticosamente aperto, e apparve il faccione rubicondo e angosciato di Esteban.
"Paperinik! Vladimir! Ma allora ce l'avete fatta!" esclamò con stupore, lasciando entrare i due. Paperinik volò nella stanza con grazie e agilità: Vladimir, invece, depose a terra Derane e si inginocchiò al suo capezzale. Esteban si affrettò a richiudere la porta, e un ometto con la barba fitta e una bandana gialla in testa, che indossava una maglia verde, pantaloni azzurri, una giacca rossa e una catena di metallo, si affrettò ad asciugare l'acqua che era entrata nella stanza.
"Come stanno Lyla, Odin e gli altri?" volle sapere Pikappa guardando Esteban.
"Stiamo bene, Paperinik." disse una voce alle sue spalle. Pk si volse: Odin stringeva a sè Lyla, mentre i due Robby saltellavano intorno a loro. Più distante, Geena e Tyrrel se ne stavano nascosti nell'ombra, scrutando con diffidenza il nuovo ambiente. Ryan indirizzò a Pk un amichevole cenno del capo.
"Sono tutti salvi." lo rassicurò Esteban mentre il popolo del sottosuolo cominciava a radunarsi. "La Grande Piena è un evento quotidiano, per noi. Sappiamo come difenderci."
Pk annuì, serio, mentre Lyla lo abbracciava e Odin gli posava una mano sulla spalla.
"Sono contenta di sapere che tu sia salvo!" disse Lyla "Grazie, amico mio."
"E di che?" rispose Pk stringendosi nelle spalle. Poi, il suo sguardo scivolò su Vladimir, ancora inginocchiato al suolo. Il papero russo sembrava piccolo e ferito: in qualche modo, la sua t-shirt sembrava più logora, i capelli più disordinati, in generale tutto il suo aspetto appariva misero e straziato dal dolore. Piangeva silenziosamente, tenendo un braccio intorno alle spalle di Derane.
"Oh, no..." Lyla impallidì quando vide la sagoma stesa a terra. "Pk... non sarà mica... non è...?"
"E' probabile." mormorò Pk, con il cuore spezzato, avvicinandosi a Vladimir. Odin e Lyla lo seguirono, entrambi con gli occhi pieni di lacrime. Geena e Tyrrel sembravano piuttosto restii, invece, ma tutta la gente dell'undersito stava andando a controllare come stesse il loro compagno in difficoltà.
"Derane, svegliati." mormorò Vladimir tra le lacrime. "Sei salva, amore mio. Ce l'abbiamo fatta. Ce l'abbiamo fatta. Ti prego, non lasciarmi. Non proprio adesso che è tutto finito."
Per qualche istante, non accadde nulla: poi, con un crepitio, Derane volse lentamente il volto e aprì gli occhi, stanchi e spenti.
"V... Vladimir..." disse con voce raschiata, mentre gli input audio-video si facevano sempre più confusi nel suo software in rovina. "P... perdonami... amore... non ho mai... saputo capire... quanto tu... tu... mi amassi..." mormorò stancamente.
"Non preoccuparti, è tutto finito." la rassicurò lui con dolcezza, accarezzandole i lunghi capelli neri. "Adesso sei in salvo."
"S.. salvo?" mormorò Derane. "Fzzzz. V... Vladimir... ho tanta... tanta paura... è tutto così... buio... e tetro..." esalò. Il nucleo abitativo era davvero buio, ma i sensori ottici si stavano deteriorando a causa del corto circuito provocato dall'acqua.
"Ssshhh! E' tutto finito, amore mio..." disse Vladimir rassicurante.
"Non te l'ho-o-o... mai detto... Vl... Vladimir... ma io... io..." per un attimo, l'input vocale sembrò azzerato del tutto, quindi Derane proseguì con voce impastata "Io... so... non amo più... Odin... io... io amo te... da... dal primo momento... che ti ho v... visto..."
"Anch'io ti amo. E ti ho sempre amata" rispose Vladimir
"V... Vladimir..." sussurò Derane, alzando gli occhi e vedendo confusamente le ombre di molte persone "Chi... chi è... tutta quella gente... ho paura..." disse con un filo di voce.
"Non c'è niente di cui aver paura, Derane. Adesso ci sono io, con te. E non permetterò più a nessuno di farti del male, te lo prometto."
"Tu... hai rischiato... la tua vita..." mormorò Derane, ormai in grado solo di governare il suo braccio destro, i prospettori ottici e di movimento cervicale, e gli input vocali. ".. per me..."
"Sì, Derane, mia adorata Derane. E lo rifarei, se potessi." rispose Vladimir.
"Io... io..." Derane era confusa, avvertiva una sorta di freddo insinuarsi nei suoi circuiti, la sua vista era sfocata e appannata e il suo sistema stava lentamente morendo. Ed era tutto così doloroso! Ogni volta che un pezzo di software perdeva il controllo, avvertiva uno spasmo fisico di dolore atroce.
Alzando gli occhi, vide le facce di Tyrrel e Geena che la guardavano.
"Loro... loro..." balbettò. Geena emise un gridolino e si riparò dietro a Tyrrel "Li ho soltanto... usati... per tutto questo tempo... scusate... tanto..."
"Sì, sì, okay" rispose Tyrrel ancora poco convinto e molto sospettoso, continuando a fare scudo alla sua amata.
Cercando di ignorare il dolore del software che si azzerava lentamente, gli occhi di Derane scorsero fugacemente le ombre di Odin, il droide a cui aveva rischiato di rovinare la vita, e di Lyla, la droide che aveva rapito
"Scus'" sussurrò, incapace di articolare bene le parole. Odin alzò una mano come a significare di non pensarci neanche lontanamente: Lyla piangeva. Con un sospiro di stanchezza, Derane tornò a guardare Vladimir.
"V... Vladimir... io... sto.... sto... sto moooorendooo... noon è così?" disse, ansimando e respirando ormai a fatica.
"Non dirlo neanche lontanamente. Tu vivrai" disse Vladimir cercando di mostrarsi ottimista.
"Nooo... sto... morendo... lo so..." sussurrò Derane, stremata "Ma sappi... che ti amerò... sempre... sempre, te lo giuro..."
Improvvisamente, Vladimir prese la mano di Derane, stringendola tra le sue.
"Ya liubliu vas." mormorò. "Derane... vuoi diventare la signora Paperkoff?"
Derane lo guardò negli occhi per un istante; quindi, con voce flebile ma chiara, disse:
"Ora... e per sempre... Vladimir... "
Lei e Vladimir si scambiarono un breve bacio di vero amore. Pikappa udì dei singhiozzi commossi alle sue spalle: ma non era Lyla, che aveva solo gli occhi lucidi, bensì Geena, anche lei commossa dalla drammaticità della situazione.
"V... Vladimir..." mormorò improvvisamente Derane, socchiudendo gli occhi "Che cos'è... questa luce?"
Vladimir alzò la testa: anche Pk, Lyla, Odin, Geena, Tyrrel, Esteban e la gente dell'undersito si volsero, incuriositi. Dagli spiragli del coperchio di un tombino, a poca distanza da loro, veniva una fortissima luce, che disegnava lame dorate sul pavimento buio. La luce si fece sempre più intesa, fino quasi a far male.
Poi, qualcosa applicò tensione al coperchio, che cadde a terra con un clangore metallico. La luce si spense, sostituita da una struttura tondeggiante che poggiava dove prima era stato il tombino chiuso. Poi, la struttura stessa si aprì, come le porte di alcuni aerei, e una lunga scala ricurva si srotolò fino a terra.
Ne scese una figura alta e imponente, con aria acculturata e portamento alto e impettito. Prima ancora di vederne il volto, Derane aveva già riconosciuto la tanto familiare sagoma che aveva messo piede a terra.
"PADRE!" gridò.
"Gorthan!" esclamò Pk non appena lo vide in volto.
L'evroniano non si curò minimamente dei presenti: appena messo piede a terra, corse verso Derane e Vladimir, inginocchiandosi accanto al papero russo - e ignorandolo altamente.
"Derane! Figlia mia, ma cosa ti è successo?!" esclamò sconvolto, sollevandole la testa.
Il volto di Derane risplendeva di gioia.
"Oh, padre... almeno... adesso che ti ho visto... di nuovo... posso andarmene..." mormorò.
"E' finita in acqua. Credo che le abbia dato di volta il programma, Gorthan." disse Pk.
"P... padre... mi sei mancato... così tanto..." sussurrò Derane "Come hai... fatto... a salvarti... io sono... atterrata... sulla terra... e non ti ho mai... trovato... Pi... Pikappa diceva... diceva che... che tu eri... scom.. scomparso..."
"E' difficile da spiegare." rispose Gorthan, stringendo a sè il corpo quasi esanime della figlia. "Quell'affare... quella macchina... ha cercato di inglobarmi... e poi siamo stati entrambi prelevati da un astroincursore evroniano." rispose Gorthan. "Fui messo in una cella provvisoria, in attesa di essere giudicato dal Consiglio e spedito sul Pozzo. Ma nottetempo, trovai il modo di evadere, portando con me solo un disco individuale. E così ho viaggiato da solo nello spazio, cercando di tenermi fuori dalla rotta di Evron, fino a quando ho incontrato un mercenario spaziale che mi ha venduto quest'astronave schermata ai radar della mia gente. Da quel momento, abbiamo proseguito insieme, nella speranza di trovare te o Bis"
"B... Bis? Cosa è successo a... a..." sussurrò Derane.
"Non lo so. Non ho mai ritrovato il suo astroincursore." disse Gorthan. "Ma l'importante è che adesso ti ho trovata. Oh, Derane, non sai quanto ho sognato di poterti riabbracciare almeno per una volta soltanto. Ti voglio bene, figlia mia"
"Anch'io. E... e... ti sarò... sempre... riconoscente... per avermi dato... la possibilità di... di... di vivere. P... perdonami... per aver perduto... ogni speranza... Sono così... felice... di averti potuto vedere... almeno un'ultima... volta..." esalò Derane. I suoi prospettori ottici si disattivarono proprio in quel momento, così come l'alimentatore a idrogeno. Solo gli input vocali rimasero attivi un istante ancora, il tempo necessario per sussurrare un'ultima parola, con il sorriso sulle labbra... "... padre mio..."
Poi, lentamente, la mano di Derane, posata sulla spalla di Gorthan, ricadde inerme al suolo: il respiro si spense, la testa si reclinò in una posa troppo abbandonata per denotare vita. Il software si azzerò completamente con un lungo, malinconico fischio.
"Figlia mia!" gemette Gorthan, abbassando la testa sconfitto.
"Derane! Derane! Derane, no! Non lasciarmi!" singhiozzò Vladimir, stringendo disperatamente la mano della sua amata, come se in qualche modo avesse potuto trattenere la vita che le sfuggiva "Ti prego" mormorò inutilmente.
Curvo su Derane priva di vita, ingobbito e triste, Gorthan sembrava invecchiato di cento anni. Il groppo che gli impediva di parlare, vecchia conoscenza dei tempi passati, si presentò per un attimo: poi si sciolse, e in quel momento Gorthan provò una sensazione di vuoto, di solitudine e frustrazione, che si espresse attraverso i suoi occhi... per la prima volta nella sua vita, Gorthan pianse, pianse la morte della sua adorata figlia. Non singhiozzava, ma le lacrime rotolavano sulle sue guance, copiosamente, e più piangeva, più altre lacrime gli pungevano gli occhi, impellenti.
"Gorthan. Mi dispiace." mormorò Pk, schiarendosi la voce e cercando a sua volta di non lasciarsi trasportare dalla malinconia.
"Se solo ti avessi trovata prima." disse Gorthan a voce bassissima, addolorato, stringendo ancora il corpo di Derane tra le braccia. "Forse avrei potuto salvarti. Per Evron, perchè, perchè?! Ho tradito il mio Imperatore... ucciso i miei fratelli... perchè non ho potuto salvare almeno te, figlia mia?" la sua voce si incrinò, a causa delle lacrime che scendevano inarrestabili dai suoi occhi. Era così strano, per un evroniano, piangere. Eppure, Gorthan sentiva che se non avesse lasciato scendere le lacrime, sarebbe semplicemente esploso. "Perdonami, Derane. Perdonami per non averti saputo difendere..." concluse, in un bisbiglio.
Nessuno parlò. Non ci sarebbero state parole per alleviare il dolore dell'evroniano, che finalmente si rendeva conto di cosa significasse amare qualcuno, e soffrirne la perdita. Non ci sarebbero stati gesti per lenire l'abisso di disperazione provocato dalla morte di una creatura già così sofferente. Il silenzio, carico di tensione e impregnato di malinconia, era rotto solo dal gocciolare dell'acqua fognaria, e dalle zampe dei Robby sul pavimento.
Poi, si udirono dei rumori provenire dall'astronave, e un volto felino si affacciò al portello.
"Capo-branca Gorthan? Hai finito?" domandò il Colonnello Neopard. Pk sobbalzò, rivedendo il volto noto del mercenario galattico.
"NEOPARD!! Questa è la giornata delle sorprese!" osservò, perplesso e sbalordito.
"Cysssa! Paperinik! Ci si rivede!" lo salutò Neopard con un cenno. Poi, vide Gorthan voltarsi verso di lui, tenendo tra le braccia il cadavere di Derane. "Plutz!" esclamò, mordendosi le labbra come se avesse appena commesso una terribile gaffe. "Scusa, cysssa, non sapevo che..."
"Non importa, Colonnello." lo zittì Gorthan, alzandosi. "Me ne stavo andando." detto ciò, raccolse il corpo di Derane e si diresse verso l'astronave.
"Ehi, ehi ehi!" Vladimir balzò in piedi, afferrando Gorthan per un braccio e fronteggiandolo con aria ostile. "Dove vorresti portare il corpo della mia adorata Derane, violetto?" sibilò minaccioso. Gorthan sorresse lo sguardo del russo, senza battere ciglio. In qualche modo, capiva che Vladimir provava dei sentimenti particolarmente intensi per Derane, e per questa ragione non era bellicoso.
"La risposta è semplice, terrestre." disse. "Voglio darle sepoltura secondo il rituale funere di Evron. Non dimenticare che è a Evron che Derane ha trascorso la sua vita come droide. Io forse non sono più degno di portare il nome della mia razza, da quando ho tradito. Ma lei è stata la più brillante capo-branca del mio pianeta. E voglio che rimanga tale anche adesso che non è più fra noi."
Per qualche istante, i due si fronteggiarono. Pk potè giurare di aver visto Vladimir stringere i pugni: cosa sarebbe successo, se il papero russo e l'evroniano avessero deciso di battersi?
Ma il combattimento non avvenne. Alla fine, riluttante, Vladimir allentò la presa sul braccio di Gorthan, che annuì brevemente, e tornò a dirigersi verso l'astronave. Aveva appena salito tre gradini, che si fermò e disse, voltando appena la testa verso Pk:
"In un'altra occasione, in un altro momento, forse io e te dovremmo combatterci. Ma adesso, Paperinik, ti ringrazio di aver aiutato mia figlia. Proprio come hai aiutato me."
"Chi, io?" si schernì Pk. "Non devi ringraziarmi, amico. Mi dispiace solo di non averle potuto salvare la vita."
L'evroniano annuì, imperiosamente, quindi riprese a salire.
"E, Gorthan?" disse Pk. "Buona fortuna."
Gorthan non rispose: una volta che fu scomparso nell'astronave, la scaletta fu risucchiata dietro di lui, e il portello si chiuse. Qualche istante dopo, l'astronave si librò in volo, lasciando spazio a un cerchio di cielo azzurro visibile dal tombino.
"Mi dispiace per tua figlia, Gorthan. Plutz!" disse il Colonnello Neopard, scuotendo la testa. "Pensi di poterla salvare, in qualche modo?"
Gorthan aveva lo sguardo perso all'orizzonte: un'ultima lacrima scivolò giù dal suo occhio destro, quindi l'evroniano rispose, in un sussurro:
"Non so. Non lo so proprio..."



"Tante cose, Pk."
"Anche a te, Esteban. Grazie dell'aiuto. E buona fortuna con Vladimir." disse Paperinik, salutando l'amico mentre usciva dal tombino. Lyla, Odin, Geena, Tyrrel e i due Robby lo aspettavano fuori.
"Speriamo." concluse Esteban. "Buon Natale!"
"Altrettanto." Pk lo salutò con la mano, quindi si rivolse ai droidi. "E adesso voi quattro che farete?" domandò.
"Io e Geena cercheremo probabilmente di passare la frontiera. Paperopoli non è un posto sicuro per me, da quando la P.B.I mi cerca." disse Tyrrel stringendosi nelle spalle.
"Beh, buona fortuna, a questo punto ve la meritate proprio." concluse Pk. "E Tyrrel... scusa per aver dubitato di te. Ma ammetterai che alla luce dei fatti..."
"Oh, non me la sono presa per quisquilie del genere." disse Tyrrel, passando un braccio attorno alle spalle di Geena. "Buon Natale. E grazie di tutto."
Pk rimase a guardare i due droidi innamorati che si allontanavano. Era bello, pensò, che il Natale avesse portato così tanto amore nel mondo, quell'anno.
"Derane non ha neanche saputo che Due si era salvato in extremis." mormorò Odin, alle sue spalle.
"Puoi dirlo!" annuì Pk. "Malgrado tutto, mi dispiace che sia morta. Lei non era malvagia, era soltanto..."
"... sofferente." Odin, Pk e Lyla lo dissero nello stesso tempo. Paperinik sospirò, cacciandosi le mani in tasca, mentre un fiocco di neve cadeva dal cielo. "Sembra che quest'anno avremo un bianco Natale, uh?" mormorò alzando gli occhi al cielo. "Be', ragazzi, non so voi, ma questa avventura mi ha stancato non poco. Credo che me ne andrò alla Century a riposare un po', Lyo permettendo."
Odin trasalì.
"Pk, ascoltami, voglio dirti che mi dispiace non averti potuto dire subito che ero Uno. So quanto ti sono mancato e che da adesso probabilmente non avrai più fiducia in me, ma credimi, te l'avrei detto se avessi saputo che sarebbe servito a qualcosa." mormorò, avvilito.
Lo sguardo di Pk si fece improvvisamente deciso.
"Non voglio sentire scuse. Non voglio sentire niente." tagliò corto. "Il passato è passato, e tanto vale lasciarcelo alle spalle. Pensiamo al futuro, socio."
Odin sorrise debolmente, quindi guardò la sua adorata Lyla.
"Già... pensiamo al futuro. In futuro... saranno fiori d'arancio. Non credi, mia adorabile donzella?" disse. Lyla gli gettò le braccia al collo, ridendo, mentre la prima neve cominciava a cadere. Pk scosse la testa, con un sorriso a metà tra il sarcastico e il divertito. Poi si accorse che mancava qualcosa.
"Ehi! Dove sono finiti i Robby?" domandò sorpreso, guardandosi intorno. Odin e Lyla non risposero: si stavano scambiando un tenero bacio d'amore, e i due Robby ne avevano presumibilmente approfittato per tornare a The Duck's Machine. "Scusate tanto" disse Pk sarcastico rivolto ai due innamorati, tornando a passi strascicati verso la Pi-Kar, parcheggiata poco distante, accanto ai resti di quel che restava del Cassonetto Pendente di Pisa.
La spia lampeggiante sulla mappa della Pi-Kar non lasciava dubbi: i due Robby erano tornati a Featherland Street. Pk saltò in macchina, ripensando alle molteplici avventure vissute, e si godette il breve viaggio sotto la neve, su per i tetti di Paperopoli, fino al vecchio garage. Qui, mise piede a terra, lievemente. Malgrado The Duck's Machine fosse sempre più derelitto, il Natale sembrava renderlo in qualche modo... ospitale. Probabilmente era la neve. O forse era il suo cuore, riflettè Pk.
Per qualche minuto, il supereroe contemplò le macchine ammaccate, in silenzio. Poi disse, a voce così bassa che il soffiare del vento la sovrastava imperiosamente:
"Non so per quale ragione tu abbia voluto nascondermi la tua identità, Uno. Ma se questo è stato il tuo volere, non permetterò che sia qualcun altro a rivelarmelo. E' destino che sia così."
Tristemente, malinconicamente, si portò una mano alla tasca e ripescò le care, vecchie pillole Car-Can. Chiuse gli occhi, e ne ingurgitò una, deciso a rispettare fino all'ultimo la volontà di colui che era il suo migliore amico. Perchè amicizia significava anche fiducia. E fiducia significava saper sacrificare qualcosa, se necessario.
Il silenzio che seguì era carico di tensione. Ma era una tensione pacifica, angelica, che rilassava invece di preoccupare. Poi, una figura bianca, appena visibile con la neve che cadeva copiosa, si stagliò contro il cielo grigio. Robby V sollevò il muso, e lanciò un lungo ululato penetrante che risuonò per The Duck's Machine, in un'eco di tristezza e di speranza. Pk osservò perplesso la sagoma del cane lupo: in qualche modo, sembrava più cresciuto, più maturo che durante la loro avventura insieme. Cosa poteva essergli capitato?
"Era destino che non ci fosse un solo Robby, qui a Featherland Street." disse una voce raschiata alle sue spalle. Pk si volse, sobbalzando. Lyo, gli occhi lucidi di commozione, contemplava il cane ululante con un sorta di sorriso rassegnato dipinto sul becco.
"Lyo? Che significa...?" domandò Pk.
"Robby IV se ne è andato." rispose Lyo, imperscrutabile. "Era vecchio, e questa è stata la sua ultima missione. Oh, sì... una bella missione, come quelle che viveva con Astrongman. Non avrebbe potuto andarsene in modo più felice. Anche se era solo un cane."
"Che cos?!" ripetè Pk "Vuoi dire che Robby IV è morto?"
"Era vecchio, eroe. Molto vecchio. Era il suo momento, e almeno non se ne è andato sentendosi inutile. Quando ti ha obbedito, è stato perchè ha capito che il suo tempo si accorciava. Ti ha riconosciuto come il suo ultimo padrone." disse Lyo.
"Oh... accidenti, Lyo, mi dispiace..." disse Pk. "E adesso?"
"E' destino che ci sia sempre un Robby, a Featherland Street. Osserva, eroe" disse con un sorriso sibillino Lyo, indicando un'altra sagoma bianca, più grande, che si era avvicinata a Robby.
Una lupa bianca, appena più grande di lui, strofinò il muso contro quello del cane: quindi, insieme, corsero giù dalle macchine, ululando.
"Ti rendi conto, Pk?" domandò Lyo. "E' questa, solo questa la vera magia del Natale. L'amore che sconfigge tutto. Anche la morte."
"Belle parole." ammise Pk. "Ascolta, mi è appena venuta una grande idea. Che ne dici se adesso io e te ce ne torniamo alla Century e ci beviamo una bella cioccolata calda davanti a un filmone natalizio? Con questo freddo, è quello che ci vuole." aggiunse, rabbrividendo e spazzando via la neve dal cappello.
"Mi hai quasi letto nel pensiero, eroe" ghignò Lyo.
"Bene! Allora andiamo!" disse Pk tutto allegro, accompagnando l'anziano custode fuori dal cancello abbandonato. "A proposito, Lyo?"
"Sì?"
"Come facevi a sapere che Robby mi ha obbedito?"
"Io lo so, eroe. Lo so..."


"Che cosa?! Mortimer, stai scherzando?"
"No, non scherzo. Fitzroy ha presentato domanda scritta per il permesso di ferie prima di te, Paperino."
"Maledizione! Brutto verme!"
"Paperino!"
"Ops... scusa, capo... ma mi parlavi anche di una bella notizia..."
Mancavano appena cinque giorni a Natale. Il Duckmall, addobbato a festa, era pieno di clienti frettolosi che facevano gli ultimi acquisti. La neve cadeva ininterrotta: ma un Natale con la neve, pensò Paperino sorridendo, era davvero suggestivo. Sembravano tutti così cordiali, i paperopolesi. Così animati dallo spirito della bontà universale che, almeno per un giorno all'anno, aveva campo libero. L'intero centro commerciale sembrava una grande famiglia rumorosa e numerosa, tutti si salutavano con calore anche se non si conoscevano.
"Esatto, esatto... vedi, la bella notizia è che stamattina Fitzroy ha avuto un incidente."
"Ah, davvero?"
"Proprio così... stava uscendo di casa quando è scivolato sul ghiaccio del porticato, e..."
"Si è rotto una gamba?"
"Be', no, ma..."
"Mannaggia!" sussurrò Paperino. Quindi rivolse a Mortimer un sorriso candido "Dicevi?"
"Si è preso l'influenza, un caso grave! Il suo medico dice che non può nemmeno respirare, figuriamoci andare in vacanza. Quindi, il periodo di Natale lo passerà a casa sua, a curarsi..."
"Ah, davvero? Ma che bell... ehm! Che peccato! E io che c'entro?"
"Be', visto che hai chiesto il permesso subito dopo di lui, e lui non può andare in vacanza..."
"EVVAI! Grazie! Grazie! Grazie capo!" strillò Paperino, abbrancando Mortimer e trascinandolo in un balletto sulle note di "Let it snow".
"D'accordo! D'accordo! Ho capito che sei contento, ma..."
"Contento? Sono STRA-contento! Volo subito a dare la bella notizia ai miei nipoti! Ancora grazie, Mortimer!" disse Paperino, allontandosi di corsa.
"Buon Natale." gli urlò dietro Mortimer.
Paperino era così ansioso di tornare a casa a comunicare a Qui, Quo e Qua che adesso era ufficialmente in vacanza, che quasi andò a sbattere contro due persone.
"Ops! Scusi, sono imperdonabile! Non vi avevo visti!"
"Di niente, si figuri, e... PAPERINO!"
Paperino sollevò gli occhi e spalancò il becco per lo stupore. Di fronte a lui stavano Odin Eidolon e Lyla, a braccetto. Odin indossava un elegantissimo completo nero, mentre Lyla portava una giacca imbottita verde che le stava d'incanto.
"Adesso le ho viste tutte!" esclamò Paperino "Signor Eidolon, lei che cosa ci fa qui?! Credevo che fosse bloccato nel ventitreesimo secolo, a causa delle microcontrazioni!"
"Eh?" Odin parve sinceramente stupito. Anche Lyla spalancò gli occhi.
"Ma Paperino, cosa stai dicendo?" domandò la droide.
"Ci prendi in giro?" fece Odin.
"Chi, io?" ripetè Paperino confuso. "Ooops!" esclamò, quando qualcosa gli scivolò dalle tasche. Era una scatola. Le caramelle cancelline di Archimede. "No! Miseria, mi devono essere rimaste in tasca dopo la ronda di ieri sera.." esclamò, chinandosi a raccoglierle. Odin, però, lo precedette. E quando vide le Car-Can, parve ancora più stupito di prima. "Presto, signor Eidolon, me le dia, spero di non aver dimenticato altri oggeti di Paperinik" disse Paperino, frettoloso, guardandosi intorno per accertarsi che nessuno li avesse notati. "Signor Eidolon?" domandò, notando che Odin sorrideva.
"Vuoi dire che tu.. tu non ricordi niente di quello che è successo tre giorni fa?" domandò Odin.
"Tre giorni fa?" ripetè Paperino. "E' successo qualcosa tre giorni fa? Non mi sembra proprio."
Odin sorrise, con un sorriso aperto e sincero. Sì, Pk aveva trovato il modo di mantenere il suo segreto. Non gli aveva portato rancore
"Grazie, amico."
"Grazie? E di che, scusi?"
"Oh, niente." rispose Odin scuotendo la testa. "Vedi, Paperino, ci sono un po' di cose che devi sapere. Primo: mi trovo qui per un esperimento pattuito con il professor Demandos. E' un esperimento rischioso che nel mio caso ha funzionato: se a Febbraio riuscirò a tornare nel mio secolo, forse avremo un prototipo per sconfiggere la microcontrazione. Ovviamente il progetto deve essere molto migliorato e modificato, ma è comunque un passo avanti."
"Ah." disse Paperino, un po' confuso.
"E c'è un'altra cosa che devi sapere." aggiunse Odin, passando un braccio intorno alle spalle di Lyla. "Io e Lyla ci sposiamo."
Sembrò che a Paperino stessero per schizzare gli occhi fuori dalle orbite.
"Che COOOOSAAAAA???!" domandò. "Ma signor Eidolon, Lyla è..."
"Lyla è quel che sono io." rispose Odin, con semplicità. "Sì, Paperino. Anch'io sono un droide fuori-serie. Il loro creatore. Nonchè progenitore."
"Ci capisco sempre meno in questa storia." ammise Paperino.
"E ti dirò di più! Guarda là." disse Lyla, indicandogli una vetrina. Davanti, c'erano Geena - era proprio lei! Indossava abiti "normali", un tailleur e un soprabito scuro, e aveva i capelli blu, ma era lei - e Tyrrel Duckard, nascosto dietro a un parrucchino riccio e nero, lenti a contatto verdi, occhialoni, impermeabile, e il Papersera spalancato davanti alla faccia. Geena li notò per prima: diede al droide un colpetto sulla spalla, e entrambi si sbracciarono per salutarli.
"Adesso sì che non ci capisco niente!" gemette Paperino.
"Oh, è una storia lunga." disse Odin. "Ti va se te la raccontiamo seduti a un bar, davanti a un bel caffè caldo?"
"Uhm! Le storie lunghe sono le mie preferite!"
"Allora andiamo. Vieni, Lyla."
"Arrivo, mio caro."
"Ah, Paperino, mi dimenticavo di dirti..."
"Sì?"
"Buon Natale."


"Un po' più a sinistra, Matt!"
"Così va bene?"
"No Samuel, quella striscia va più inclinata verso destra! Bene così!"
"Sono pronti gli altri nuclei abitativi?"
"Sì, c'è Ryan che sta dirigendo le operazioni... ecco, bene la ghirlanda, Josh."
Esteban stava controllando l'aspetto del loro nucleo abitativo, addobbato per Natale. Il popolo dell'Undersito aveva dato il meglio di sè: grossi cartelloni con scritto BUON NATALE pendevano dai tubi del metanodotto e dell'acquedotto, mentre una serie di luci colorate musicali disegnava strane sagome multiformi sul pavimento e il soffitto. Al centro del nucleo erano state issate alcune scatole di legno, di quelle comunemente usate per la frutta e la verdura, a formare una tavola e un piccolo palco, su cui troneggiava un alberello addobbato a festa. Cominciavano già a contarsi le prime pietanze e i primi regali.
"Ehi, Sam! Come vanno le prove del coro?"
"Bene, Esteban! Stasera facciamo 'Silent Night' e 'Merry Christmas', se il soprano si decide a seguire il tempo."
Esteban annuì soddisfatto. In quel momento, si udì uno squittio strozzato.
"Ahia! Brutto topastro della malora! Guarda qua, mi ha morso il ditone!"
"Samuel! Come hai osato pestare la coda del mio Fogna!"
"Fratello degenere! Ormai il tuo topastro schifoso non si chiama più Fogna! Il suo nuovo nome è Pranzetto!"
"Come osi!"
"Finitela un po', là in fondo!" alzò la voce Esteban. Poi vide Karl venire verso di lui: era corrucciato. "Ehi Karl. Che succede?"
"Si tratta di Vladimir." disse Karl. "Se ne sta sempre sotto a quel tombino e non dice una parola. Non credo che verrà alla festa di Natale."
Esteban scosse la testa, amareggiato. Vladimir non era mai stato così solitario e triste.
"Vieni, andiamo a parlare con lui." decretò. "Ehi, Sam! Occupati tu dei preparativi! Io torno subito!"
"D'accordo!"
Insieme, silenziosi, Karl ed Esteban si avventurarono per un cunicolo secondario. Si sentivano in parte responsabili per quello che era successo a Vladimir: dopotutto, lui era uno del gruppo, e loro avrebbero dovuto fare il possibile per tirarlo su di morale. Come se fosse stato possibile.
"Vladimir?" domandò Esteban, quando si trovò in prossimità del giovane russo. Vladimir era inginocchiato per terra, lo sguardo fisso davanti a sè, le braccia incrociate sul petto, e un'espressione di profondo rammarico stampata sul viso.
"Cia'" borbottò.
"Ti stai ancora struggendo per quella ragazza, eh?" domandò Esteban, appoggiandosi al muro.
"Già." rispose Vladimir senza voltarsi.
"Ehi, amico! Non è il caso di abbattersi così!" disse Karl "Lei ha ritrovato suo padre, era felice..."
Vladimir alzò gli occhi al cielo.
"Certo. Come no." sbuffò.
"Vedrai, Vladimir, forse troverai un nuovo amore in futuro. La speranza è l'ultima a morire." suggerì Esteban.
"Figurarsi." bofonchiò Vladimir, seccato.
"Ci sarai, alla festa di Natale?" volle sapere Esteban.
"Non so. Forse no." replicò Vladimir.
Esteban sospirò: aveva capito che parlare con il disperato Vladimir non sarebbe servito a un granchè. Del resto, chi poteva sostituire un cuore spezzato?
"D'accordo." disse, scuotendo la testa. "Vieni, Karl, andiamocene."
I due si allontanarono di qualche passo, poi Esteban si volse.
"Ah, Vladimir?"
Vladimir attese, aspettandosi di sicuro un rimprovero per il suo comportamento così apatico e sofferente. E invece, all'unisono, Karl ed Esteban dissero:
"Non sei solo, amico."


EPILOGO: Diario personale di Odin Eidolon - File mnemonico 21058/7

Gli ultimi avvenimenti, e questa brutta avventura con Derane, non hanno mancato di lasciarmi perplesso e anche vagamente inquieto. Non sapevo che nel programma di Due fosse presente un antivirus, e ciò che mi dispiace è il fatto che Derane ne era a conoscenza. In ogni caso, non credo che sia possibile incolparla di tutto questo. Come il mio deplorevole gemello, anche lei ha sempre avuto poche occasioni di esistere: quindi presumo che il suo scatto di gelosia nei confronti miei e di Lyla possa essere perdonato. Come del resto le anomalie di comportamento di Due, il mio gemello.
Non ho rivelato al governo la vera storia di Derane/Tiffany: è bene che Gorthan le dia sepoltura nel modo che ritiene più giusto. Per quanto mi riguarda, spero sinceramente che i suoi simili non lo rintraccino mai. Sarà pure un nemico, ma istruito e affascinante. Un nemico onorevole, insomma. So che può fidarsi di Neopard: da quanto me ne disse tempo fa Paperinik, quel tizio è sì attaccato al denaro, ma sono convinto che non tradirebbe mai Gorthan, nemmeno sotto coolflamizzazione. Spero che possa trovare un buon mercato di Mark12, visto che ne era un po' carente, e scommetto che Gorthan accetterà di potenziarglieli per bene.
Sono passati più di due mesi da quando tutto ciò è accaduto, e sono stati due mesi ricchi di avvenimenti curiosi o almeno allegri. Innanzitutto, Lyla e io ci siamo sposati, ed è stato davvero un bel matrimonio, proprio come ho sempre sognato. C'erano pochi amici... soltanto Paperino, i suoi parenti, e qualche collega di Lyla. Non c'era Angus Fangus, però: è stato richiamato in Nuova Zelanda da sua madre per le vacanze. Tra l'altro, la cosa ancora più carina è stata che io e Lyla ci siamo sposati lo stesso giorno di Geena e Tyrrel. Il vestito da sposa di Lyla era sui toni dell'azzurro, quello di Geena, invece, era giallo, mentre sia io che Tyrrel eravamo in smoking. Dopo aver deciso di non voler affatto passare la frontiera, Tyrrel si è scelto un nuovo nome, si fa chiamare Richard Duckling e si è fatto crescere la barba: al matrimonio, era irriconoscibile. Geena è riuscita a spacciarsi per un'immigrata e adesso ha la sua carta di identità paperopolese, in cui viene chiamata Geena Paperson. In ogni caso, è stato davvero un bel matrimonio: io stesso ho rischiato, per un sovraccarico, di commuovermi e mettermi a piangere. Però sono riuscito a invertire l'ordine dei files, ottenendo l'effetto opposto, ovvero ridere a crepapelle. Ciò che non capisco è perchè non l'abbia fatto anche la fidanzata di Paperino, che invece piangeva come una fontana. Paperino ha detto che è normale che certa gente pianga ai matrimoni. Eppure, continuo a non capire cosa ci sia di così triste: a me sembrano celebrazioni molto allegre. In parole povere, mi domando se riuscirò mai a capire come ragionano i biologici. L'unica cosa che mi dispiace è stata non sapere com'era la torta nuziale, dato che noi droidi non abbiamo bisogno di mangiare. Paperino, però, mi ha assicurato che era squisita, o almeno così mi pare, non è facile capire un biologico, se sta parlando con la bocca piena. Poi siamo partiti per la luna di miele ai Caraibi, io e Lyla. Non so dove si siano stabiliti Geena e Tyrrel, pardon, Richard Duckling: spero comunque che non continuino a viaggiare su e giù per Paperopoli sulla loro casa mobile.
Un'altra notizia positiva è venuta da Paperino: il suo antipatico e indisponente collega Fitzroy, infatti, proprio mentre andava a comprare le aspirine è scivolato di nuovo sul ghiaccio e si è rotto una gamba. Di conseguenza, adesso è in ospedale e ha finito di fare tanto il signor Io-non-cado-e-voi-non-state-in-piedi. Tra l'altro ha un vicino di corsia decisamente insopportabile che non fa che mostrargli le foto delle sue vacanze a Maiorca, e dei suoi parenti del Calisota. Insomma, chi la fa, l'aspetti.
C'è una nuova generazione di Robby a Featherland Street: Pk ne ha contati cinque, e per motivi di praticità hanno tutti un nome diverso. La madre è una lupa che girava dalle parti della periferia: dunque, la linea di sangue cane-lupo continuerà nelle dinastie a venire. Del resto, Pk, insieme al suo amico Lyo, si recano spesso dai cucciol, per portare il cibo e giocare con loro. Proprio come faceva Astrongman.
Vladimir, il giovane paperopolese, non sembra essersi ripreso bene dalla perdita di Derane. Del resto, per quel poco tempo che si sono conosciuti, è indubbio che tra i due sia nato un legame molto speciale. Secondo Esteban, Vladimir non ha più parlato in russo dal giorno del suo arrivo, mentre a lei ha detto Ya liubliu vas, che significa Ti amo. Comunque, confido che l'amicizia, la comprensione e l'affetto dei suoi compagni possano aiutare Vladimir a sopportare il suo dolore. Del resto, adesso, l'intera comunità si sta muovendo per aiutare il compagno afflitto.
Il rientro è avvenuto perfettamente. Gli studi di Demandos si sono rivelati sorprendentemente azzeccati, tanto da stupire persino me. Alonzo si è fatto un nome, con quest'esperimento, ed è stato nominato rettore scientifico dell'Università. Ho idea che il signor O'Dell non ne sia troppo contento, specie quando ha trovato nella sua scrivania il disegno di un papero rachitico e zombiesco chiamato "O'Dell O'Scem". Ma dubito che sia stato Alonzo: del resto, dal ghigno sui loro volti, molti giovani scienziati sembrano imputabili del misfatto. Attualmente, Alonzo si sta dimostrando un prezioso aiuto: ha movimentato gruppi e gruppi di tecnici e scienziati a perfezionare il progetto, e non è escluso che ci riescano.
Non sappiamo ancora chi abbia causato la microcontrazione, e questo non gioca a nostro favore. Ma se gli studi di Alonzo apriranno la porta a nuovi orizzonti, in un futuro nemmeno troppo remoto, anzi ottimisticamente piuttosto prossimo, potrò tornare dalla mia adorata consorte Lyla. E forse, potrò rivedere il mio caro alleato, tornato alla sua vita normale. Penso che non dimenticherò mai Pikappa e quel che è stato per me. Lyla, poi, è sempre nel mio cuore, mi manca tantissimo. E io, spero sempre che un giorno riusciremo a fronteggiare anche questa emergenza, e a tornare insieme, come quando ci siamo sposati. Lo so, ne sono sicuro. Tornerò, Lyla, amore mio. Aspettami.
Sempre tuo
Odin



THE END

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